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Mostra “Coroneo, l’opera di due sorelle artiste-artigiane”

11 novembre 2009, 12:10
Palazzo Regio a Cagliari dal 21 novembre al 16 dicembre 2009. Inaugurazione sabato 21 ore 17 in Piazza Palazzo con Vittorio Sgarbi.

Parte 4 di 4

LA MOSTRA
Due sorelle artiste-artigiane


La vicenda umana e artistica delle sorelle Coroneo ci appare unica e intrigante, rimasta finora pressoché esclusa dal quadro delle vicende artistiche del Novecento.
Dotate di un talento naturale, raggiunsero senza cercarla una notorietà alla quale non mancarono neppure riconoscimenti e segnalazioni a livello nazionale ma, a causa della loro estrema riservatezza, si mantennero fermamente lontane dal frastuono della popolarità.
Poco interessate ad apparire tantomeno ambivano al riconoscimento in ambito artistico. Ritrosia, unita al completo disinteresse per l’attività a fini di lucro, le loro opere risultano ancora quasi sconosciute e non godono dell’attenzione e considerazione che invece meritano.
Capaci di incantare il pubblico delle mostre e suscitare il vivace interesse persino di artisti affermati, Giuseppina e Albina Coroneo nascono a Cagliari sul finire dell’Ottocento. Prima e secondogenita dei sei figli di una famiglia benestante, hanno abitato dapprima in Castello e poi nel popolare quartiere della Marina, nei pressi del vecchio mercato, oggi distrutto.
Diplomate alla scuola superiore, fatto raro per l’epoca, pur non avendo compiuto studi artistici specifici, fin da giovanissime si divertono a disegnare figurini di moda, ricami, arazzi, pupazzi e oggetti per la casa. Vissero e lavorarono per tutta la vita insieme. Condivisero, da signorine, la casa e il lavoro dando vita a un universo di complicità in cui si è sviluppata tutta la loro originale fantasia.
Un’espressione artistica apparentemente semplice, maturata tra le modeste attività femminili svolte nella quotidianità domestica: carte colorate, ritagli di panno, scampoli di stoffa, ago e filo, che tra le loro abili mani diventavano materia per invenzioni fatte di figure e racconti.
Due donne che si dichiaravano semplici, certamente molto sensibili, che incuranti dei giudizi lusinghieri espressi su di loro da ammiratori d’eccezione quali Giuseppe Biasi, Eugenio Tavolara, Ubaldo Badas, Nicola Valle, Gio Ponti, Ugo Ojetti, si considerarono sempre soltanto «modeste artefici d’ago e di carte colorate», delle artiste-artigiane.
Eppure sono state creatrici straordinarie. Capaci di declinare la loro immaginazione verso ambiti diversi, mostrando di saper alternare registri stilistici ed espressivi distanti.

Quadretti di stoffa e carta

L’atmosfera degli esordi Coroneo è quella del linguaggio internazionale Art Déco: stile che si diffonde in Sardegna attraverso la pittura e la grafica di Giuseppe Biasi, Tarquinio Sini, Primo Sinòpico, Mario Mossa De Murtas, Edina Altara, Pino Melis e Nino Siglienti, con le ceramiche di Melkiorre e Federico Melis, gli arredi della ditta Clemente, i giocattoli di Tosino Anfossi ed Eugenio Tavolara.
Il ricco patrimonio figurativo popolare della Sardegna, con i suoi usi e costumi era il principale centro di interesse di tutta una generazione di artisti così come delle giovani Coroneo. Da questo ambito esse raccolgono un immaginario connotato da rustici caratteri regionali che reinterpretano in una chiave più aperta e cosmopolita.
Ritagliando e ricamando con rara precisione il panno Lenci, le Coroneo danno forma a ritratti di deliziose fanciulle in abito tradizionale. L’espressione del viso è data da un sottilissimo ricamo e le vesti, fortemente rivisitate, sono contraddistinte da un gusto di sintesi che non rinuncia però a meticolose rifiniture. Le soluzioni esecutive combinano qualche volta le stoffe con ritagli di carte colorate, trattate come fossero tessuti preziosi.
Sono piccoli capolavori di leggerezza dei quali si apprezza immediatamente il gusto per il ricamo, la cura per gli orli e le applicazioni dei dettagli minimi capaci di aggiungere un’armonia delicata e originale.
Le Coroneo ritraggono con uno sguardo nuovo i personaggi dell’Isola – specialmente giovanissime fanciulle – rese ancora più belle dalla presenza di un elemento semplice e sempre diverso: un vasetto o una brocca, un mazzolino di fiori colorati, un cestino di frutta, un galletto, una piantina di fico d’india. Particolari che infondono un soffio di vitalità inedito, una grazia candida e ingenua.


Artiste singolari

Nei collage polimaterici eseguiti a quattro mani, è esclusa ogni riflessione individuale delle sorelle, perciò è pressoché impossibile determinare quali elementi attribuire allo stile dell’una o dell’altra. Per questa ragione l’osservatore, pur sapendo che le artiste sono due, ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un’unica mano creatrice, tandem antesignano delle attualissime “coppie creative” alla Gilbert&George.
Occorre tener conto di questa condizione esistenziale, per valutare la loro personale storia e la loro creatività. Giuseppina e Albina erano due anime inseparabili: un braccio e una mente. Due individui affini e complementari nel carattere. Geniale e stravagante Giuseppina, riflessiva e accurata Albina.
La loro firma sulle opere era semplicemente: “Coroneo, cagliari”, quasi un sigillo di fabbrica, senza essere accompagnata da alcun nome proprio di persona.


