Eventi

Elephant Man al Teatro Massimo

19 marzo 2013, 09:32
Dal 20 al 24 marzo 2013 Ivana Monti, Daniele Liotti e Debora Caprioglio la Compagnia Molière a Cagliari.

CeDAC
XXXIII Circuito Teatrale Regionale Sardo

M'ILLUMINO DI PROSA
Stagione 2012-2013

Compagnia Molière
con il patrocinio della Regione Veneto
Elephant Man
di Giancarlo Marinelli
tratto dall’omonimo racconto di Frederick Treves

20 - 24 marzo 2013 - Cagliari/ Teatro Massimo
(da mercoledì a sabato alle 20.45, domenica alle 19 e giovedì la pomeridiana alle 17)
lunedì 25 marzo  2013 ore 21 - Nuoro/ Teatro Eliseo
martedì 26 marzo 2013  ore 21 - Palau/ CineTeatro Montiggia

La storia (vera) di Joseph Merrick rivive sulla scena con “Elephant Man”, la pièce originale  di Giancarlo Marinelli ispirata all’omonimo racconto di Frederick Treves, con  Ivana Monti, Daniele Liotti e Rosario Coppolino e con la partecipazione di Debora Caprioglio, in cartellone da mercoledì 20 fino a domenica 24 marzo (da mercoledì a sabato alle 20.45, domenica alle 19 e giovedì la pomeridiana alle 17) al Teatro Massimo di Cagliari, per M'Illumino di Prosa/ la stagione 2012-13 del CeDAC.

La tournée isolana dello spettacolo – sempre sotto le insegne del CeDAC, nell'ambito del XXXIII Circuito Teatrale Regionale Sardo, proseguirà lunedì 25 marzo alle 21 al Teatro Eliseo di Nuoro per concludersi martedì 26 marzo alle 21 al CineTeatro Montiggia di Palau.

Fascino e mistero di una vita straordinaria, quella di Joseph Merrick, una “meraviglia” umana, protagonista sulla ribalta del freakshow inglesi nella seconda metà dell'Ottocento, per “Elephant Man”, originale spettacolo della Compagnia Molière con il patrocinio della Regione Veneto, che vede protagonista Daniele Liotti (volto noto del grande e piccolo schermo) accanto a un'icona del teatro come Ivana Monti e a Rosario Coppolino, con la partecipazione di Debora Caprioglio; completano il cast Andrea Cavatorta, Francesco Cordella, Serena Marinelli e Simone Vaio.

La pièce scritta da Giancarlo Marinelli, che firma anche la regia, s'ispira direttamente al racconto  di Frederick Treves, il medico che prese a cuore il “caso” del giovane, affetto da una malattia capace di modificarne l'aspetto rendendolo deforme e “mostruoso” fino a farne una curiosità da baraccone: Treves cercò di curarlo e assisterlo, e si rivelò forse l'unico amico di Merrick, riuscendo a riconoscerne il carattere e la profondità di pensiero oltre lo schermo delle apparenza.

L'età dei giochi e della spensieratezza era stata breve per Merrick: già a tre anni aveva iniziato a manifestarsi il male che avrebbe condizionato così prepotentemente il corso della sua esistenza; dopo la morte della madre la matrigna non aveva voluto saperne di lui e così si era ritrovato per la strada, a lucidare le scarpe dei passanti per sopravvivere, vittima degli sberleffi dei monelli, finché trovò lavoro nel mondo colorato dei freakshow, dove la stravaganza dell'aspetto era la norma nonché un'utile attrattiva. Quasi una strana favola all'incontrario, dove l'incantesimo che induce alla metamorfosi porta con sé il lieto fine, e la diversità rappresenta una fortuna; salvo che in Inghilterra vennero vietati i freakshow, con l'esibizione delle meraviglie e dei fenomeni da baraccone;  non potendo permettersi il viaggio per raggiungere gli Stati Uniti, Merrick partì per il Belgio ma qui venne derubato dal suo agente e decise, stanco, deluso e sempre più malato di tornare in Inghilterra.
Il clamore al suo arrivo e l'intervento delle forze dell'ordine fu forse la sua salvezza: il giovane ebbe la prontezza di spirito di mostrare il biglietto da visita lasciatogli da Treves quando ancora la sua immagine turbava la fantasia delle folle inglesi, e dal nuovo incontro con il medico iniziò una fase diversa, meno travagliata della sua breve esistenza.

Quasi figura del mito e dell'immaginario, descritta con maestria sul grande schermo da David Lynch, Joseph Merrick era in realtà semplicemente un uomo celato sotto le parvenze mostruose effetto di una degenerazione dei tessuti: la sua umanità era però invisibile a coloro che ne scorgessero solo la deformità. La sua viva intelligenza, non intaccata dal male colpì Treves, e quanti ebbero modo di conoscerlo da vicino; a dispetto della sua vita disgraziata e dell'inevitabile solitudine, Merrick era dotato di uno spirito indomabile; la sua storia commosse anche l'alta società dell'Inghilterra vittoriana e negli ultimi anni della sua breve esistenza ricevette visite di personalità come  Alexandra, allora Principessa del Galles, e altri membri della famiglia reale, nonché la protezione della Regina Vittoria.

La sua fine prematura lasciò aperti vari interrogativi, in fondo gli stessi intorno alla verità su ciascun essere umano: ognuno è un enigma per gli altri e Merrick portò con sé i suoi segreti, lasciando però traccia di sé nella scrittura, oltre che nel ricordo di chi l'aveva conosciuto, ammirato e amato.
Sulla vicenda di Joseph Merrick, impegnato in una strenua lotta  per ritrovare la propria dignità di uomo oltre la maschera deforme cui l'aveva condannato la sua malattia, il regista e drammaturgo Giancarlo Marinelli ha costruito una pièce teatrale avvincente, che affronta il dilemma antico tra l'essere e l'apparire, dall'ideale greco della bellezza unità alla bontà agli archetipi della fiaba, in cui non mancano streghe affascinanti e perfide, mentre un carattere buono e generoso si cela spesso sotto un aspetto poco attraente.

Nella società dell'immagine il conflitto si fa ancora più acceso, perché l'esteriorità domina perfino negli ambiti della vita pubblica, e la tentazione della chirurgia estetica e il mito dell'eterna giovinezza sfidano le regole dell'elementare buon senso, dando vita a creature quasi da sogno, esseri mutanti alla perenne ricerca di una perfezione esteriore pagata a caro prezzo, dall'ossessione della magrezza che diventa malattia mortale alla rinuncia alla propria singolarità per riflettersi in ideali modelli. La vita di Joseph Merrick rimescola le carte, in questo gioco infinito dei destini, svelando che la vera essenza e le qualità di una persona si trovano oltre l'involucro visibile, appartengono alla sfera immateriale degli affetti, dei pensieri, dei ricordi e delle emozioni, e come invece il desiderio di divenire, o apparire altri da sé possa cancellare un'identità. Lo sguardo dell'altro è in fondo lo specchio che ci mostra a noi stessi, è naturale e umanissima la tentazione di mostrarsi al proprio meglio ma forse è tempo di ripensare la scala dei valori, e riscoprire altre forme ed espressioni della bellezza meno evidenti ma altrettanto riconoscibili e necessarie: la vita di un essere umano è molto più interessante e sfaccettata di una semplice immagine riflessa, e per fare un maquillage dell'anima non bastano una fisionomia scolpita dal bisturi e un corpo rimodellato in palestra e con diete implacabili, quasi una versione moderna – ma altrettanto pericolosa” e seducente del  ritratto di Dorian Gray.

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