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Il Diritto e il suo rovescio. Il Teatro Stabile della Sardegna inaugura il "ridotto" del Massimo

14 aprile 2009, 08:24
Tre spettacoli con storie di giustizia e sopruso e vecchie cronache di Sardegna ed Arborea 15-16-17 aprile 2009. “Ridotto” del Teatro Massimo ore 21.00.

Tre spettacoli con storie di giustizia e sopruso e vecchie cronache di Sardegna ed Arborea in scena il 15-16-17 aprile 2009
“Ridotto” del Teatro Massimo
Ore 21.00

Drammaturgia Anna Zapparoli e Guido De Monticelli
con
Maria Grazia Bodio, Lia Careddu
Corrado Giannetti, Paolo Meloni, Isella Orchis,
Cesare Saliu, Maria Grazia Sughi
Musiche Rossella Faa

La canzone Boreddu Zoroddu è di Mario Borciani

Elementi scenici e di costume
Pietro Rais e Arianna Caredda
Regista assistente Rosalba Ziccheddu
Regia
Guido De Monticelli

Il 15 aprile 2009 alle ore 21.00 il Teatro Stabile della Sardegna inaugura il palco del “Ridotto” del Teatro Massimo con tre spettacoli dedicati al tema della giustizia e del suo “rovescio: La giustizia perduta (15 aprile 2009), Alla ricerca del giudice giusto (16 aprile 2009), La giustizia ritrovata (17 aprile 2009).

Protagonisti di questi tre spettacoli gli attori del Teatro Stabile della Sardegna: Maria Grazia Bodio, Lia Careddu, Corrado Giannetti, Paolo Meloni, Isella Orchis, Cesare Saliu, Maria Grazia Sughi

La storia del porcaio Boreddu Zoroddu che si vede implacabilmente derubato del suo da giudici e priori, e decide, per trenta porci, di farsi bandito; l’incontro tra Grusa, la protagonista del Cerchio di gesso del Caucaso, con Eleonora d’Arborea, l’Eleonora leggendaria che vive in tanti canti e racconti popolari della Sardegna; il processo celebratosi a Trieste nel 1948, che condannò alcune “guardie del popolo” per aver trascinato nel maggio del 1945 - a liberazione ormai avvenuta - tre ex militi della polizia ferroviaria fascista a un improvvisato “tribunale del popolo”: da Salvatore Satta a Giuseppe Capograssi, da Marcello Fois ai Condaghes, Il diritto e il suo rovescio fonde i testi classici e contemporanei del teatro, della letteratura e della storia giuridica con gli usi e i costumi della Sardegna.

Il frutto di questo lavoro godibile permette di trattare una materia “difficile” in maniera piacevole, leggera ma non superficiale; l’interpretazione degli attori, che alternano personaggi ora drammatici ora ironici, è arricchito dalle splendide musiche di Rossella Faa, che coniuga la tradizione musicale sarda a quella balcanica, dando vita a sonorità epiche e coinvolgenti. Una colonna sonora perfetta (di cui fa parte la brillante Boreddu Zoroddu di Mario Borciani) per questa narrazione immersa in un tempo e in uno spazio indefiniti, e dunque universale.

Biglietto unico 6 euro
L’orario d’inizio degli spettacoli è previsto per le ore 21.00

