“Gemine Muse” è approdata all'Antico Palazzo di Città di Cagliari. La mostra, promossa dal Gai (Giovani artisti italiani) col ministero della Gioventù, l'Anci e l'assessorato comunale alla Cultura e il contributo della Fondazione Bartoli-Felter, sarà visitabile fino al 18 luglio. Per fornire un po' di numeri: sono ventidue le città impegnate in contemporanea in tutta Italia, dieci gli artisti protagonisti dell'esposizione cagliaritana, ai quali si devono aggiungere i tre del gruppo torinese ospite, The Bounty Killart.
La manifestazione ha un duplice obiettivo: promuovere l'operato dei giovani artisti attraverso un contatto diretto con la storia e l'arte del passato, valorizzare il patrimonio culturale e artistico del nostro Paese. Sarà l'occasione per scoprire o rivedere, magari da un'ottica differente, le opere delle collezioni civiche esposte da poco più di un anno, in questa che fu la sede della municipalità fino ai primi del Novecento, quando venne inaugurato il nuovo Palazzo in via Roma. Ora tra le ceramiche e l'arte sacra del Fondo Ingrao, fra i gioielli e i preziosi tessuti del Fondo etnografico, a diretto contatto con i segni che le stratificazioni storiche hanno prodotto in questo che fu il centro della vita politica e religiosa della città (il Palazzo sorge accanto alla Cattedrale), si collocano, perfettamente a proprio agio, i lavori dei giovani artisti ispirati dai colori e dalle fogge dei manufatti, dallo stile e dalla religiosità dell'arte sacra. Spiega Anna Maria Montaldo, direttore dei Musei civici di Cagliari: «L'intrusione dei giovani artisti se da una parte fornisce un percorso di visita alternativo, dall'altra invita il visitatore alla riflessione e ad osservare le collezioni permanenti con maggiore attenzione».
Il percorso della mostra parte dal sottopiano del Palazzo. Dall'archeologia urbana che ha riportato alla luce numerose cisterne antiche alla “archeologia del quotidiano” di Matteo Ambu che, affastellando nel suo assemblaggio una miriade di oggetti di uso comune, in scala rigorosamente cronologica, dalle latte tardo ottocentesche alle tastiere dei moderni pc, instaura il suo personale dialogo con la storia.
Dieci le tempere presentate da Alessandro Pireddu, in realtà una variazione cromatica sullo stesso tema, degli acuminati sgabelli che, indubbiamente ispirati ai plastici riproducenti le antiche fortificazioni della città, rimandano pure a certe torture da Santa Inquisizione. Spicca nel percorso l'opera di Antonella Muresu, una stanza interamente realizzata con piccole pezze di stoffa multicolore, da ricollegare ai preziosi tessuti della collezione Manconi Passino, acquisita dal Comune di Cagliari nel 1939. La porta socchiusa invita il visitatore ad entrare e a toccare, a sorbire la morbidezza e la cedevolezza del mobilio: un tavolo, una sedia ed una pianta.
Giganteggiano tra i gioielli in filigrana i bottoni di Alessio Carrucciu che con sottile ironia intitola la sua opera “Gulliver”, mentre le teste delle bambole antiche vengono chiuse da Francesca Capra «entro cubi sovrapposti che sembrano teche», spiega Alessandra Menesini, curatrice della mostra, «con una chiara allusione al concetto di museo come luogo di conservazione». E mentre gli specchi di Cristina Meloni determinano nel visitatore un processo di immedesimazione, almeno apparente, all'Arte sacra del Fondo Ingrao si sono ispirati Roberto Serra con la triade delle divinità Ganescha, Buddha e Anubi riprese in atteggiamenti insoliti; il dittico di Nicola Caredda che dipinge un alano trafitto dalle frecce, omaggio all'iconografia di San Sebastiano; l'installazione di Paolo Carta, che in un totale coinvolgimento visivo, uditivo e olfattivo, cattura l'attenzione del visitatore sui simboli delle principali religioni; la croce bianco-nera cucita da Dario Costa con la pelle di venti palloni da calcio, richiamo ai campetti degli oratori che hanno permesso la catechizzazione di intere generazioni; infine il lavoro degli ospiti torinesi, The Bounty Killart, un'opera surreale in cui il carro allegorico avanza guidato da un auriga la cui testa è quella di un uccello imbalsamato.
MARZIA MARINO
17/05/2010