Rassegna Stampa

web Cagliari Globalist

Peace Boat, a Cagliari sopravvissuti bombe atomiche 1945

Fonte: web Cagliari Globalist
11 giugno 2018

 


 

Da Ansa News -  9 giugno 2018


“Peace Boat”, l’imbarcazione con a bordo gli Hibakusha, ultimi sopravvissuti alle bombe atomiche sganciate nell’agosto del 1945 su Hiroshima e Nagasaki, ha attraccato oggi al porto di Cagliari e questo pomeriggio, nella sede del seminario arcivescovile, hanno raccontato le loro testimonianze. Koji Ueda è uno dei sopravvissuti: quando gli americani lanciarono la bomba atomica su Hiroshima, aveva tre anni.

Del 6 agosto del 1945 non ricorda nulla. Ma quello che accadde glielo hanno detto mille volte: “Ero con mia zia che mi stava leggendo un libro vicino al fiume – ha raccontato questo pomeriggio a Cagliari nel corso dell’iniziativa promossa anche in Sardegna da Peace Boat – si sentì improvvisamente un forte boato accompagnato da una grande luce. Uno dei rilevatori delle radiazioni lanciato contemporaneamente alla bomba con i paracadute passò sopra le nostre teste. E tutti ricordano che io ho urlato: la luna, la luna. Il rilevatore era infatti una sfera dalla forma simile al nostro satellite”.

Ueda è rimasto esposto alle radiazioni solo successivamente quando con la madre è tornato in città a vedere che cosa fosse successo alla loro casa. “Ho vissuto un’infanzia e un’adolescenza tranquille – ha spiegato – mi ricordo però che tanti miei compagni avevano ustioni in diverse parti del corpo. Ma noi non ci facevamo caso, era la normalità”. Kaoru Shinagawa, 68 anni, appartiene alla seconda generazione di sopravvissuti: sua madre però visse l’esperienza della bomba atomica mentre stava lavorando in uno stabilimento di trasformazione del tabacco a due chilometri dall’ipocentro. Ora, da volontario, accoglie studenti e turisti al parco e al museo della pace di Hiroshima. “Mi chiedono – ha raccontato- ma siamo sicuri che non ci siano più le radiazioni? Io rispondo che sulla base degli studi scientifici non ci sono più. Ma mi guardano come se non mi credessero: i loro visi sembrano preoccupati”.