«Possono rubarci anche l'ostensorio, ma non la fede». Dal pulpito della cattedrale l'arcivescovo Giovanni Canestri lanciò i suoi strali contro gli autori dell'ennesimo furto al museo della cattedrale. Erano i primi di giugno dell'85 e qualcuno, dopo aver disattivato il sistema d'allarme, aveva rubato il preziosissimo oggetto liturgico d'oro tempestato di diamanti, oltre a un boccale della scuola del Cellini. Valore nell'ordine dei miliardi di lire, certificarono gli esperti.
Un lavoro da professionisti, secondo gli inquirenti, probabilmente fatto su commissione. E forse con qualche complicità all'interno della parrocchia. Anche perché fu certo il più clamoroso, ma solo l'ultimo di una serie di furti ai danni del prezioso tesoro della cattedrale. Una successione di sparizioni al limite del saccheggio sulla quale indagò il parroco, Don Tonio Pittau, morto - ufficialmente per incidente stradale - il 22 dicembre del 1988. Due inchieste hanno tentato di mettere in relazione quei furti (ma non solo) alla sua scomparsa, senza mai riuscire a dimostrarlo. Di sicuro la scomparsa dell'ostensorio rappresentò una svolta. La Curia assunse maggiore consapevolezza del valore dei tesori custoditi nelle chiese, ma anche Comune e Regione iniziarono a proteggere meglio i propri beni, spesso frutto di donazioni.
Solo in anni più recenti, tuttavia, il Comune ha effettuato un inventario rigoroso dei suoi tesori e ne ha custodito una parte consistente in un caveau protetto da sofisticati sistemi di sicurezza. Il deposito blindato si trova sotto la scalinata dell'Exmà di via San Lucifero. All'interno, tra gli altri, ci sono la parte sacra della collezione Ingrao, mai esposta, e pezzi importanti della collezione di stampe donata da Nicola Valle.
L'inventario, su disposizione dell'assessore alla cultura Giorgio Pellegrini, storico dell'arte contemporanea, viene aggiornato tutti gli anni e da quando è stato fatto non risultano né sparizioni né inventari. Non è stato catalogato, invece, tutto ciò che è esposto nelle pareti degli uffici e nelle stanze di Palazzo Bacaredda, tra cui acquerelli di Melis Marini e di Foiso Fois, sarebbe opportuno classificarle.
Pellegrini ci ha pensato in questi giorni dopo aver appreso che un quadro di Sebastiano Satta trafugato da una sala di rappresentanza del Comune di Nuoro nove mesi fa sarebbe quello sequestrato nell'abitazione dell'ex sindaco del capoluogo Martino Corda, che ora è accusato del reato di ricettazione. Ed ha deciso: «Confermo piena fiducia nei dipendenti, ma siccome ci sono quadri e oggetti splendidi in varie stanze di dirigenti e assessori, chiederò ad Anna Maria Montaldo, direttrice della Galleria Comunale d'Arte, di estendere l'inventario generale alle opere di prima grandezza che sono negli uffici».
Lucia Siddi, funzionario della Soprintendenza al patrimonio storico artistico ed etnoantropologico, non ricorda furti significativi in città, se non quelli della cattedrale. Alcune sparizioni sì, peraltro non denunciate. Che dimostrano quanto sul piano della sicurezza delle chiese ci sia ancora da fare. «Quando aprimmo il cantiere della chiesa di Santa Croce ci accorgemmo che tra la sagrestia e gli appartamenti del rettore mancavano alcuni dipinti di Francesco Massa, un pittore sardo del tardo 600: una Madonna delle rose e un Gesù bambino. Non li abbiamo mai trovati». Valevano tremila euro.
FABIO MANCA
21/06/2008