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Teatro Massimo a Cagliari: Il gabbiano di Anthon Cechov

8 marzo 2010, 08:24
Mercoledì 10 marzo in replica fino a domenica 14 marzo 2010. Incontro con il pubblico.

XXX Circuito Teatrale Regionale Sardo Teatro Stabile di Bolzano
Il gabbiano
di Anthon Cechov
traduzione Fausto Malcovati

scene Gisbert Jaekel
costumi Roberto Banci
ambientazione sonora Franco Maurina
luci Lorenzo Carlucci

con
Patrizia Milani, Carlo Simoni, Maurizio Donadoni
e con
Gianna Coletti, Gaia Insenga, Fabrizio Martorelli, Massimo Nicolini, Iolanda Piazza, Maurizio Ranieri, Libero Sansavini, Riccardo Zini
regia Marco Bernardi

Mercoledì 10 marzo 2010 (in replica fino a domenica 14 marzo 2010) alle ore 21.00 presso il Teatro Massimo a Cagliari andrà in scena Il gabbiano di Cechov, con Patrizia Milani, Carlo Simoni e Maurizio Donadoni, diretti da Marco Bernardi, una produzione Teatro Stabile di Bolzano.

In scena con i tre grandi attori Gianna Coletti, Gaia Insenga, Fabrizio Martorelli, Massimo Nicolini, Iolanda Piazza, Maurizio Ranieri, Libero Sansavini, Riccardo Zini.

La compagnia, introdotta dal giornalista de Il Manifesto
Gianfranco Capitta, incontrerà il pubblico venerdì 12 marzo ore 17.30 presso la libreria Sardegna Libri Corso Vittorio Emanuele 192/b a Cagliari.

Il 15 ed il 16 marzo 2010 lo spettacolo sarà al Teatro Verdi di Sassari.

Lo spettacolo è inserito nella stagione di prosa del 2009/2010 del Teatro Massimo di Cagliari facente parte della XXX edizione del Circuito Teatrale Regionale Sardo organizzato dal Cedac.

Orari spettacoli Teatro Massimo Cagliari:
Mercoledì 10 marzo ore 21.00
Giovedì 11 marzo ore 17.00 (turno M) e ore 21.00
Venerdì 12 marzo ore 21.00
Sabato 13 marzo ore 21.00
Domenica 14 marzo ore 19.00

Biglietti
intero ridotto
primo settore € 27 € 20
secondo settore € 22 € 16
loggione € € 15 € 10

Turni M – S (ore 17)
Intero €15 Ridotto €10
E’ possibile acquistare i biglietti anche on-line sul sito www.vivaticket.it

LO SPETTACOLO
Perché tra i quattro capolavori teatrali di Cechov Il gabbiano è il più rappresentato in ogni epoca e in ogni luogo?
Probabilmente le ragioni sono molte e non si possono racchiudere in un’analisi esclusivamente razionale.

Certo i grandi temi che stanno alla base di questo testo così fortunato sono estremamente importanti: il conflitto generazionale nella doppia dimensione genitori/figli e artisti affermati/giovani artisti debuttanti; i ragionamenti sull’arte e in particolare sulla scrittura e sul teatro; l’amore, tonnellate di amore in tutte le sue forme e varianti possibili, vissuto, negato, nascosto; lo scontro tra forme artistiche diverse come realismo e simbolismo; il teatro nel teatro; il suicidio.

Ma non è sufficiente l’elencazione degli argomenti per capire in modo approfondito il fascino del Gabbiano.

C’è qualcosa di più, di magico, di malato, nel modo in cui Cechov racconta questa storia e dipinge con straordinaria precisione i personaggi che la vivono, c’è il suo stile, ci sono le sue atmosfere, c’è la capacità di ridere attraverso il pianto e piangere attraverso il riso, come nella vita, che fa di questo autore il più grande interprete moderno dei linguaggi del teatro e, allo stesso tempo, uno dei più acuti (e pietosi) conoscitori dell’essere umano, delle sue debolezze ma anche delle sue potenzialità affettive e positivamente etiche. Il male e il bene, per così dire…

Il mio modo di mettere in scena i testi, ormai si sa, vorrebbe essere un tentativo di fenomenologia del teatro, vale a dire provare a tradurre in scrittura scenica il testo nella sua completezza, in una sorta di utopia ricostruttiva di tutti i punti di vista dell’autore. Un’illusione esaustiva che, almeno nelle intenzioni, ci riporti concretamente al cospetto di Anton Cechov, vicino a lui, al calore della sua voce, al significato delle sue parole, all’intelligenza dei suoi pensieri.

Come in una seduta spiritica.

E così, mi piacerebbe che questo Gabbiano riuscisse veramente rotondo, vero, come Cechov l’ha scritto. Intenso e misterioso. Come la vita.

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