Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

“Tu madre, tu Sardegna” Ennio Porrino torna a casa

Fonte: L'Unione Sarda
23 settembre 2009

Presentato al Teatro Lirico di Cagliari il film della figlia Stefania, girato per la Rai nel 1990

La moglie Malgari Onnis: «Quei tre anni vissuti al suo fianco sono stati una vita»

«Sono passato per la terra con la mia malinconia, e con la mia malinconia, ma serenamente, vado verso il regno delle tenebre. O della luce». Così scrive Ennio Porrino nel maggio del 1957 in poche pagine che rappresentano il suo testamento spirituale. L'ultima affettuosa lettera d'amore alla moglie Màlgari - Margherita -, sposa bambina, nipote, madre della figlia Stefania, musa e collaboratrice preziosa, e ora custode appassionata di una memoria che si nutre di futuro. Il compositore sardo, uno dei più importanti del nostro Novecento, aveva 49 anni quando morì, all'improvviso, al ritorno dal Festival di Venezia. Un'encefalite virale, probabilmente, un male improvviso che se lo portò via in tre giorni. Rendendo drammaticamente profetiche le sue parole, dando corpo ai suoi presagi, e senso alla sua febbrile malinconia.
Malgari Onnis, pittrice ritrattista, scenografa e costumista (per I Shardana , l'ultima opera di Porrino, e in seguito per altri lavori), è una bella signora dagli occhi azzurri e i corti capelli bianchi. Deve il suo nome a una sfortunata eroina di Fogazzaro che s'innamorò di un musicista e morì giovane. Ha ventisei anni in meno di Porrino, che il 20 gennaio prossimo ne avrebbe compiuto cento. Era minorenne quando lo sposò, ventiquattrenne quando restò vedova. «Sono cresciuta con mia figlia, siamo cresciute insieme». Nel ricordo di un uomo che ha segnato la loro vita con una troppo breve presenza, e con una lunghissima assenza piena di luce. È un'attenzione alla memoria, la sua, fatta di progetti, nuovi e vecchi incontri. Come quelli che legano con un filo rosso questi frenetici giorni sardi. La signora Porrino, padre cagliaritano, madre romana e una vita trascorsa nella capitale, è tornata in città per l'avvio delle celebrazioni voluto dal Lirico e dal Conservatorio di musica. L'altra sera, nel foyer del teatro di via Santa Alenixedda, è stata lei, invitata dal sovrintendente Maurizio Pietrantonio, a dire (attraverso un suo scritto «pubblicato nel bel saggio del caro amico Giovanni Masala») che cosa abbia significato essere la moglie del musicista. «Ho vissuto con Ennio Porrino per circa tre anni, un periodo breve ma per me così intenso da considerarlo come tutta una vita. Tre anni nel corso dei quali la sua anima mi si è rivelata a fondo, in tutta la sua complessità». Il Porrino che Malgari racconta è un poeta. Un uomo di grande sensibilità. Aperto e schietto, veloce nel pensiero e nell'azione, gioioso e malinconico, orgoglioso, talvolta persino intollerante e permaloso. Una vita febbrile, la sua, con rari momenti di distensione, quelli trascorsi nella casa dell'Argentario, a riposarsi. «Ricordo lunghi colloqui fatti a bassa voce, la sera, alla luce delle stelle, davanti a quel grande mare nero». Temi filosofici e spesso ultraterreni. «Credeva in Dio e nella sopravvivenza dell'anima, e questa certezza dava sempre una luce di speranza alle sue riflessioni, anche le più malinconiche». Una speranza che ritorna nel testamento spirituale (letto dalla musicologa Myriam Quaquero, che a Porrino sta dedicando il suo prossimo libro). In quel finale che stempera i pensieri più cupi in una fede che si nutre di un Altrove.
A Cagliari la signora Porrino è giunta da Roma accompagnata dal cugino Franco Pertossi, gentiluomo d'altri tempi, e dalla figlia Stefania, che agli studi musicali aggiunge una trentennale esperienza in scrittura teatrale (è docente di arte scenica al Conservatorio di Frosinone). Un percorso artistico che venti anni fa, in occasione del quarantennale della morte del compositore, l'ha portata a deviare verso il cinema, grande amore musicale di Porrino che tanto ha scritto per la settima arte. Così, forte di un finanziamento di 153 milioni di Italia' 90 (potere del calcio) ha potuto dar vita a un film di cui ha curato soggetto, sceneggiatura e regia (quest'ultima con Pasquale Ratalia). È Tu madre, tu Sardegna , è stato prodotto dalla sede regionale della Rai e lunedì è stato presentato («grazie alla disponibilità del direttore Romano Cannas») al pubblico riunito nel foyer del teatro di via Santa Alenixedda. Presenti il direttore del “G.Pierluigi da Palestrina” Gabriella Artizzu e il presidente Gianni Filippini, che ieri hanno ospitato nell'Auditorium di piazza Porrino un concerto cameristico interamente dedicato al compositore, dal '56 alla morte direttore del Conservatorio.
Cinquanta minuti di immagini, e di musica, per raccontare un padre. Per tracciare il ritratto di un uomo introverso eppure curioso del mondo, che torna nell'isola «dei puri affetti» per ritrovare la madre. Un film fatto di acqua e pietra, parole e suggestioni che sarebbe bello rendere meno segreto. Un film dove la ricerca di se stessi (Porrino è un intenso Massimo Foschi), fa i conti con le molte identità di una terra di contrasti. E dove la dolcezza dei ricordi d'infanzia (Ennio bambino di sei anni è Gabriele Serra, la mamma è una magica Isella Orchis), lascia spesso il posto alle malinconiche annotazioni del presente. Tra mare e terra, il viaggio si conclude come è cominciato: con il volto di Antonino Medas. Rappresenta la saggezza di una terra antica, e vuole essere, nel pensiero di Stefania Porrino, un omaggio a Marcello Serra, che fu grande amico del compositore. Sue le parole del commiato, le stesse pubblicate dall'Unione Sarda dopo la morte del musicista.
Il film (tra gli altri Emma Medas, Gabriella Pilloni, cantante e attrice, i piccoli Giulia Conti e Luca Soi) è un doppio atto d'amore. «Per me la Sardegna è la casa di mio padre, il tramite tra me e lui». Per girarlo, Stefania è partita dalle composizioni di suo padre, dal suo profondo interesse per la musica popolare, e da lì ha costruito una storia. Girata in 17 giorni, in presa diretta, con una sola camera: nella Cagliari di Castello e a Chia, a Nora, Villanovaforru, Barumini, Orgosolo, Aggius, Ulassai, tra nuraghi e tombe dei Giganti, tacchi e grotte. Tu madre, tu Sardegna è anche profondamente segnato dalla nostalgia: quella che il musicista bambino, osservando la madre, imparava da lei. Quella «che ci fa sentire ogni terra come terra d'esilio». Anche per questo forse è riduttivo confinare Porrino uomo e musicista in una sardità troppo manifesta, o sostenere l'esatto contrario. La vera arte abbraccia l'universo, diceva. E l'opera d'arte, ha ripetuto ieri il direttore artistico Massimo Biscardi, sta al di sopra di tutto. Delle mode, delle troppe parole, dei troppo lunghi silenzi.
MARIA PAOLA MASALA

23/09/2009