Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il Poetto come doveva essere

Fonte: La Nuova Sardegna
11 novembre 2009

MERCOLEDÌ, 11 NOVEMBRE 2009

Pagina 2 - Cagliari



Nel progetto del 1997 niente strada vecchia e baretti dietro le dune




MAURO LISSIA

CAGLIARI. I ventuno chioschi-bar candidati alla demolizione non dovrebbero essere sulla spiaggia: se il progetto di salvaguardia presentato il 27 dicembre del 1997 dalla Provincia fosse stato realizzato così com’era e sino in fondo il Poetto oggi avrebbe un aspetto diverso.
Perchè il piano coordinato dall’allora assessore provinciale ai lavori pubblici Giacomo Guadagnini non prevedeva soltanto il ripascimento dell’arenile e la costruzione della nuova strada litoranea a quattro corsie: uno dei punti considerati fondamentali per raggiungere l’obbiettivo, la salvezza del Poetto, era la rimozione completa della vecchia strada. Al posto dell’asfalto la Provincia avrebbe dovuto sistemare una superficie naturale, erba e pietrisco. E sul retrospiaggia si sarebbe dovuto realizzare un cordone di dune artificiali che i tecnici giudicavano indispensabile a contenere l’erosione eolica. In uno scenario come quello descritto dal progetto, i chioschi-bar - piccoli, amovibili e omogenei nell’architettura - sarebbero stati smontati e rimessi in piedi molto più indietro, alle spalle della barriera di dune. La spiaggia sarebbe rimasta libera, per raggiungere i punti di ristoro sarebbe bastato attraversare il cordone dunale in uno dei passaggi predisposti e percorrere pochi metri. Immaginate un Poetto organizzato così: l’arenile, ripristinato con un dosaggio di sabbie compatibili e bianche come quelle originali. Una fascia di dune, un percorso pedonale del tutto sgombro dalle auto, con punti luce omogenei, separato dal flusso del traffico. Come dire: un vero lungomare, dove trascorrere le serate estive in piena sicurezza e tranquillità. Guardate com’è oggi il Poetto, a partire dal margine dello stagno: una strada litoranea larga e comoda, un’altra strada - quella vecchia - usata come parcheggio, ingombra di auto, dove non si capisce in quale senso sia consentito marciare, con gli spazi verdi fino a questa primavera invasi da ristoranti abusivi, ciascuno diverso da tutti gli altri. Poi il groviglio ignobile di intralci realizzato dall’amministrazione Galantuomo nel Poetto di Quartu: simulacri di muretti a secco, un intreccio incomprensibile di piste, camminamenti, percorsi confusi tra piccole aree di parcheggio lungo la strada vecchia, un anfiteatro orrendo. Un labirinto dov’è impossibile orientarsi. In quest’anarchia costruttiva priva di controllo e ancora prima di senso sembra quasi normale che i titolari degli ex chioschetti, i bar di spiaggia dove negli anni sessanta e settanta si ascoltava la musica dai juke-box, abbiano approfittato dell’assenza totale di programmazione per farla da padroni. Così, grazie anche all’abnorme e disastrosa crescita dell’arenile, si sono pian piano allargati fino a diventare qualcosa di nuovo e di diverso. Non più chioschi, non più baretti: stabilimenti, piste da ballo, ristoranti con terrazza a mare, ancorati con plinti di cemento, attrezzati con vetrate, tettoie, gazebi, spazi utili a migliorare la protezione dei clienti dal vento e dal sole. Nessuno ha mai autorizzato questa proliferazione insensata, nessuno però ha mai pensato di fermarla. Tant’è che oggi la politica comunale sembra voler difendere gli abusi e l’illegalità: c’è chi propone una sorta di sanatoria, altri invocano un diritto di prelazione come se un’attività condotta senza autorizzazione in area pubblica rappresentasse un contratto di fatto. In realtà - come i provvedimenti della Procuna annunciano - non c’è contratto, non c’è concessione e non esiste alcuna possibilità di rivendicare ipotetici diritti di avviamento, perchè si tratterebbe paradossalmente di avviamento di abusi. Con le ordinanze di demolizione notificate e i sigilli della Procura in arrivo, la sola possibilità reale sembra essere il ritorno alle regole e ai progetti seri, perchè nei tempi tecnici necessari i cagliaritani possano avere finalmente un lungomare ordinato, pulito, governato e gestito da chi ha diritto. Sono le norme europee a stabilirlo: le concessioni demaniali vanno messe a gara. Sono superfici pubbliche, appartengono ai cittadini e non a ricciai e gestori più o meno abusivi di baretti. Se l’inerzia colpevole delle amministrazioni comunali ha favorito l’anarchia delle attività commerciali, se un progetto come quello avviato a suo tempo dall’amministrazione Scano non è stato realizzato ed è finito stravolto con un ripascimento-disastro c’è ancora tempo per restituire i resti della spiaggia ai legittimi proprietari.