Teatro. L'attore e regista al Ridotto del Massimo di Cagliari in un ruolo teneramente apocalittico
Nel 1973, prima di suicidarsi e creare un caso tra gli intellettuali di allora, Guido Morselli immaginò una bella storia. A pensarci fa eco alla golden age della fantascienza dei grandi autori americani. Un uomo decide la fine della sua esistenza alla vigilia del suo quarantesimo compleanno, ma la stessa notte scompare, inspiegabilmente, l'intera umanità. Il libro è “Dissipatio H.G.”, dove le lettere puntate stanno per humani generis. Insomma, dissoluzione del genere umano. Per portarla a teatro basta e avanza un solo interprete, alle prese con le ombre del passato che era il presente sino a qualche attimo prima. E sulla scena torna un altro Guido, l'attore e regista De Monticelli che lega ancora il suo nome al Teatro Stabile della Sardegna con l'omonima produzione “Dissipatio H. G.”, da stasera alle 21 (sino all'8 maggio) al Ridotto del Massimo di Cagliari.
In realtà lo spettacolo ha avuto un debutto milanese, al Teatro Parenti nel 2008. Ora, nella forma definitiva, è proposto al pubblico nelle scenografia di Barbara Petrecca e nelle musiche dal vivo di Carlo Galante per violino, violoncello e clarinetto. Se si chiede a De Monticelli come ha vissuto l'apocalisse inventata da Morselli, confessa che ha preparato il testo con «allegra incoscienza» e forse inaspettate virtù curative. «L'ho vissuta con le ansie del personaggio, scorrendo una tastiera di panico, incredulità e sollievo. Ho detestato Morselli per le difficoltà di riduzione dal romanzo. Ma è stato terapeutico, una vera esperienza di arricchimento», spiega l'ex allievo del Dams, che in questo testo feroce ha radunato tutte le “voci” di un bagaglio professionale notevole. «Nonostante l'autoferocia, Morselli sa riservare una tenerezza nel desiderio di voce umana e di mondo che si ripopola». Guardarsi attorno e non trovare più nessuno, dissolti tutti. Situazione da panico che De Monticelli ha toccato con mano durante la preparazione d'attore e la prova di memoria. Già, non è un recital, deve stare tutto in testa, compresa quella compagnia di personaggi che non ci sono ma sono evocati sotto i riflettori. E una sbirciatina al copione la si può dare per strada e dovunque, visto che l'artista se l'è stampato in dimensione tascabile.
«Prediligo la scena piena di attori al monologo. Il vantaggio è che ti permette di poter provare in ogni luogo, senza essere costretto a riunire gli altri interpreti», dice estraendo il copione dalla tasca della giacca. Impossibile, però, non domandarsi se il regista De Monticelli abbia frustato o meno l'attore De Monticelli. «Dopo il momento di allegra incoscienza ho avuto modo di pentirmi ampiamente. Ho provato sì in solitudine, ma ho avuto l'aiuto dell'amico Giorgio Bongiovanni, artista di grande esperienza che ha interpretato il ruolo di Pantalone nell'Arlecchino di Giorgio Strehler, e ho lasciato un po' a lui il compito». Nello spettacolo è significativo l'aspetto musicale, nella partitura originale firmata da Carlo Galante. L'ultima replica di sabato 8 maggio prevede l'esecuzione dal vivo di Attilio Motzo (violino), Giada Vettori (violoncello) e Simone Floris (clarinetto basso), per la tredicesima edizione della rassegna Forma e Poesia nel Jazz organizzata da Shannara e ospite del Massimo. «A volte bisogna affidarsi al caso, perché all'inizio non ero convinto di affidarmi a Galante. Invece è nata una buona collaborazione, fatta di confronto sul testo e indirizzamento a una struttura a episodi con tempi e suggestioni che portano a una corale di Bach». Dolcemente in sintonia con la materia morselliana, assicura De Monticelli.
MANUELA VACCA
04/05/2010