Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La strada è libertà: gli artisti che scelgono un'altra vita Giocolieri, cantautori e ballerini cont

Fonte: L'Unione Sarda
5 agosto 2019

MESTIERANTI.

Sono ancora tanti e particolarmente diffusi i pregiudizi: «Molte persone ci considerano barboni»

La strada è libertà:gli artisti che scelgono un'altra vita Giocolieri, cantautori e ballerini
contano sulla generosità dei passanti

Dicono che la strada è democratica. E probabilmente lo è davvero: perché in una giornata qualunque trovi il quarantenne col naso da clown, tre palline e due figli da mantenere, il chitarrista country-blues che cerca di vendere il suo nuovo cd e un trentenne che ha lasciato il posto fisso. Ci sono anche due argentini che lanciano in aria i birilli con una tale destrezza che sembrano una continuazione degli arti, un cantautore poco più che ventenne e un percussionista che offre ai passanti un'esibizione in stile fusion-mistico. Facce diverse del variegato e imprevedibile mondo degli artisti di strada, dove la regola è una sola: chi prima arriva meglio alloggia. Ma c'è pure chi vanta fantomatici diritti di usucapione.
Geremia e Frank
Quaranta gradi al sole e quindici auto ferme al semaforo di viale Diaz. «Ogni mattina è una sorpresa: può capitare di incontrare gente incattivita dalla vita, così diventi la valvola di sfogo e ti becchi gli insulti. Quelli sono peggio del caldo». Ma questo Geremia Sorgia, quarant'anni, originario di Iglesias, lo ha messo in conto parecchio tempo fa. Quando è naufragato il sogno di diventare capitano di lungo corso è partito per Firenze, dove ha conosciuto l'arte di strada. «Ho iniziato con la musica, poi mi sono dato alla giocoleria. È un lavoro che ti fa sentire libero ma non dà sicurezza. Io faccio anche la raccolta della frutta, ho due figli ai quali pensare». Davanti al Monumento ai Caduti di piazza Martiri, Francesco Pilutti - in arte Frank - ha trovato casa e posto di lavoro. Trentatré anni, occhi azzurri e voce leggermente roca, che funziona; nel curriculum c'è un contratto a tempo indeterminato al cinema di Udine (dove è cresciuto): «Vendevo pop-corn, ma non era la vita che sognavo, così mi sono licenziato». È andato a Bruxelles con la sua chitarra, poi è arrivato a Cagliari, dove ha preso un appartamento in affitto. «La strada insegna tanto, impari a leggere negli occhi della gente e a non dare mai niente per scontato. Oggi sono molto più soddisfatto, a livello psicofisico e mentale».
Belen e Sebastian
A Genneruxi ci sono due giovani argentini: Belen Sanchez e Sebastian Costantin. Ventott'anni lei, uno in più lui, rispettivamente ballerina e farmacista mancato («ho lasciato l'università»). Da qualche anno portano il loro talento con i birilli in giro per il mondo: dal Messico al Guatemala, passando per sud America e mezza Europa. «La Sardegna è un isola magica e i cagliaritani sono i più generosi», assicurano. Chiedere se preferirebbero un posto fisso è superfluo. «Pioggia, sole, vento, lavoriamo sempre, è un mestiere che richiede tanti sacrifici, ma ciò che offre è ineguagliabile».
Alessandro e Federico
Alessandro Scintu, nato a Roma da genitori sardi, ha 34 anni, una postazione fissa ai Fori imperiali, e un'altra - temporanea - in via Manno. L'esordio come saltimbanco e con spettacoli di fuoco, poi è passato alla musica. «Appartengo a una generazione che non avrà mai la pensione, per cui la cosa migliore è dedicare del tempo alle nostre passioni. Come faccio io». Dice che a livello monetario può essere «molto gratificante», e poi ci sono le emozioni, che «non hanno prezzo». Al suo fianco c'è Federico Ghiani, ventiquattrenne cagliaritano: «Studiavo per il diploma e contemporaneamente facevo il cameriere, a un certo punto ho sentito il bisogno di uscire dalla Sardegna». È finito prima a Firenze, grazie a una borsa di studio che gli ha permesso di frequentare la scuola di Mogol; seconda tappa: Parigi. «Suonavo la chitarra e cantavo le canzoni di De Andrè per farmi notare». Ora è un cantautore, e sogna che la figura dell'artista di strada venga rispettata: «Purtroppo i pregiudizi sono tanti, mota gente ci considera barboni».
Sara Marci