Lirico. Convince l'opera diretta da Letonja, fedele nel mettere in scena un Wagner potente e maestoso
Le note dei corni, dei fagotti, poi il tremolo dei violini, descrivono le onde in movimento e la tempesta che tormenta l' Olandese volante . Con l'ouverture l'orchestra del Teatro Lirico di Cagliari inonda la platea con la voluttà dei suoni ideata da Wagner, in quella che è una sorta di sintesi dell'opera. Un manifesto d'intenti che con la presentazione dei leitmotiv, segna il passaggio tra due modi di intendere l'opera lirica, punto nodale del teatro wagneriano.
L' Olandese volante è un'opera dai tanti aspetti simbolici, valorizzati dalla regia dell'italo-americana Francesca Zambello, ripresa, nella realizzazione andata in scena venerdi sera nella sala di Cagliari, da Stephen Taylor. Riuscendo nella bella impresa di dare movimento a un'opera statica come è nella tradizione scenica wagneriana. Per la città, da cui l'opera mancava dagli anni Sessanta, una riscoperta e una bella sorpresa. Anche perché musicalmente l' Olandese volante diretto da Marko Letonja ha un'accurata e attenta realizzazione.
Certo chi è convinto che a Wagner, come amava dire Verdi, manca la melodia, e che ogni sua opera si risolve in poco canto e tanta orchestra, è rimasto tiepido. Così come qualche scetticismo non è mancato tra chi ama i rigori wagneriani delle interpretazioni del festival di Bayreuth.
Ma, ai più, questo Olandese volante che mette insieme esperienze di diversi Paesi è piaciuto. A partire appunto dalla sinfonia iniziale che il direttore sloveno guida con mano sicura mettendo in evidenza la ricchezza del tessuto orchestrale.
Maledizione, fedeltà, redenzione: i temi cari alla poetica di Wagner sono il cardine su cui gira questa sorta di opera-ballata che narra dell'infelice uomo di mare che potrà salvarsi dalla dannazione eterna soltanto se incontrerà una donna fedele. Bello il gioco di luci e ombre che si stagliano dietro teli in movimento, in una realizzazione gestita con coerenza e fantasia che può contare anche su funambolici figuranti. E quando l'azione sembra fermarsi per far parlare i tormenti dell'anima, tutto è affidato alle evoluzioni delle voci dei solisti e del coro. E dell'orchestra impegnata in un'interpretazione di estrema complessità.
Nel dipanarsi dell'azione primeggiano la figura chiave di Daland, il capitano naufrago, l'Olandese che cerca la pace dalla dannazione eterna, e Senta che di lui si innamora.
Intorno, i personaggi di contorno tutti efficaci e ben torniti, a partire da Erik il vecchio pretendente di Senta.
Il ruolo di primadonna, che domina con la sua personalità il dramma è del soprano Adrienne Dugger: voce potente, capace di modulazioni repentine e ombreggiature, ricca di accenti intimi, capace di acuti potenti e sottigliezze liriche. Profondo e introspettivo nel lungo monologo di presentazione, l'Olandese di Giorgio Surian - alla prima esperienza da protagonista nel repertorio wagneriano - ha voce ricca di accenti scuri ed efficacemente modellata per il suo personaggio a cui non fa mancare aspetti toccanti. Così come buone sono le prestazioni di Gudjun Oskarsson e di Thomas Piffka, rispettivamente nei panni di Daland e di Erik.
GRECA PIRAS
19/04/2010