CALENDARIO
La giustizia perduta
Mercoledì 15 aprile 2009

Alla ricerca del giudice giusto
Giovedì 16 aprile 2009

La giustizia ritrovata
Venerdì 17 aprile 2009

GLI SPETTACOLI
La giustizia perduta, ovvero il sopruso perpetrato nel nome del diritto; e l’eterna arguzia del popolo costretto a escogitare le più fantastiche vie per ribaltare l’ingiusta legge dei potenti. La vicenda si dipana a partire da alcuni suggestivi miti sardi di fondazione, che - come i miti di fondazione di ogni civiltà del mondo - favoleggiano dell’età dell’oro: “passavamo sulla terra leggeri”, cantano gli attori con le parole di Sergio Atzeni. Ma questa felicità è destinata a essere dolorosamente interrotta dall’arrivo degli “uomini del mare”, che precipita l’isola nella discordia, e nella Storia; fanno irruzione sulla scena i Condaghe altomedioevali, registri conventuali, col loro brulicare coloratissimo e spassoso di liti, cause, querele, attinenti a divisioni di terre, proprietà di animali e di servi, in cui giustizia è sommariamente somministrata – con gran guadagno del giudice medesimo – ai potenti e alle abbazie, ma non ai poveracci: il porcaio Boreddu Zoroddu si vede implacabilmente derubato del suo da giudici e priori, e decide, per trenta porci, di farsi bandito: l’ingiustizia perpetrata in nome del diritto semina dunque nuova ingiustizia.

La giustizia perduta si chiudeva con un grande incendio: l’ingiustizia perpetrata dai potenti sugli umili aveva provocato una sommossa, e il tempo e l’ordine del mondo sono ora “scardinati”. Il secondo spettacolo, Alla ricerca del giudice giusto, apparentemente devia dal racconto principale, e accompagna Grusa, la protagonista del Cerchio di gesso del Caucaso, nella sua fuga attraverso i monti, il fardello di un bimbo in fasce stretto al seno; un bimbo non suo, da lei fortunosamente salvato dalla morte durante la sommossa: è il figlio del governatore della città, che la madre vera ha abbandonato per terra in un cortile del palazzo nella fretta di salvare se stessa – e i propri vestiti – dalla furia rivoluzionaria. Grusa, giunta attraverso mille peripezie al ghiacciaio dello Janga Tau e alla passerella che la porterebbe alla salvezza, incontra qui Eleonora d’Arborea, custode della passerella e della vicina fonte di Abba Frisca: l’Eleonora leggendaria però, quella che vive in tanti canti e racconti popolari della Sardegna. Sarà lei a illustrare a Grusa il percorso mitico del Giudice giusto (quale è adombrato nelle deliziose scene dei giudici Itzochor e Barisone tratte da Passavamo sulla terra leggeri di Sergio Atzeni) e a mettere alla prova Grusa, permettendole infine il passaggio dall’altra parte dei monti, in un luogo dove forse sarà possibile, a Grusa e a noi tutti, rivedere come diritto e giustizia tornino a coincidere.

In questo terzo spettacolo dal titolo La giustizia ritrovata fa irruzione la contemporaneità, con un’incursione, ad apertura di serata, negli atti di un processo celebratosi a Trieste nel 1948. L’esemplare sentenza di quel processo, che condannò alcune “guardie del popolo” per aver trascinato nel maggio del 1945 - a liberazione ormai avvenuta - tre ex militi della polizia ferroviaria fascista a un improvvisato “tribunale del popolo”, con l’accusa di aver rubato un maiale, diede a Giuseppe Capograssi, grande giurista e filosofo del diritto, l’occasione per una meditazione a tutto campo sui principi stessi della giustizia e del processo. “Che è giudizio? che è processo? che è giudice? che è responsabilità? che è pena? che è rivoluzione?”, si chiede Capograssi, e con lui Salvatore Satta, l’insigne giurista e scrittore nuorese cresciuto alla sua scuola, commentando la sentenza di condanna all’evento che aveva provocato l’esecuzione sommaria dei tre militi, poi gettati nella foiba, e che nulla aveva a che fare con la lotta al fascismo. Una serata, dunque, all’insegna della riflessione su temi che stringono d’appresso la nostra coscienza di uomini d’oggi, condotta sul filo delle parole di Salvatore Satta e di Giuseppe Capograssi. Ma dove vengono ripresi e portati a compimento anche i fili teatrali delle puntate precedenti, con l’irruzione, questa volta tutta fantastica, del giudice Azdak, da quel grande apologo sulla giustizia che è il brechtiano Cerchio di gesso del Caucaso.

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