Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I tesori nascosti e anche poco curati

Fonte: L'Unione Sarda
23 maggio 2019


Cagliari città d'arte ma con qualche lacuna. Ovvero, monumenti dimenticati, patrimonio culturale e architettonico che rivendica urgenti interventi di tutela e restauro. Le emergenze sono distribuite a macchia di leopardo e disegnano ombre scure nella città del sole, tra i colli, il mare, la laguna e lo stagno.
L'inventario
Rita Pamela Ladogana custodisce a mente l'elenco delle pecche. Materia privilegiata per la docente che insegna Storia dell'arte contemporanea all'Università e racconta la bellezza ai suoi studenti. La lista non ha primi e tantomeno ultimi posti. È solo un inventario di manchevolezze, siano esse riferite a monumenti o a opere d'arte. Il complesso delle sculture (ex candide) di Costantino Nivola, nel palazzo del Consiglio regionale, la dice lunga sull'inquinamento da smog in via Roma. «Sarebbe opportuno ripulire le sculture, anche il graffito che riproduce il disegno che Salvatore Fancello donò all'artista di Orani, suo grande amico, per le sue nozze. Ebbene, è davvero sporco», dice Ladogana. «Per non parlare del cimitero monumentale di Bonaria, dove molte, troppe tombe di pregio, con le sculture di Giuseppe Sartorio, avrebbero necessità di un intervento. Magari neppure tanto costoso come un'adeguata pulizia. Ricordo, tra i tanti, la statua dell'avvocato Todde, il monumento a Maria Contu, la tomba del Canonico Giovanni Spano».
La necropoli
La lista nera comprende anche intere aree. Tuvixeddu occupa il vertice, almeno nelle convinzioni di Roberto Copparoni, presidente di Amici di Sardegna. «Già è anomalo il fatto che un parco archeologico venga gestito dal Verde pubblico. Molti cagliaritani ancora non sanno come raggiungere la necropoli, non esistono cartelli bilingue per i turisti e intere zone sono in abbandono. I pullman con i visitatori non possono neppure raggiungere l'ingresso di via Falzarego, mentre sarebbe naturale ricavare la “porta” principale vicino all'ex Calcidrata». Per la professoressa Ladogana, «la villa Mulas-Mameli di Tuvixeddu andrebbe recuperata». Dimora liberty costruita attorno al 1900 sui ruderi di un'antica fattoria, è ormai in precarie condizioni. Sogno infranto per gli inventori di “Monumenti aperti” che magari vorrebbero inserirla tra le mete della manifestazione nata nel 1997.
Gli albori
«Quando iniziammo a sondare il terreno, a metà degli anni Novanta, immaginando “Monumenti aperti”, ci trovammo di fronte a una sorta di tabula rasa», ricorda Massimiliano Messina, uno degli ideatori e vicepresidente di Imago Mundi. Lucchetti, catene. Monumenti iperchiusi da tanto, da sempre, quindi sconosciuti per la maggioranza dei cagliaritani. «Nella prima edizione riuscimmo a far aprire le torri di San Pancrazio e dell'Elefante. Restarono visitabili oltre i giorni della manifestazione grazie anche all'impegno dell'allora assessore Gianni Filippini. Sono di nuovo chiuse per restauro». Off limits come l'Anfiteatro, la Quarta Regia, la chiesa di San Giuseppe Calasanzio e il cisternone del parco dei Cappuccini che riforniva l'acqua all'anfiteatro.
Andrea Piras

 

«Cittadella, serve un piano»


Scoperti e riscoperti. Non solo per un giorno, per sempre. Fabio Pinna insegna Archeologia medievale all'Università e per lui l'obiettivo non è tanto la riapertura più o meno stabile di un singolo monumento quanto la riappropriazione, da parte della comunità, dei suoi spazi. Anche di quelli già fruibili. Un esempio? «Penso alla Cittadella dei musei, un luogo straordinario nato da una concezione assolutamente innovativa. Si è preso un luogo storico, in passato arsenale regio, e lo si è trasformato nella cittadella museale della Sardegna».
Pinacoteca, museo archeologico ed etnografico, aule del dipartimento universitario, biblioteca di storia dell'arte: «Tutti questi spazi si affacciano sul cortile, sono una tappa fissa giornaliera eppure non viene vissuto dalla città come il polo culturale che dovrebbe essere. Ecco, si tratta di scoprire questo spazio. Occorrerebbe un piano straordinario che metta insieme le istituzioni di questo polo per farlo vivere, produrre cultura riscoprendo il suo spirito antico», conclude Fabio Pinna. (a. pi.)