Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Lo stadio è sano: giù le mani»

Fonte: La Nuova Sardegna
16 aprile 2010

VENERDÌ, 16 APRILE 2010

Riva al dibattito organizzato da Sardegna Democratica

Qui sono venuti Maradona, Mennea, Arese nel nuovo campo potrà arrivare al massimo la Lituania

ALESSANDRA SALLEMI

CAGLIARI. L’anfiteatro coperto di legno, Tuvixeddu necropoli residenziale, il Poetto nero per sempre e adesso lo stadio che deve rinunciare a essere olimpico per diventare un bonsai da 23 mila posti dove ci saranno quasi più «appartamentini» e ristoranti che spalti per i tifosi: affollata assemblea ieri nel salone di Sardegna Democratica in via Maddalena per discutere del prossimo scippo privato ai danni della collettività. Parole forti, ieri, contro l’operazione condotta dal Comune a favore del Cagliari Calcio, apertamente accusato di non aver adempiuto agli obblighi della convenzione che imponeva alla società di occuparsi di manutenzioni ordinarie e straordinarie, quelle che avrebbero evitato la lenta rovina: perfetta giustificazione, oggi, per chiedere di buttare giù il vecchio Sant’Elia, dove sono passati Maradona, ma anche glorie di altre discipline come Arese e Mennea mentre con lo stadio nuovo tipo, lo staff della nazionale deciderebbe di portare squadre come la Lituania (al massimo). Sulle condizioni del Sant’Elia ieri Raffaele Bistrusso, consigliere comunale di maggioranza dissenziente, ha ricordato che è una sola la parte ostinata a chiedere la demolizione causa cattive condizioni, perché vari tecnici comunali, compreso l’assessore ai Lavori pubblici, nell’ottobre 2009 hanno firmato una perizia in cui si affermava che il Sant’Elia è solido. La ristrutturazione è necessaria: ma ieri negli interventi è saltato fuori che costerebbe meno rimettere a posto il vecchio stadio piuttosto che buttarlo giù (10 o 15 milioni di euro), ricostruirlo (30 milioni o 50) e poi manutenzionarlo per sempre causa la posizione su terreni di risulta esposti al vento marino e via elencando tutto quel che corrode anche il cemento armato. Francesco Lecis Cocco Ortu, Carlo Dore, Gigi Riva, Vincenzo Tiana, Fanni Cao, Raffaele Bistrussu coordinati da Maria Antonietta Mongiu ieri hanno portato argomenti, numeri e proposte per fermare un’operazione giudicata discutibile sotto tutti i profili possibili, uno prima di tutti, detto con le parole accorate di Gigi Riva: «Il Sant’Elia non nacque come campo di calcio per il Cagliari, che ancora non aveva vinto lo scudetto, fu un riconoscimento a tutta la Sardegna, costruito coi soldi dei sardi per essere stadio olimpico, tuttora è lo stadio più giovane della serie A. Ma oggi si decide di abbatterlo non per farci un ospedale o qualcosa di indispensabile per la popolazione, si abbatte per darlo a un privato che vuol realizzare una struttura da 23 mila posti cancellando così tutti i soldi spesi per farlo e per tenerlo». Anche i campionati europei di calcio ieri sembravano più un paravento che una necessità: finiranno in due partite, «e ce li devono ancora dare».

VENERDÌ, 16 APRILE 2010

ARGOMENTI

«Cellino? Vada altrove»

CAGLIARI. L’avvocato Carlo Dore (nella foto) ha sintetizzato la vicenda dello stadio in un foglio che il giornalista Giorgio Melis ha suggerito ieri di «volantinare» per la città. Francesco Lecis Cocco Ortu, ingegnere, ha segnalato che l’argomento stadio pone due problemi assieme: il destino di un’area strappata al mare e la necessità di uno stadio, non di un mero campo di calcio, per la città. Dore ha sottolineato: il Sant’Elia nacque per essere una grande struttura olimpica secondo il modello Coni. Nel 1990 fu completamente ristrutturato per i mondiali di calcio. Con l’era Cellino lo stadio è stato concesso in esclusiva a lui che non avrebbe rispettato il contratto, scaricando sul Comune spese che invece avrebbe dovuto sostenere la società. Ieri è stato ripetuto: Cellino ha il diritto di farsi uno stadio, ma da un’altra parte. (a. s.)