Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il rudere sul colle di Bonaria

Fonte: L'Unione Sarda
29 gennaio 2018

La battaglia di un manager di Formula 1 e della moglie contro i vincoli della Sovrintendenza

 

 

 

Erbacce e rifiuti nell'area dove sarebbe dovuto sorgere un palazzo 

 

 

«Topi grandi come conigli, erbacce e una marea di rifiuti». L'area di via Milano dove sarebbe dovuta sorgere una palazzina a tre piani è diventata una discarica abusiva recintata. Da tre anni i sogni di Patrick Head e della moglie cagliaritana Monica Colombelli si infrangono contro una sentenza del Tar che ha confermato il vincolo archeologico imposto dalla Sovrintendenza. Haed, ingegnere inglese top manager della scuderia di Formula 1 Williams, non potrà costruire: nel suo terreno ci sono i resti del famoso Castel de Bon Ayre , la fortezza aragonese costruita nel 1300 durante la guerra con i pisani e sino ad ora citata solo nei documenti storici. Sulla vicenda pende il ricorso presentato al Consiglio di Stato.
LO SCONCIO La staccionata di fronte alla basilica di Bonaria è piacevole come la sabbia negli occhi. Riesce a malapena a nascondere il degrado di uno spazio nel punto più bello della città. È sufficiente affacciarsi nella rete deformata di quello che doveva essere il passo carrabile, per scoprire una discarica a cielo aperto. Bottiglie, resti di impalcature, cartacce e un bosco di erbacce che spuntano dalle “numerose strutture murarie - scrivono i giudici nella sentenza - pertinenti ad almeno 8 ambienti di uno o più edifici (per una superficie di oltre 200 metri quadrati), che hanno consentito di svelare la presenza sul sito di una porzione del Castel de Bon Ayre”. «È uno sconcio, è tutto abbandonato da tre anni», afferma Paolo Vagnozzi, titolare dell'edicola con affaccio sui ruderi. «Sapevamo da tempo che in questa zona ci sono rovine. I ritrovamenti sono stati molteplici, ma prima non si andava per il sottile. Solo uno straniero poteva acquistare un'area con l'obiettivo di realizzare una costruzione». Firas Mothadi, 35 anni siriano, vive nella palazzina adiacente all'area vincolata. «Se non si può costruire il palazzo che almeno facciano qualcosa di utile». Proposte? «Sarebbe bello se realizzassero un parco giochi per bambini e un'area riservata ai cani».
Nazzaro Limoncelli, 92 anni di Benevento da mezzo secolo a Cagliari, abita a due passi dal cantiere bloccato. «Ho visto topi grandi quanto conigli che si arrampicavano sui muri e sulla recinzione. Quell'area non può rimanere così. Se non si può costruire, è necessario sistemarla, liberarla dai rifiuti e metterla a disposizione del quartiere». Dalle finestre del Bar Cafè dove Simone Giagoni, 28 anni, fa il barista, si può ammirare tutto il degrado. «Quando piove gli scavi si trasformano in piscine di acqua stagnante. La mia titolare ha chiamato il Comune decine di volte per segnalare il degrado, ma non si è mai visto nessuno».
I SOGNI INFRANTI «Questo è quello che hanno voluto, pur di accelerare le pratiche abbiamo messo di tasca 60 mila euro per gli scavi eseguiti dalla Sovrintendenza»: Monica Colombelli alterna momenti di sconforto ad altri di esaltazione. «Il cantiere bloccato è la conseguenza di una mancanza di professionalità e di una politica che mette i bastoni tra le ruote». Se il Consiglio di Stato dovesse confermare la sentenza del Tar, esiste un piano B? «In queste condizioni non si possono programmare alternative. I tempi della burocrazia sono troppo lunghi». Bandiera bianca? «No, abbiamo investito capitali importanti per realizzare una palazzina di 3 piani, da 45 metri quadri ciascuno. Per ora soldi buttati tra le erbacce. I nostri tecnici hanno fatto ricerche dalle quali non risulta quello che sostiene la Sovrintendenza».
Luca Sanna ha seguito la pratica sino all'ottenimento della concessione edilizia. «I ritrovamenti risalgono al 1300 e secondo noi non è corretto il vincolo archeologico che impone molte restrizioni e obblighi. Per quel muro sarebbe dovuto essere imposto al massimo un vincolo storico-architettonico».
Andrea Artizzu