Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'alloggio c'è ma è sotto sequestro Assegnataria di una casa popolare paga le bollette ma vive in un

Fonte: L'Unione Sarda
30 luglio 2019

TUVIXEDDU.

Senza acqua né elettricità in un rudere fatiscente dove l'aria è irrespirabile

L'alloggio c'è ma è sotto sequestro Assegnataria di una casa popolare paga le bollette ma vive in una catapecchia 

Servono settantun gradini per scoprire che c'è un altro mondo. Fatto di casette pericolanti incastrate in una collina di tufo, e nascoste dai palazzi alti di viale Sant'Avendrace. Dietro, tra le tombe e le grotte di Tuvixeddu, c'è una donna di quarantanove anni che da dieci attende un alloggio popolare e da uno combatte con una burocrazia che sembra fare di tutto per impedirle di raggiungere la normalità. Quella che ha toccato con mano a giugno dell'anno scorso, quando dal Comune arrivò la tanto attesa notizia: «Le abbiamo assegnato un alloggio». Dopo dodici mesi la consegna ancora non c'è stata, e Maria Giovanna Vassallo continua a osservare la vita scorrere dietro le sbarre di metallo delle uniche finestre del suo riparo di fortuna. Dove non c'è acqua né elettricità, e anche l'aria sembra mancare. «Questa non è vita».
La vita tra le grotte
C'è una grossa catena nel cancello d'ingresso, delimita la piccola proprietà che un tempo ospitava gli operai dell'ex cementificio e dal 2009 è diventata il rifugio di Maria Giovanna e di Sultan: un pit-bull di otto anni che lei considera il suo angelo custode. «Non ho parenti, c'è solo il cane a prendersi cura di me. Soprattutto la notte, quando al minimo rumore penso che mi potrebbe succedere di tutto. Potrei urlare, chiedere aiuto, ma da qui non mi sentirebbe nessuno». Dentro l'odore di muffa è insopportabile, quasi quanto il caldo che rende faticoso anche respirare. «Neanche me ne accorgo più, sono talmente abituata che ormai non ci faccio caso. La sera quando mi metto a letto, spero di addormentarmi il prima possibile, è l'unico modo per non pensare». Due stanzette, sistemate alla bell'e meglio, divise da un séparé di legno scolorito, una piccola sala da pranzo con tavolino e fornellino da campeggio, con vista sulla doccia, da cui non scende acqua. In un angolo alcune buste ammassate l'una sull'altra: «Dentro ci sono tutte le mie cose, avevo anche comprato alcuni soprammobili carini per la nuova casa, ma non so quando li potrò utilizzare», dice quasi sussurrando. E inevitabilmente la mente va lì, all'alloggio popolare in via Is Mirrionis 94/B, dove sarebbe dovuta iniziare la sua nuova vita.
La lunga attesa
Scala C, piano terra, interno 2, quarantuno metri quadri: è tutto messo nero su bianco nella comunicazione del Comune. Documenti preziosi, che Maria Giovanna custodisce gelosamente. «Quando mi comunicarono l'assegnazione faticavo a crederci: dopo tanti anni in cui mi sono vista scavalcare da tutti, mi ero quasi abituata all'idea di vivere per sempre in questo posto dimenticato da Dio», racconta. «Pensi che dopo aver firmato le carte ero anche andata a vedere quella che sarebbe dovuta diventare la mia nuova casa. Fantasticavo su come arredarla, pensavo che avrei finalmente potuto smettere di nascondermi, e magari invitare qualcuno senza provare vergogna o dovermi quasi giustificare». Osserva le crepe che corrono lungo le pareti, poi posa gli occhi sul serbatoio piazzato sopra il tetto: «Lo riempio con i secchi, a volte mi aiuta qualcuno», spiega. «Fare tutti questi scalini è dura anche senza pesi, immagini carica di acqua». Un attimo dopo torna a quei fogli, dai quali risulta assegnataria di una “casa parcheggio” in cui non può entrare: è stata messa sotto sequestro dall'autorità giudiziaria perché i precedenti assegnatari ne avevano fatto una rivendita di droga. «Mi sento presa in giro, dal Comune mi avevano assicurato che entro qualche mese sarei potuta entrare, ho persino fatto la voltura e pago regolarmente la corrente». Mostra l'ultima bolletta: ottanta euro. Al conto salato per chi come lei lavora saltuariamente si aggiunge la beffa.
Sara Marci