Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Settis: «Tuvixeddu, sito minacciato Niente lucro sui beni dell’umanità»

Fonte: La Nuova Sardegna
29 marzo 2010

DOMENICA, 28 MARZO 2010

Pagina 1 - Cagliari

Il grande archeologo al convegno organizzato da Sardegna Democratica al Mediterraneo 






MAURO LISSIA

CAGLIARI. «C’è una sproporzione evidente tra l’importanza di Tuvixeddu e la violenza della minaccia che incombe sul sito archeologico»: stavolta la denuncia non arriva dai soliti ecologisti di pronto intervento ma da Salvatore Settis, direttore della scuola Normale di Pisa, archeologo e storico dell’arte di fama internazionale. Mezz’ora al microfono davanti al popolo soriano di Sardegna Democratica, riunito all’hotel Mediterraneo per elaborare quella che il grande antichista ha battezzato con efficacia «la strategia della bellezza». Tuvixeddu come area sepolcrale punico-romana da «portare a valore» in senso culturale e che invece il sindaco Emilio Floris, ha ricordato lo scrittore Giorgio Todde, vorrebbe comicamente «far rivivere» circondandola di edifici moderni. Soprattutto Tuvixeddu come paesaggio storico, l’idea fondante del Codice Urbani, intuizione incompresa del governo regionale guidato da Renato Soru: «Abbiamo cercato di lavorare per andare oltre il perimetro di una tomba - ha ricordato l’ex governatore - e conservare il paesaggio come rappresentazione di chi lo abita e l’ha abitato». Convinti, allora come adesso «che l’interesse pubblico prevalga sul privato e che - ha insistito l’ex assessore regionale all’urbanistica Gianvalerio Sanna - non si può fare lucro sui beni che appartengono all’umanità».
Per una volta, grazie al taglio imposto al dibattito dall’archeologa ed ex assessore all’istruzione Maria Antonietta Mongiu, il caso Tuvixeddu è uscito dal gelo obitoriale degli atti giudiziario-amministrativi per diventare il tema di una trattazione alta: «La Sardegna è un caso straordinario - ha suggerito Settis - in una situazione di degrado culturale ormai generale». Ma senza il rispetto rigoroso del piano paesaggistico l’isola è condannata a entrare nel giro delle regioni in cui «cresce più il tasso di consumo del suolo che il numero di abitanti». Un’Italia che si perde metro a metro malgrado la tutela del paesaggio sia parte della Costituzione e nonostante - ha ricordato Settis - intellettuali come Croce e Bottai abbiano operato in direzione della tutela. Ma se «il paesaggio - la definizione è del grande archeologo - è un malato grave» l’area di Tuvixeddu («metafora perfetta») può ancora trovare scampo, soprattutto se si analizza quanto è accaduto sul colle in base a dati reali: «Sono 431 le tombe sepolte sotto nuovi palazzi dall’impresa Cadeddu - ha quasi urlato Maria Paola Morittu di Italia Nostra, sventolando immagini inequivocabili e documenti che suonano come un’accusa alle sovrintendenze - che dopo essersi opposto al blocco del cantiere ha riscosso anche il premio di rinvenimento. E sono 565 mila i metri cubi di cemento che Nuova Iniziative Coimpresa vorrebbe riversare attorno all’area vincolata». Questo è il dato di partenza. Un quartiere con vista sull’aldilà, di cui già spuntano i grezzi di tre palazzi su via Is Maglias, col resto sospeso fra i pronunciamenti dei giudici amministrativi e la volontà finalmente espressa dal consiglio regionale di trovare una soluzione negoziata che fermi l’impresa per sempre. Qui sta il punto di snodo di una vicenda che va avanti da quindici anni, tra livori contrapposti e carte bollate, in un groviglio di interessi anche miseri che l’inchiesta giudiziaria del pm Daniele Caria ha portato alla luce nelle scorse settimane: «La nostra proposta è di acquisire anche quei palazzi in costruzione - ha spiegato Soru - per poi demolirli e fare di via Is Maglias la nostra Appia antica». Negoziare e demolire, forse c’è ancora tempo: «Adesso sono più sereno sul futuro di Tuvixeddu» ha tagliato corto Soru.
Mancati all’appello il destro-eretico Fabio Granata, vicepresidente della commissione cultura della Camera, e l’accademico dei Lincei Giovanni Lilliu, si sono alternati agli interventi l’archeologo Piero Bartoloni, il rettore dell’università sassarese Piero Mastino, la responsabile di Italia Nostra Fanny Cao, il presidente regionale di Legambiente Vincenzo Tiana e l’archeologa Simonetta Angiolillo. Opinioni scontate nella loro autorevolezza, scontate quanto inascoltate in anni in cui - tra il 1998 e il 2000 - la Regione, il comune di Cagliari guidato da Mariano Delogu e l’allora Coimpresa mettevano nero su bianco la cancellazione consapevole e sistematica della necropoli punica più importante del mondo. «E’ quasi impossibile vedere una tomba punica a Cartagine o a Cadice - ha raccontato Settis - perchè tutto è stato distrutto, mentre qui a Cagliari...». Mentre qui a Cagliari, se il consiglio regionale non passerà dalle parole ai fatti, presto sarà lo stesso.