Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La statua di Santa Rita torna nella chiesa di Sant'Agostino

Fonte: L'Unione Sarda
22 maggio 2018

L'opera del '600 è stata riacquistata quattro anni fa e restaurata

 

 

 

 

 

Santa Rita torna a casa. Dopo anni di esilio in un'abitazione privata, la statua che rappresenta la monaca umbra ha ripreso il suo posto, davanti all'altare della chiesa di Sant'Agostino. Un ritorno a casa dal momento che Margherita Lotti (questo il nome della santa prima di prendere i voti) apparteneva all'ordine agostiniano.
La statua, probabilmente realizzata intorno alla prima metà del Seicento da maestranze popolari di scuola sarda, è stata riportata nella chiesa della Marina, tra via Baylle e il largo Carlo Felice, dopo un lungo lavoro di restauro: era stata riacquistata dalla parrocchia quattro anni fa con tremila euro; poi era stata affidata per il restauro a una ditta specializzata di Quartucciu. Sono stati necessari altri duemilacinquento euro ma, finalmente, il simulacro è stata restituito ai cagliaritani (e anche ai turisti: ieri in tanti si sono soffermati davanti alla statua).
Un ritorno che ha anche un valore simbolico: segna, probabilmente, la rinascita di una chiesa importante anche dal punto di vista storico. Sant'Agostino rappresenta uno dei rari esemplari di architettura ispirata ai canoni rinascimentali presenti in Sardegna. Eppure, negli anni, ha vissuto vicissitudini alterne: la chiesa gotica fu realizzata nel XIV secolo, dove prima sorgeva il tempio dedicato a San Leonardo di Bagnaria. Prendeva il posto della chiesa e del convento che sorgevano dove adesso c'è palazzo Accardo.
Per secoli è stato un punto di riferimento dei fedeli cagliaritani, sino a metà del XIX secolo quando la legge Siccardi abolì gli ordini religiosi e la chiesa e il convento passarono allo Stato e, poi, al Comune di Cagliari. Fu usato anche come sede dell'asilo della Marina (quello in cui operò suor Nicoli). In seguito, il convento fu demolito per fare posto alla sede della Banca d'Italia e, solo nel 1923, la chiesa tornò a essere parrocchia. Ma, dopo i bombardamenti del 1943 che provocarono danni non gravi, la chiesa fu abbandonata e cadde in rovina. Addirittura, veniva utilizzata come oratorio e come campo di pallavolo.
Ed è stato proprio in questi lunghi anni di abbandono che la chiesa è stata “cannibalizzata”: tanti pezzi di pregio sono misteriosamente scomparsi. È sparito, per esempio, il retablo ligneo posizionato nella navata destra. Una scomparsa recente dal momento che, nel 1967, l'arcivescovo di allora, Paolo Botto, scrisse al Comune per chiedere aiuto per il restauro. Probabilmente, la statua riportata ieri a Sant'Agostino è sparita in quello stesso periodo. Non a caso, il parroco don Vincenzo Fois lancia un appello ai privati per riportare gli oggetti spariti dalla chiesa.
La statua tornata ieri a Sant'Agostino ha un forte valore simbolico per i fedeli. Il culto di Santa Rita è, tutto sommato, recente: salì agli onori degli altari solo intorno al 1900 con papa Leone XIII ma il culto della “santa degli impossibili” (così fu definita per l'alto numero di miracoli a lei attribuiti) si era già diffuso già nel 1628 quando fu beatificata. E la statua risale proprio a quegli anni.
Riportata a “casa” la statua di Santa Rita, ora la chiesa di Sant'Agostino sta cercando di riottenere tutti quei tesori d'arte che, per una ragione o per l'altra, sono spariti nel corso dei secoli. Sforzo inutile, in alcuni casi: è probabile che gli oggetti lignei che facevano parte del trittico scomparso facciano ormai parte di qualche portone o di qualche baldacchino. Ma c'è anche la vicenda della statua di Santa Rita realizzata dallo scultore di Senorbì Giuseppe Antonio Lonis (quello a cui è attribuita anche una delle statue di Sant'Efisio conservate nella chiesa omonima: il simulacro che non “esce” il 1° maggio ma quello che, vestito a lutto, fa il “giro delle sette chiese” il Giovedì santo): nel periodo in cui la chiesa di Sant'Agostino non era aperta al culto, fu portata nella vicina chiesa di Sant'Eulalia per consentire ai fedeli di rivolgersi a lei. E da allora non è più tornata nel tempio tra via Baylle e il largo Carlo Felice.
Marcello Cocco