Reportage

La festa di Sant’Efisio: l’importante compito degli organizzatori

28 aprile 2014, 12:03
Il dietro le quinte dell’importante manifestazione di maggio tra devozione e tradizione.
Festa di Sant'Efisio a Cagliari

Intervista a Ottavio Nieddu, Direttore tecnico organizzativo della festa di Sant’Efisio

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Ottavio Nieddu, Direttore tecnico organizzativo della festa di Sant'Efisio, ci parla del proprio lavoro: selezione dei paesi partecipanti e loro ordine nella processione, facendo sì che “traccas”, persone a piedi, cavalieri e miliziani rispettino i tempi della religione. A mezzogiorno, al termine della messa dell’Alter Nos, il Santo deve lasciare la chiesa stampacina, e non può essere intralciato nel suo percorso dai cavalieri o dai gruppi in abito tradizionale.

Compito di Ottavio Nieddu è anche assicurarsi che ai partecipanti sia ben chiaro che prenderanno parte ad una processione religiosa e non a una semplice sfilata, ed è anche per questo che incontra personalmente i rappresentanti dei gruppi di tutta la Sardegna. Ama definirsi “armonizzatore”, perché con il proprio lavoro cerca “di dare armonia al patrimonio artistico isolano, che è straordinario”.

Perché il 1° maggio tutto sia disposto alla perfezione, si inizia a lavorare molti mesi prima. Uno staff di 150 persone e 250 volontari è impegnato nell’organizzazione del grande evento che coinvolge i cagliaritani ed un gran numero di turisti provenienti sia dal resto dell’Isola che da fuori.

Quali sono i numeri della manifestazione? Quante “traccas”, cavalieri e persone in abito tradizionale parteciperanno alla processione?
“Saranno presenti oltre 2500 persone a piedi, in rappresentanza di circa 74 paesi. Le “traccas” saranno 18, 200 cavalieri campidanesi e 70 miliziani. Come ogni anno sarà una festa di colori e canti religiosi: i “goccius” in onore del Santo e i rosari”.

Come avviene la scelta dei paesi che parteciperanno alla processione?
“Con la processione vogliamo rappresentare al meglio la Sardegna, attraverso il suo apparato iconografico e vestimentario. L'Amministrazione Comunale possiede un database con 272 nominativi di Associazioni culturali e folkloriche, tra i quali vengono individuate le comunità particolarmente rappresentative, che abbiano ricostruito gli abiti con una seria ricerca storica o in possesso di abiti originali dell'Ottocento o dei primi del Novecento”.

Ovviamente è fondamentale anche rappresentare al meglio il territorio.
“Certo. Non possono mancare i rappresentanti del Campidano di Cagliari e del Sulcis, i luoghi del martirio di Sant'Efisio (Pula, Sarroch, Capoterra). Importanti sono anche gli abiti maggiormente riconosciuti da visitatori, turisti ed appassionati: Ittiri, Orgosolo, Bitti, Dorgali, Tempio Pausania, Desulo, Atzara e qualche altro”.

Anche il loro ordine non è casuale.
“No, infatti. Quest'anno saranno presenti 34 “guidoncini”, degli stendardi tenuti ciascuno da due ragazze in abito tradizionale, con su scritti i nomi delle sub-regioni storiche della Sardegna. Partendo dal Sulcis si svilupperà una serpentina che passando per il Campidano di Cagliari, il Sarrabus, la Marmilla e così via, arriverà fino alla Gallura. Gli spettatori facendo un viaggio immaginario tra gli abiti tradizionali, potranno conoscere i luoghi storici dell'Isola. Capiranno sicuramente che la Sardegna è un piccolo grande continente, al cui interno sono presenti grandi ricchezze”.

Il 1° maggio c'è sempre una forte presenza di turisti e stranieri. Negli anni è aumentata l'attenzione nei loro confronti?
“Certo, ma l'attenzione non è solo per i turisti. È importante che tutti, anche i cagliaritani, possano godere appieno del nostro straordinario patrimonio culturale”.

Secondo lei quali sarebbero i vantaggi di un eventuale riconoscimento della festa come patrimonio immateriale dell'umanità da parte dell'Unesco?
“Io credo che un riconoscimento di questo tipo farebbe scattare un grande senso di orgoglio da parte dei sardi. Dal punto di vista turistico poi tutto il mondo verrebbe a conoscenza di questo cammino di fede che potrebbe far nascere un movimento che farebbe molto bene anche all'economia. Abbiamo già visto gli effetti positivi che ha avuto il canto a tenore, dopo il riconoscimento come patrimonio immateriale da parte dell'Unesco il 9 ottobre 2006. Per la prima volta la Sardegna ha esportato una forma di canto tradizionale addirittura negli Stati Uniti, dove un gruppo di quattro ragazzi del Massachusetts ha creato una formazione di canto a tenore”.

Lei si occupa anche dell'organizzazione dei balli in piazza del Carmine. Anche in questo caso, a chi viene chiesto di esibirsi?
“Ogni anno c'è un progetto: l'anno scorso era quello del ballo comunitario. I gruppi di esibivano sul palco, il musicista era posto di fronte in un altro palchetto, ed in mezzo c'era la gente. Questo idealmente voleva significare che il suono è di tutti, di chi balla in abito tradizionale rappresentando una specifica comunità, e della gente comune che balla giù dal palco”.

E il progetto di quest'anno?
“Quest'anno in accordo con Barbara Argiolas, Assessore al turismo del Comune di Cagliari, abbiamo voluto mettere in luce tutti i moduli di accompagnamento musicale che nei secoli hanno determinato ritmi e tempi del ballo popolare. Sarà presente tutto l'apparato musicale autoctono: percussioni, membranofoni, launeddas, solittu, tamburinu, canto a tenore e strumenti di importazione quali armonica a bocca, organetto diatonico e fisarmonica. Non mancheranno i congegni fonici quali “sa fuente” che accompagna il ballo di Ghilarza e le campane asseminesi.
Il senso di quest’anno sarà quindi un viaggio nell’evoluzione della musica popolare della Sardegna”.

Perciò i gruppi sono stati scelti in funzione dello strumento musicale che li accompagna?
“Esatto, secondo lo strumento musicale che hanno come patrimonio, e del tipo di ballo che essi svolgono. Faremo una gita tra gli strumenti autoctoni e più arcaici fino ad arrivare al complesso artistico, passando per i congegni fonici.
Saranno presenti 25 gruppi folkloristici più gli ospiti storici che non possono di certo mancare. La festa in piazza del Carmine durerà circa quattro ore, durante le quali il pubblico più che assistere ad uno spettacolo, vivrà una festa popolare”.