Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Lawrence il viaggiatore: «Dorata e nuda, ecco Cagliari»

Fonte: L'Unione Sarda
26 marzo 2018

“LEZIONE DI STORIA”. Ieri al Teatro Massimo di Cagliari l'ultimo appuntamento di Laterza 

 

E improvvisamente «ecco Cagliari: una città che si alza ripida, ripida, dorata, accatastata nuda verso il cielo dalla pianura all'inizio della profonda baia senza forme. È strana e piuttosto sorprendente, per nulla somigliante all'Italia».
È la Cagliari che D. H. Lawrence rievoca nel suo celebre libro di viaggio “Mare e Sardegna”, che uscì a New York, nel 1921, con le illustrazioni originali Jan Juta. Un libro curato, nell'edizione Ilisso, da Luciano Marrocu, docente di Storia contemporanea all'Università di Cagliari.
Al grande scrittore inglese Marrocu ha dedicato l'ultima lezione di storia - “L'inquietudine. D. H. Lawrence in Sardegna” - del ciclo organizzato dall'editore Laterza in collaborazione con Sardegna Teatro e l'Unione Sarda, attorno al tema del viaggio. E anche ieri mattina, nonostante la pioggia, un pubblico numeroso si è ritrovato al Teatro Massimo di Cagliari per assistere a una narrazione capace di intrattenere e informare allo stesso tempo (un format, dato il successo, che avrà un seguito in autunno).
Lawrence (1885-1930), interprete di un modernismo letterario meno rivoluzionario, sul piano formale, rispetto a quello di James Joyce o di Virginia Woolf, non fu meno profondo nell'indagare i recessi dell'animo umano. Figlio di un minatore e di una maestra elementare, di saluto cagionevole (a lungo affetto da tubercolosi), fu attratto dai climi caldi del Mediterraneo. Giunse una prima volta in Italia nel 1912, riparò in Galles durante la Grande guerra, ritornò nel 1919 per rimanervi due anni, accompagnato dalla moglie, di sei anni più grande e di forte temperamento, Frieda von Richthofen, proveniente da una ricca famiglia dell'aristocrazia tedesca.
Firenze, Roma, Capri, Taormina e dunque la Sardegna, per nove giorni, nel gennaio del 1921 (da Cagliari giungerà a Sorgono, poi a Nuoro e a nord fino a Olbia): «la necessità di viaggiare innervava la sua scrittura creando un binomio inscindibile». Segnato dagli anni della guerra, in polemica con l'omogeneizzazione dei costumi imposta dalla civiltà europea, a scapito della naturalezza dell'uomo, cercava in Sardegna «colori, gesti, modi di vivere, punti di vista che fossero espressione di un'identità ancora integra».
Forse si trattava di desideri utopici; a un amico scrisse che «viaggiare è una splendida lezione di disillusione».
Luca Mirarchi