Poetto. I giudici amministrativi depositano una sentenza che potrebbe avere riflessi anche sugli altri chioschi
Accolto il ricorso dell'Emerson: rimangono le vetrate
Il Municipio avrebbe rifiutato di avviare le procedure per mettere in regola il chiosco indicando motivi generici.
Il Tar salva l'Emerson. E lancia un possibile salvagente anche agli altri baretti (su cui pende un'ordinanza di demolizione) che fino ad ora non sono stati in grado di mettersi in regola per i ritardi nell'approvazione del Piano di utilizzo del litorale. La svolta arriva con la sentenza depositata mercoledì, che accoglie il ricorso presentato dagli avvocati di Alessandro Murgia, padrone dello stabilimento, contro il diniego «dell'accertamento di conformità» di alcune strutture.
L'ISPEZIONE Quando gli ispettori del Comune, un anno fa - era l'aprile del 2009 - arrivarono sulla pedana bianca dell'Emerson, chiosco costruito sulla sabbia della quarta fermata al Poetto, trovò uno spogliatoio fuori posto e decine di vetrate (nel verbale si parla di 51 chiusure trasparenti) non previste nella concessione edilizia rilasciata nel 2006. Trenta giorni dopo il dirigente del servizio di Edilizia privata ordinò la demolizione delle strutture, per le quali Murgia chiese dopo pochi mesi l'accertamento di conformità. La domanda venne respinta l'11 dicembre, richiamando prima (nel documento di preavviso) le disposizioni del Pul e poi (nel provvedimento vero e proprio) del “Regolamento per l'installazione di manufatti amovibili sul lungomare”.
RICORSO RESPINTO Un dettaglio che contribuisce a far giudicare dai magistrati del Tar - relatore Antonio Plaisant, a latere Francesco Scano e Marco Lensi - insufficienti le ragioni del Comune. Il Municipio avrebbe rifiutato di avviare le procedure per mettere in regola il chiosco indicando motivi generici. Scrivono i giudici: «Il Comune - pur a fronte di un intervento che si compone di svariati manufatti, di diversa entità e tipologia (vetrate di diversa altezza e composizione, gazebo, locale spogliatoio) - si è limitato a rilevare, in modo assolutamente generico, il loro asserito contrasto con la normativa comunale, senza in alcun modo indicare quali siano le specifiche caratteristiche dei vari manufatti che ne impediscono la sanatoria e per quali motivi».
I MOTIVI La sentenza continua: «Quanto poi alle ragioni giuridiche, l'insufficienza del processo motivazionale è ancora più evidente, innanzitutto perché l'Amministrazione, come già osservato, si è limitata ad evidenziare il generico contrasto tra le opere realizzate e il Piano di utilizzazione dei litorali (come si legge nel preavviso di rigetto) e tra le stesse opere e il “Regolamento Comunale per l'installazione di manufatti amovibili nel litorale del Poetto” (come invece si afferma nel provvedimento finale), ma non ha indicato quali siano le specifiche disposizioni violate, del Piano o del Regolamento».
IL CHIOSCO L'Emerson è uno stabilimento di 5.250 metri quadri totali (428 coperti e 4822 di area scoperta) costruito a colpi di carte bollate e avvocati: «Sono l'unico ad aver ottenuto l'ok dall'ufficio tutela del paesaggio e della commissione edilizia. Il mio chiosco ha i pali piantati a mano sulla sabbia. In 30 giorni si smonta tutto, senza danni all'ambiente», ha più volte ribadito Alessandro Murgia. Ora i giudici gli hanno dato ragione per l'ennesima volta e la sentenza, che arriva dopo l'accoglimento della sospensiva per la demolizione del chiosco Oasi e delle Palmette, potrebbe aprire uno spiraglio anche per gli altri baretti.
MICHELE RUFFI
02/04/2010