Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Non firmeremo un accordo-bis»

Fonte: L'Unione Sarda
10 marzo 2010

Tuvixeddu. Il parere della famiglia Sotgiu, proprietaria di parte dei terreni del colle. Messa in mora Coimpresa

«Prima di modificare l'intesa dovranno pagarci i danni»

La famiglia ha diritto al comparto “C2 A” del progetto complessivo ed è proprietaria di un dodicesimo dei terreni interessati. Abbastanza per dire no a una modifica della convenzione.
Per descrivere quello che sta accadendo a Tuvixeddu e dintorni, usa un'immagine decisamente efficace: «È come se il colle avesse una palla al piede che più si va avanti e più diventa grande. Questa palla sono i danni che prima o poi qualcuno dovrà risarcire».
Antonio Dettori ha 31 anni e racconta di «essere nato e cresciuto» insieme all'eterna discussione sul destino della necropoli e dei terreni che la circondano. È figlio di Piera Sotgiu, che insieme alla sorella e ad altri (Coimpresa, Elistrutture e Anna Maria Mulas) ha messo la propria firma sotto l'accordo di programma del 2000. Un contratto che da una parte cancellava una causa miliardaria partita negli anni Ottanta per l'esproprio illegittimo delle aree di via Castelli (il Comune venne condannato a pagare 40 milioni di euro di penale), dall'altra dava un futuro alla collina che domina il versante di Ponente della città.
UN DODICESIMO DEI TERRENI Nel suo piccolo, la famiglia di cui Dettori è «portavoce» ha diritto al comparto “C2 A” del progetto complessivo ed è proprietaria di un dodicesimo dei terreni interessati, 4100 metri quadrati con accesso da via Turbigo sul quale possono essere costruite due palazzi per un tolale di 10 appartamenti. Se si seguissero le indicazioni dell'ordine del giorno approvato in Consiglio regionale, che prevede l'acquisizione delle aree di Tuvixeddu, potrebbero restare fuori perché la loro area si trova a Tuvumannu (anche se la Giunta Soru aveva vincolato anche quella).
Certo è che la famiglia Sotgiu ha titolo per dire no a una modifica della convenzione chiusa da Mariano Delogu dieci anni fa: «Prima ci devono pagare i danni generati dalla mancata realizzazione dell'accordo. Altrimenti non ci sarà nessuna chance: noi non ne firmeremo un altro».
MESSA IN MORA COIMPRESA I danni sono un capitolo imprescindibile, qualunque sia il finale del romanzo Tuvixeddu: dai danni si è partiti, coi danni si terminerà. I Sotgiu dieci giorni fa hanno notificato una «messa in mora» a Nuova iniziative Coimpresa, firmata dall'avvocato Elisabetta Carboni. In base a una scrittura privata, il gruppo Cualbu avrebbe dovuto garantire «urbanizzazioni primarie e secondarie» e occuparsi delle pratiche edilizie del loro comparto entro 1.480 giorni dall'Accordo di programma. «A febbraio di quest'anno ancora non risultavano richieste di concessione», precisa Dettori, mentre sventola un progetto dello studio “Masoero e De Carlo”, che ha disegnato il nuovo volto che il colle probabilmente non avrà mai. Un effetto collaterale dei blocchi degli anni scorsi. Questo significa che qualcuno dovrà risarcirli, e per prepararsi all'eventualità hanno chiesto allo studio ingegneristico di Paolo Steri di dare i contorni al discorso: l'ordine è quello delle decine di milioni di euro, e comprende i terreni edificabili, gli interessi, il lucro cessante e le spese legali. Che serviranno, ad esempio, per il ricorso contro i vincoli di fronte al Tar, ancora in attesa di sentenza perché - a differenza di quelli proposti da Coimpresa - non era stata fatta la richiesta di sospensiva. Una costola della vertenza giudiziaria più conosciuta che ha visto Comune e Coimpresa opporsi di volta in volta alle decisioni della Regione o della Soprintendenza archeologica. Una causa silenziosa che conferma la complessità dell'intera vicenda.
POSIZIONE CONTRARIA Dettori ricorda la genesi del contratto tra Regione, Comune e privati: «L'accordo è nato per arrivare in via stragiudiziale alla conclusione della causa per via Castelli. È ovvio che se non viene rispettato, ritornerà in ballo anche quel discorso». Chi pagherà? «Più si va avanti e più questo colle graverà sulle spalle dei sardi. Quando firmammo, rinunciammo a una buona parte di quello che ci spettava. Lo abbiamo fatto per chiudere una causa lunghissima e sbloccare lo sviluppo di Cagliari».
LA RIUNIONE Pochi sanno che prima che Cualbu facesse la sua dichiarazione di apertura alle trattative e il Consiglio accogliesse con una tempestività senza precedenti l'appello, votando «l'acquisizione al patrimonio pubblico» delle «ulteriori aree della necropoli del colle di Tuvixeddu», per realizzare un parco archeologico, il 22 febbraio si è riunito l'organo di vigilanza sull'Accordo. Una commissione - il presidente è il sindaco di Cagliari Emilio Floris - creata dalla stessa convenzione per controllare e verificare l'attuazione del progetto. L'unica sede, in teoria, dove dovrebbero essere discusse e assunte le decisioni su quell'intesa. «Nella riunione non si è parlato minimamente di una soluzione del genere. Abbiamo chiesto tempi certi, perché per ora abbiamo sentito solo parole. Da troppo tempo ci sentiamo trattati come dei pagliacci, eppure per cambiare gli accordi dobbiamo essere interpellati. Si deve passare anche da noi, per forza. E fino a oggi nessuno ci ha contattato per risolvere questa situazione». Intanto il tassametro corre.
MICHELE RUFFI

10/03/2010