VENERDÌ, 14 MAGGIO 2010
Pagina 1 - Cagliari
Dai balconi di piazza Maxia e di Castello la protesta contro i cantieri
«NO AL DEGRADO» Sempre più spesso i cittadini contestano
l’amministrazione per le scelte sbagliate
ROBERTO PARACCHINI
CAGLIARI. Loro vanno subito al problema e dicono che è una «porcata», la «piazza degli orrori», «il muro del pianto... nostro». E «loro» sono un nutrito gruppo di abitanti che vivono vicino a piazza Maxia, che tanti nuovi appellativi ha conquistato in quest’ultimo periodo.
Il «merito» di questa esplosione di scritte sui lenzuoli appesi alle finestre è dei lavori iniziati nel novembre del 2009 per la trasformazione di quella che Paola Porrà definisce la «piazza dei soldi rubati», come recita il telo appoggiato al davanzale della sua casa. «Quello spiazzo - spiega - è stato stravolto e distrutto. E non solo perchè non ho mai visto una piazza costruita sotto terra. Ma anche perchè ha modificato la caratteristica della zona, che era quella delle jacarande, che da cinquanta sono state ridotte a dodici e che arrivano sino a piazza Repubblica. Eppure permettevano a molti anziani, soprattutto d’estate, di riposarsi all’ombra». In questa «piazza degli orrori», come l’ha ribattezzata Anna Maria Marcias nel lenzolo che pende dalla terrazza della sua abitazione, «hanno eliminato tutti i servizi utili al quartiere. Sono stati ridotti i parcheggi e anche le strade. E il traffico, per i pedoni, è diventato molto più pericoloso. Hanno fatto un qualcosa di vivibile solo per pochi».
A suo tempo in Sardegna la protesta tramite i lenzuoli era stata utilizzata per sollecitare la liberazione di Faruk Kassam, il bimbo rapito una ventina d’anni fa. Poi sono diventati simbolo di testimonianza contro la mafia. Altre volte, non più bianchi, sono stati usati per sollecitare la pace.
Ora stanno diventando un segno allargato di protesta. In Castello, ad esempio, dei teli-manifesto con su scritto «contro il degrado» si trovano appesi ai poggioli di piazzetta Carlo Alberto, via La Marmora, via Cannelles e piazza Indipendenza. «Per noi abitanti - sottolinea Giorgio Pulillo, nel cui balcone c’è «contro il degrado» - vi sono due ordini di problemi: la mancanza di iniziative del Comune per ridare i servizi al quartiere (manca anche l’ufficio postale) e l’assenza di vigilanza (non c’è più nemmeno la stazione dei vigili urbani) e controlli per la sicurezza». Per Mercedes Mariotti, anche lei col manifesto nel suo poggiolo, «il problema centrale riguarda invece lo spopolamento del rione Castello. L’amministrazione municipale dovrebbe incentivare il recupero dei sottani e dei locali fatiscenti. Da noi circa il quaranta per cento dei locali e delle abitazioni non sono utilizzate». Ora in viale San Vincenzo, nella rotonda vicino al Brotzu e in quella presso San Michele, il comitato spontaneo per l’antico quartiere ha fatto affiggere tre grandi manifesti di tre metri per sei in cui si mostrano scarabocchi sul Bastione.
Tornando a piazza Maxia uno dei problemi centrali, come spiega Giuseppe Iacono, titolare del lenzuolo più eplicito «Che porcata», diventerà l’accessibilità: «Lo scavo che hanno fatto, nel punto più alto raggiunge sei metri e mezzo e tre metri nel più basso. E la piazza incavata è raggiungibie solo tramite tre rampe di scale: da 22 gradini a 7-8. Poi hanno ridotto di un quinto il numero della jacarande, sostituendole con degli aranci e dei pruni. Poi resta il mistero delle panchine...». Nella zona l’amarezza rinomina «Piazza porcata» il luogo di un tempo come si legge nell’appartamento di Maria Assunta Melis: «Io sono senza parole - afferma - ora abbiamo una fossa cementizia, una sorta di cimitero. E dire che inizialmente ci avevano detto di stare tranquilli: che si trattava di uno scavo per mettere in sicurezza l’area... Invece hanno proseguito: in estate quello spazio si trasformerà in un forno».