Il litorale. Per evitare il sequestro penale i titolari dei baretti devono smontare le strutture a fine stagione
Pront i iprogetti di15 esercenti: manufatti in legno di colori diversi come vuole il Comune
Elena Laudante elena.laudante@epolis.sm
Addio ai pranzi sotto il timido sole di febbraio o i primi raggi più decisi di marzo. Per godersi le giornate seduti ai chioschi del Poetto sarà obbligatorio concentrare le visite nel periodo aprile-ottobre, la “stagione” balneare insomma, che in Sardegna è ovviamente prolungata rispetto al resto d'Italia. E in inverno, niente chioschi. Neanche un baretto, a meno che non voglia essere abusivo e finire sotto sequestro penale, visto l'incombere dell'inchiesta del pm Gaetano Porcu. Dei 20 esercizi lungo la spiaggia quasi nessuno può dirsi esente dall'obbligo di demolire e ricostruire tutto da capo: dal bar ai bagni, dalla pedana d'accesso alla zona “ombreggiata” dove vengono sistemati i tavolini. Regole urbanistiche o estetiche a parte, il punto dolente è che per rispettare le attuali normative, cioè il Piano Urbanistico Comunale, le strutture dei chioschi devono essere «leggere, amovibili, temporanee», cioè da montare all'inizio della bella stagione e riporre in magazzino il 31 ottobre. Di ogni anno. Una bella fatica per i proprietari che per questo far west urbanistico devono ringraziare Comune e Regione per non aver ancora approvato il Pul (Piano urbanistico del Litorale, una specializzazione del Puc per quella zona). «Dal 1985, un anno prima dell'abbattimento dei casotti, abbiamo fatto tutto da soli», ricorda il presidente del Consorzio che raggruppa 18 chioschi, Sergio Mascia. «E ora non riescono nemmeno a fare il Pul». La questione è controversa, soprattutto perché l'inter per l'approvazione di quello strumento urbanistico è complesso, reso ancor più ostico dagli opposti interessi politici in gioco. «La realizzazione del Pul dipende soltanto dall'impegno di Comune, Regione e privati», per dirla con Paolo Zoccheddu, ingegnere fresco di nomina al servizio Edilizia privata del Comune. Il suo ufficio dovrà passare ai raggi X i progetti che 15 operatori stanno per depositare allo Sportello unico dell'assessorato alle Attività produttive, competente per il rilascio delle autorizzazioni commerciali. Tutti e 15 hanno rispettato le linee guida dettate dal Comune, dopo l'ultima conferenza di servizi. Struttura identica: rigorosamente in legno, con tetto piatto e pedana sopraelevata di circa 60 centimetri dalla sabbia, per rispettare le norme igieniche e prevenire le mareggiate. Per distinguersi, i baretti a norma di legge potranno decidere solo il colore, da scegliere però in una scala cromatica ben precisa. Agli esercenti resta la facoltà di sbizzarrirsi nelle rifiniture, ma tutti dovranno avere - tra la strada e il bar - una sorta di separè fatto con assi in legno verticali, alto circa 2 metri e mezzo, in mezzo alle quali ognuno avrà l'insegna, che dunque non sarà più sul tetto. Una sorta di ritorno ai casotti, ma in versione moderna. La giusta soluzione? «Beh non proprio, nel senso che aspettiamo che il Comune approvi il Pul, in modo da poter attrezzare i bar in pianta stabile». Ma a quel punto, dovranno essere applicate le norme comunitarie che impongono la selezione dei concessionari con bando di gara. Quindi, chi adesso sta per spendere circa 150mila euro per rinnovare e “sanare” il proprio chiosco, corre il rischio poi di finire escluso dalla gara. Sempre che non si trovi una soluzione “all'italiana”.
Stesse dimensioni per tutti con il bancone verso la Sella
Il nuovo look
Per ogni chiosco la superfice media autorizzata per l'occupazione del suolo demaniale sarà di 332 metri quadrati. Di questi, circa 50 saranno destinati al bar (12 metri quadri solo per le toilette dei clienti e del personale) e altri 100 da destinare all'area tavoli al coperto, sotto la tettoia, anche questa amovibile. I bar saranno tutti rivolti verso la Sella del Diavolo, tranne nel caso dell'Otium, alla prima fermata, che per questioni di spazio si deve rivolgere verso il lato opposto. Tutta la zona del bancone e dei tavolini per i pasti sarà su una pedana alta poco più di mezzo metro. Dal punto di vista delle autorizzazioni, a differenza del passato questa volta la Soprintendenza ai Beni paesaggistici e l'Ufficio tutela del Paesaggio dovranno dare pareri vincolanti, perché l'arenile del Poetto è classificato come Zona H, di tutela assoluta
L'opinione
«Un patrimonio da salvaguardare»
Il legale Matteo Pinna
«L'accordo raggiunto è un’ipotesi intorno alla quale i protagonisti di questa vicenda – dalle autorità ai titolari, danneggiati da questa impasse – mostrano di possedere il buon senso per contemperare tutte le esigenze: salvaguardare un patrimonio, rinnovare le strutture ed evitare l’interruzione di servizi che hanno un rilevante interesse pubblico».