Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Ma Punici e Fenici non sono nè di destra nè di sinistra»

Fonte: La Nuova Sardegna
3 luglio 2009

VENERDÌ, 03 LUGLIO 2009

Pagina 1 - Cagliari

L’APPELLO 





di Giorgio Todde
Fallito il tentativo da parte di due ostili senatori isolani del Pdl di respingerlo come i mori dalle nostre coste, l’onorevole Fabio Granata del Pdl racconterà oggi la propria idea di tutela della necropoli di Tuvixeddu i cui utenti fenici, punici e romani si ritrovano oggi divisi in due gruppi. Da una parte i più previdenti, sepolti dentro l’area del vincolo archeologico. Dall’altra i più imprudenti, seppelliti una seconda volta dal cemento perché si sono intestarditi nel farsi tumulare fuori da ogni vincolo. Di questi nostri antenati ce n’è poi qualche migliaio spazzato via da un’incivile attività di cava durata sino al 1970. Ci auguriamo che Granata convinca i costruttori e i sostenitori del progetto di un nuovo quartiere a Tuvixeddu, gli architetti che hanno previsto giardinetti e papere a dondolo dove i bambini guarderebbero felici i sepolcri, gli insensibili che vedono nella necropoli solo buchi nel calcare, gli amministratori che considerano più importante far passare un poco di automobili nel canyon piuttosto che conservare il colle com’è, che li convinca del fatto che punici e fenici non erano di destra o di sinistra. Che essi reclamano solo la conservazione della memoria e il rispetto dovuto ai defunti. Che il colle è, appunto, un colle, cioè ununità naturale con una sua flora e una fauna che chiunque vorrebbe nella propria città. Che la poltiglia urbana sorta intorno a Tuvixeddu è disonorevole. Che un accordo di programma non è una sacra scrittura, soprattutto di fronte a 1166 nuove sepolture. Che la nostra città guadagnerebbe nella considerazione generale del Paese se conservasse integri il colle e la necropoli. Che una parte grande del colle non è studiata dagli archeologi. Che un’area funeraria non può essere anche un parco giochi per lo stesso motivo per il quale in camposanto non troviamo giostre e papere a dondolo. Che un cimitero non è uno spartitraffico o uno svincolo. Che la città e il colle non si devono adattare al traffico e che, al contrario, è il traffico che si deve adattare alla città e al colle. Che la necropoli non finisce dove finiscono i sepolcri così come la reggia di Barumini non finisce dove terminano le pietre nuragiche. Che la nostra comunità, insistendo in questa visione immobiliare delle cose, diverrebbe malinconicamente nota al mondo per l’amnesia, ricercata e ambita, di un passato che non è solo suo.