Celebrazioni del centenario, Teatro Lirico e Conservatorio presentano domani il libro di Myriam Quaquero
Domani alle 19, nel foyer del Lirico di Cagliari, il musicologo Angelo Foletto presenterà il libro “Ennio Porrino” di Myriam Quaquero per il X Festival di Sant'Efisio. La serata rientra nelle manifestazioni organizzate dal teatro con il Conservatorio “G. Pierluigi da Palestrina” per il centenario della nascita e del cinquantesimo della scomparsa del compositore. L'ingresso è libero. Pubblichiamo un estratto del libro.
Quello della tanto esaltata “sardità” di Ennio Porrino è un concetto autentico solo in parte. Nato a Cagliari nel 1910, il musicista è andato via dalla Sardegna molto presto e per lunghi anni il suo legame con l'isola si è concretizzato quasi esclusivamente nel rapporto con la madre, Dolores Onnis. Giovanissimo, assiste a Pisa alle conferenze sul folklore di Gavino Gabriel e apprezza i lavori dell'etnomusicologo Giulio Fara, come la raccolta dei Canti di Sardegna (1923), da cui attinge a più riprese. Non casualmente, quindi, a decretare i primi successi di Porrino sono due composizioni ispirate alla Sardegna, la lirica Traccas (1931) e il poema sinfonico Sardegna (1933), subito destinato a un vivissimo successo, presto replicato ovunque. Dai primi anni Trenta in poi, dunque, anche con la complicità della critica, il posto occupato da Porrino nella musica italiana sarà indelebilmente segnato dalla “sardità , nonostante il compositore abbia scritto molti lavori di carattere del tutto estraneo alle tematiche folkloriche isolane. Non si vuol ovviamente sostenere che Porrino sia stato scontento di quest'investitura di musicista genuinamente “sardo”, anzi. Nei suoi trent'anni di carriera, le composizioni ispirate alla terra natia hanno punteggiato la sua esperienza compositiva: oltre che per Traccas e Sardegna , precedute dall' Attittidu (1928), Porrino si ispira al folklore sardo per le Tre canzoni italiane (1937), per l'opera I Shardana (la cui stesura risale agli anni Quaranta), per i Due motteti sardi (1950) e per le “tre danze primitive sarde” Nuraghi (1952). A queste composizioni, si aggiungono le musiche per film che hanno la Sardegna come tema fondamentale o come sfondo, quelle per i documentari di Fiorenzo Serra e quelle per Canne al vento , lo sceneggiato televisivo di Mario Landi imperniato sull'omonimo romanzo di Grazia Deledda (1958).
Tuttavia, alla luce di un esame non fazioso delle musiche di Porrino, risulta riduttivo circoscrivere l'attenzione verso questo musicista così creativo all'esclusiva esecuzione dei pochi lavori di ispirazione sarda per cui è stato - ed è tutt'oggi - più conosciuto, soprattutto se si considera l'ampia mole della sua produzione, che ha affrontato la lirica da camera, il brano strumentale per piccolo ensemble e per grande orchestra, l'oratorio, la sonata, l'opera, il concerto, il balletto, il pezzo corale, la musica per film. In questo senso, un caso eloquente è rappresentato dall'oratorio radiofonico E un uomo vinse lo spazio , commissionato nel 1938 dall'EIAR a Ettore Giannini per onorare la memoria di Guglielmo Marconi, che si configura come un lavoro di sperimentazione musicale molto avanzata. Quando Giannini e Porrino si accingono alla sua realizzazione, non esiste in Europa un repertorio del genere nel circuito radiofonico e i due autori devono stabilire inediti canoni tecnici, estetici ed espressivi, risolvendo da soli, col loro intuito e la loro fantasia, tutti i problemi che presenta l'intreccio della recitazione singola e collettiva con i piccoli gruppi strumentali, l'orchestra, i cori, i rumori e la presenza del microfono. Altri esempi convincenti sono individuabili nell'arco di tutta la produzione di Porrino e, in particolare, negli anni della maturità, quando il musicista compone il Concerto dell'Argentarola e Sonar per musici , due lavori in cui affronta anche tecniche di scrittura per lui inconsuete.
Il primo di questi due brani nasce nel 1953, mentre Porrino ha riconquistato la serenità grazie al successo riscosso e al definitivo ritorno al Conservatorio di Roma dopo anni di lontananza. In gioventù il compositore era stato molto colpito dalla figura di Andrés Segovia e alla rivalutazione della chitarra come strumento da concerto. Forse è stata proprio l'identità ibrida dello strumento a sei corde, sempre in bilico tra atmosfera colta e popolare, a spingere Porrino a scrivere il concerto per chitarra e orchestra L'Argentarola . Dal punto di vista formale si può subito osservare che la partitura è stata in gran parte definita dalle possibilità timbriche della chitarra, di cui Porrino - in stretto contatto con il chitarrista Mario Gangi nella fase di stesura della composizione - sfrutta diverse tecniche, dagli armonici alla “tambora”, dal “glissato” allo “stoppato”, dal “vibrato” e dal “rasgueado” al metallico. Nel tempo centrale del concerto compare anche una serie dodecafonica, con una funzione lirica ed espressiva, ma tutta giocata su un'esatta coscienza degli intervalli, impiegati con ricercata varietà. Nel terzo tempo, fortemente ritmico, Porrino consente alla chitarra e all'orchestra di sbizzarrirsi in una combinazione di generi musicali per lui insoliti, quali il rhythm and blues, il jazz e il country, con risultati molto gradevoli.
Una musica fuori dal comune, dunque, che si può affiancare all'altro concerto, Sonar per Musici , scritto da Porrino prima dell'improvvisa scomparsa nel 1959. Anche qui il compositore affronta un ambiente sonoro atonale dall'andamento mobilissimo, che alterna sezioni tranquille a momenti più “selvaggi” con una scrittura molto raffinata. La densità di Sonar per Musici ci riferisce di un musicista lontano anni luce dal descrittivismo folklorico di Sardegna, che ormai guarda “oltre”, con un senso dell'elaborazione novecentesco e una calligrafia contrappuntistica modernamente tersa e rigorosa. Una pagina in cui il clima espressivo scorre fluente da atmosfere notturne e indecifrabili ad aspri dinamismi e mostra la sapiente abilità di Porrino di misurarsi con le possibilità timbriche del clavicembalo e degli archi, alla ricerca di sofisticati impasti sonori. Con l'obiettivo di raggiungere una musica nuova, a tratti barbarica, senz'altro ipnotica e pulviscolare.
MYRIAM QUAQUERO
05/05/2010