Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«No alla demolizione? Ristrutturiamo»

Fonte: L'Unione Sarda
19 agosto 2019

Chi vive a Sant'Elia non vuole siano abbattuti i palazzi, fatiscenti o meno, nei quali ha trascorso un'intera esistenza, strada utile a ricostruire in maniera moderna e confortevole. Allora il Comune ha pronta l'alternativa. Una ristrutturazione che non imponga agli inquilini un trasloco in teoria momentaneo e nella pratica, magari, definitivo. «Non possiamo che ribadire quanto detto dal sindaco Paolo Truzzu», il commento di Giorgio Angius, vice sindaco e assessore all'Urbanistica, «sarebbe bello che il quartiere avesse edifici migliori, ma il numero di abitanti rende difficile pensare a un'operazione di demolizione e ricostruzione salvo una larghissima condivisione che sembra non esserci. Allora la soluzione minima è recuperare le case esistenti migliorandone la qualità. I fondi sono disponibili». I tempi? «Si riuscirebbe a partire entro un anno». Un progetto nel quale «è fondamentale il ruolo di Area», l'Agenzia regionale per l'edilizia abitativa, «i palazzi sono suoi. I contatti sono frequenti».
Il parere dei residenti
Ieri su L'Unione Sarda i residenti hanno espresso la propria opinione. Don Giacomo Faedda, parroco di Sant'Elia, è stato netto: il sindaco «ha detto che i palazzoni verranno abbattuti soltanto se i residenti saranno d'accordo? Allora mettiamoci l'anima in pace: resteranno dove sono. Non credo proprio che chi vive lì accetterà la proposta. Per tante ragioni. A cominciare dal fatto che molti sono anziani». I fedeli hanno confermato: «Sono nato qui, voglio vivere qui», ha detto Efisio Aramu. «Qui ho barca e casa, non voglio andare via» ha aggiunto Vittorio Masala. Certo «buttare giù e ricostruire i palazzoni sarebbe l'ideale», la riflessione di Fausto Cabras, «ma intanto dove stanno le 275 famiglie?»
L'ipotesi ristrutturazione
In Italia «ci sono vari esempi di recupero dell'esistente con buoni risultati su risparmio energetico e qualità della vita», sottolinea Angius, «tra tutti il Corviale di Roma», complesso residenziale con 1.200 appartamenti. Così potrebbe avvenire a Sant'Elia. «Costruire un edificio nuovo costa meno, ma è un'ipotesi complicata da seguire se non con una condivisione totale, e il numero di abitanti e famiglie è tale che sarebbe quasi una deportazione. Si creerebbe un ghetto altrove». Ci sono fondi «per entrambe le soluzioni», però «è più semplice recuperare gli edifici attuali». Si comincerebbe da quelli «più disagiati architettonicamente» intervenendo su «ascensori, spazi comuni, vani scala, appartamenti al piano terreno o sotto». Si realizzerebbero inoltre «un involucro esterno», in pratica una seconda facciata, «e un secondo tetto che aumenterebbero di molto la qualità energetica. Intanto i residenti resterebbero serenamente in casa».
In Consiglio comunale
Le tappe (eventuali): il sindaco incontra Area e verifica fondi e progetti; va in Consiglio e propone la soluzione più percorribile assieme agli assessori competenti; poi, avuto il via libera, procede. «Ovviamente sarà ascoltata, e avrà un peso, l'opinione dei residenti», specifica Angius: «È bello chiedere agli abitanti cosa ne pensano».
Andrea Manunza