la mostra Fino al 23 al Lazzaretto
Luce contro ombra, rosso contro nero, sono la sintesi della lotta tra l'uomo e il toro. Un tema eterno quanto le narrazioni mitologiche, al centro della leggenda e della poesia i n Sardegna come in Grecia. Ma nelle tarsie di colore puro e piatto, che riempiono, chiassose, le tele di Giò Tanchis, moderne tauromachie, non c'è spazio per l'uomo. Il toro, nero nella carne e nella potenza del furore animale, domina la scena. Il rosso è il colore della muleta e del sangue. Cromie dense e materiche che pulsano passione, urlano ira e disperazione.
“Spirito indomito”, questo è il titolo dell'ultima mostra di Giò Tanchis. L'esposizione, organizzata con il patrocinio dell'assessorato alla Cultura del comune di Cagliari, visitabile fino a domenica 23 maggio al centro comunale d'arte e cultura il Lazzaretto, propone al pubblico una quarantina di opere, realizzate dall'artista negli ultimi due anni.
Giò Tanchis, pseudonimo di Walter Marchionni (Giovanni è il suo secondo nome, Tanchis è il cognome della madre Maria), è nato nel 1963 a Villacidro dove ancora oggi vive e lavora. È un figlio d'arte. Suo padre Dino Marchionni (1932-94), noto incisore e acquerellista urbinate, giunse in Sardegna nel 1954 e vi rimase tutta la vita, dedicandosi alla famiglia, all'arte e all'insegnamento. È forse per questo che Giò Tanchis si è accostato timidamente e in punta di piedi al mondo dell'arte, prima come curatore e organizzatore di mostre (attività che lo porta ad aprire una galleria nel suo paese, Villacidro), poi l'esordio come pittore nel 2005. Distante dal temperamento del padre, abbandona ben presto l'acquarello, le chine, i pastelli e sviluppa una personalissima passione per il colore. Colori acrilici, smalti, vernici, paste, mischiati alla sabbia da un gesto istintivo, generano composizioni casuali in cui a dominare sono le diagonali ardite e vertiginose che suggeriscono la furia dinamica dell'animale, al limite dell'astrazione, la rabbia, l'insofferenza, il desiderio di ribellione propri dell'artista. Come il toro è simbolo della forza, dell'energia e della potenza, così il cavallo, l'altro grande protagonista delle tele di Tanchis e delle corride, è bellezza, libertà e dinamismo. Il profilo del suo corpo, elegante e scattante, si staglia sullo sfondo come disegnato da una matita grassa, sul rosso, sul giallo, sul bianco assoluto, di titanio, di piombo. Contrasti netti e decisi che sembrano richiamare particolari effetti grafici e che devono essere letti come un'inevitabile contaminazione dell'arte del padre.
E se è vero che chi si cimenta con il tema della tauromachia non può prescindere da un riferimento all'opera di Francisco Goya, il vitalismo dei dipinti di Tanchis, che individua in Salvatore Fiume e Aligi Sassu due possibili modelli per la sua arte, si è nutrito dell'esperienza delle avanguardie storiche, del cromatismo espressivo dei Fauves, della sintesi cubista e dello slancio dinamico futurista. Così, nella giustapposizione dei colori accesi e decisi e nell'ancestralità delle forme ha restituito allo spettacolo della corrida la sacralità del rito antico.
MARZIA MARINO
15/05/2010