Il pupazzo

Si racconta che nelle vetrine regionali della sezione E.N.A.P.I. alla Triennale di Milano del 1940, i visitatori costantemente si soffermassero davanti a una bacheca dove erano disposte figurine fatte di panno e cenci vari. I visitatori sostavano per guardare con attenzione i pupazzi delle (sconosciute) sorelle Coroneo di Cagliari. Erano interamente in stoffa, non più alti di 20 cm, non certo bambole da salotto piuttosto all’apparenza semplici soprammobili. Gio Ponti, grande promotore dell’artigianato artistico in Italia, le chiamò qualche anno dopo «piccole cose squisite e drammatiche». Mentre Tavolara, loro grandissimo ammiratore, segnalò «tragiche e umane figurine in stoffa».
La denominazione “pupazzo” sta stretta per questi manufatti che colpiscono immediatamente per la suggestione drammatica che emanano pur nelle minute, coraggiose soluzioni costruttive. In essi non c’è niente di allettante, anzi qualcosa di spiacevole, se non proprio di irritante e sconfortante.
Per le Coroneo il tema del pupazzo sarà sin dagli esordi un campo privilegiato, foriero di sviluppi e futuri successi.
Negli anni Trenta si interessano alla creazione di originali pupazzi in abito tradizionale che riproducono in miniatura i personaggi tipici di tutti i villaggi della Sardegna, uomini e donne. Il tema del “pupazzo in costume tradizionale” era di gran voga in quegli anni e a ciò contribuì il successo internazionale ottenuto dalla bottega artigiana di Tosino Anfossi e Eugenio Tavolara, ATTE, impegnata a Sassari nella costruzione di pupazzi in legno e panno dalla figura stilizzata e caricaturale. Tuttavia alla schematizzazione delle figure ATTE, modellate in legno e destinate alla produzione seriale, le Coroneo oppongono figure realizzate interamente in stoffa, «esemplari interessanti ed unici», come li definì il loro grande estimatore Nicola Valle.
Esse si fecero interpreti di una novità assoluta, introducendo un’osservazione attenta della realtà, raffigurata con deformante esattezza nei suoi tratti fisici e di costume. Al mondo levigato e fortemente sublimato degli esordi, via via subentra la rappresentazione di una realtà sociale emarginata appartenente al mondo popolare urbano. Questa scelta diverrà simbolo e cifra di tutta la loro ricerca.


1940. Silenzio

Per le Coroneo, come per tutto il mondo dell’arte e della cultura, la Seconda Guerra Mondiale interrompe bruscamente una condizione creativa che si era protratta con vitalità nei decenni precedenti, e che le aveva viste esporre a Cagliari, Sassari, Firenze e Milano.
Cessati i suoni, i frastuoni, i drammi del terribile conflitto, la vita doveva continuare. Si riorganizzano le forze e si rianimano le speranze.
Nel 1946, Gio Ponti trasforma un suo accorato articolo in un appello:“Dove sono le sorelle Coroneo?”. E chiamando dalle pagine della rivista Stile, le due sorelle cagliaritane, chiamava idealmente a raccolta tutti gli artigiani artisti d’Italia, tutti i “piccoli maestri” di abilità, di fantasia, di poesia, del cui ingegno l’Italia ha, dopo il dramma della guerra, più che mai bisogno per risollevarsi.
La gravissima trasformazione operata dalla catastrofe della guerra, è per le Coroneo motivo di grande risentimento. Episodio centrale e spartiacque dell’esistenza, la grande guerra segna una forte cesura nella vita e nell’arte delle due sorelle. Nulla cambierà nel rapporto amorevole tra loro ma la fortunata simbiosi artistica si disgiunge. D’ora in avanti, e fino agli anni Settanta, sarà l’estro esclusivo di Giuseppina Coroneo a dedicarsi, per elezione, unicamente alla creazione di pupazzi.
Nasceranno figure che rappresentano soggetti sempre più vecchi e scoraggiati. Opere che sembrano trarre motivazione e forma da un humus di grande e profonda sofferenza individuale. Piccoli sconvolgenti capolavori.

Giuseppina Coroneo

I lavori eseguiti a partire dagli anni Cinquanta non sono semplici modelli caricaturali. Il ritratto della vecchia, del mendicante oppure del povero idiota, oltre la prima apparenza rivelano la potenza di essere esempi assoluti dell’umanità e dei casi della vita, archetipi laidi ma universali.
Ogni “pupazzo”, nonostante la scarna rappresentazione, ha la saldezza inflessibile di un’immagine scolpita. Con la dignità di un bronzetto nuragico.
L’altissimo valore rappresentativo è assecondato dai miseri materiali adoperati nel processo esecutivo: carte veline, tessuti, un po’ di stoppa per le chiome canute, un’anima rinforzata di fil di ferro. La povertà di mezzi è una scelta, un segno scabro che diviene essenzialità. Nessuna ridondanza, nessuna retorica nel cogliere le forme della vita degli ultimi, della fame, della prigionia, delle malattie, della solitudine, della lotta con la pazzia e col dolore.
Personaggi espressi con genialità grazie al linguaggio del simbolo e della metafora, si fortificano della massima compassione dell’autrice, particolarmente sensibile alla vita.
Sentimenti destinati a vivere nell’ombra, vengono illuminati dall’opera di Giuseppina Coroneo che restituisce loro l’identità.
Giuseppina Coroneo trapassa il confine che può separare l’arte applicata dall’arte senza aggettivi e conquista un posto di merito tra quanti hanno saputo far coesistere drammaticità e afflato poetico.
Marco Peri

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