Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Eckelmann annuncia il futuro del porto

Fonte: La Nuova Sardegna
12 giugno 2008



CAGLIARI. Si va avanti o si chiude baracca? L’appuntamento con i sindacati è confermato: ore 11.30 a Roma. A discutere sul futuro del porto canale ci saranno Thomas Eckelmann, il magnate tedesco proprietario di Contship, e l’amministratrice di Cict Sardinia Cecilia Battistello. I due manager arriveranno direttamente da Amburgo per rispettare l’impegno assunto il mese scorso con le organizzazioni: c’è da fare il punto sulla trattativa in corso tra i vertici di Contship Italia - che controlla Cict, la società concessionaria del porto industriale di Macchiareddu - e gli operatori francesi del transhipment Cma-Cgm, un’azienda-colosso destinata nelle speranze generali a rilevare la quota di Maersk all’interno della compagine che lavora in Sardegna, sulla base di un concreto programma di rilancio delle attività. Non c’è altro all’orizzonte: le banchine dello scalo sono deserte, da settimane non arriva più un container. Come se d’improvviso sullo scenario commerciale marittimo si fosse abbattuto un temporale devastante. Il gioco è aperto, ma giocano solo la proprietà e i sindacati perchè l’amministrazione regionale osserva un silenzio tombale: non una richiesta di spiegazioni, un’ipotesi di intervento, niente che possa coinvolgere direttamente la politica nel meccanismo delicatissimo delle attività portuali. Il porto non interessa o l’interesse è proprio fermarlo? A lanciare il primo grido d’allarme, alla fine del 2007, era stato il presidente dell’autorità portuale Paolo Fadda: se Maersk non se ne va, Cict non potrà che ridurre i livelli occupazionali. Allora - sono trascorsi quasi sei mesi - si parlava di tagli, adesso si parla di chiusura. Una voce sempre smentita da Contiship, soprattutto dopo gli esiti incoraggianti del faccia a faccia di un mese fa: dall’incontro romano i sindacalisti erano usciti abbastanza tranquilli, l’intraprendente Battistello non s’era rifugiata in frasi fatte ma aveva scelto di ribadire la volontà ferrea del gruppo Eckelmann di continuare su Cagliari. Volontà ancorata a certezze documentali: la ricapitalizzazione di Cict Sardinia con soldi freschi, versati anche dal socio di minoranza Casic. E l’annuncio, più volte confermato, che nessuno fra i dipendenti diretti sarebbe andato in cassa integrazione. Una decisione attendista, fondata sulla convinzione che il complesso negoziato per l’uscita di Maersk e l’ingresso dei francesi avrebbe avuto una prevedibile accelerazione nell’ultima settimana di maggio per arrivare al traguardo con l’avvio dell’estate. Così si erano lasciati, la Battistello e i rappresentanti sindacali. Così oggi si ritrovano, nell’incertezza assoluta su quanto può assere accaduto nel frattempo e soprattutto su quanto potrà accadere di qui ai prossimi mesi. Dal management di Cict Sardinia sono uscite in questi giorni soltanto parole di circostanza. I sindacalisti tengono altissima l’attenzione ma restano nelle mani dei coniugi Eckelmann: solo loro, il cui puntuale arrivo a Roma è comunque un segnale positivo e di rispetto nei confronti delle organizzazioni sindacali, potranno rompere il silenzio e confermare le garanzie di ripresa su cui contano i lavoratori. Le conseguenze dello stallo sono già valutabili: gli organici della Compagnia lavoratori portuali (Clp) e dell’Iterc sono stati ridimensionati a causa del crollo dei traffici registrato negli ultimi mesi a Macchiareddu. Solo di fronte alla certezza di nuove commesse, legate necessariamente a un accordo di partnership con un operatore internazionale attivo sul mercato, lo stato di allarme sindacale potrebbe rientrare. All’ultimo incontro si era parlato di un possibile ricorso temporaneo alla cassa integrazione in attesa che la trattativa con Cma-Cgm arrivi al capolinea: c’è questa comunicazione nell’agenda della famiglia Eckelmann? O il grande gruppo armatoriale tirerà fuori dal cappello la soluzione attesa dai sindacati? Per ora si va all’incontro col fiato sospeso: c’è in ballo il lavoro di centinaia di operai e amministrativi ma soprattutto il futuro di un’infrastruttura costata troppo per finire così male. (m.l)