Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Difficoltà»

Fonte: L'Unione Sarda
25 luglio 2017

L'ASSESSORE. Non ci sono più posti

 

Accoglienza al collasso 

 

 

Al collasso. Il centro d'accoglienza per senzatetto in viale San Vincenzo è tutto esaurito: per il Comune è un momento complicato. «I 110 posti sono attualmente tutti occupati, siamo in grossa difficoltà», l'assessore comunale ai Servizi sociali Ferdinando Secchi ha ben chiara la situazione.
I DATI «Quest'anno, oltre all'incremento che si registra tutte le estati, ne abbiamo avuto un altro del tutto imprevisto». Il dato sulle presenze in città si attesta sul centinaio. «Ma non significa che siano sempre gli stessi».
L'esponente della Giunta Zedda è chiamato a gestire una rete di associazioni generose che lavorano per assistere chi non ha o non vuole una casa in cui tornare. «Perché - sottolinea - in alcuni casi ci troviamo dinanzi a persone che hanno fatto una scelta di vita e rifiutano anche un posto in una struttura. La ragione è semplice: non sono pronti a sottostare a delle regole che, in un contesto simile, sono necessarie per consentire la convivenza di molte persone». L'altra ragione è che «molti hanno dei cani che non sono accettati nelle strutture di accoglienza e, dunque, preferiscono dormire all'aperto».
Ogni stagione presenta un'emergenza nuova. Mentre all'inizio di gennaio l'amministrazione aveva dovuto predisporre un piano straordinario per garantire un rifugio nelle notti del grande freddo, d'estate è necessario fronteggiare un numero sempre crescente di persone bisognose d'aiuto. «Molti senzatetto non sono di Cagliari ma scelgono di venire in città sia per una questione climatica sia per usufruire dei servizi che sono a disposizione di tutti».
SERVIZI Ospedali, mense e un'assistenza, per così dire, a domicilio. «Il Comune si affida all'Unità di strada che ogni sera con un camper porta pasti caldi, vestiti e una parola di conforto a chi ne ha bisogno». Fondamentale anche l'assistenza sanitaria. «Molti gli enti e le associazioni impegnate in questo settore. Penso alla Asl e alla Croce Rossa che eseguono controlli quotidiani nei luoghi-dormitorio, alla Caritas e molti altri come la comunità Aquilone di don Carlo Follesa».
«Di sicuro la situazione più critica è quella del Banco di Sardegna dove ultimamente si sono aggiunti alcuni migranti che pur essendo registrati in altri comuni dell'Isola poi decidono di vivere qui. Non più di un mese fa siamo intervenuti per bonificare l'area, interventi necessari a garantire condizioni igienico sanitarie dignitose per tutti».
M. C.

LA STORIA. Un passato da calciatore, poi la droga, il carcere e la vita da strada

 

«Vorrei ricominciare daccapo e fare l'autista»

 

 

Ha vissuto tante vite quanti sono i posti in cui ha dormito.
Calciatore in erba, barista, tassista, figlio, marito, padre. Marco Todde ha 49 anni e ne dimostra molti, troppi di più. Vive sotto i portici del Banco di Sardegna con due coperte, un pacchetto aperto di Oro Saiwa, il bricchetto di latte Arborea e la compagnia di una radiolina accanto al cuscino. Promette che resterà qui ancora per poco. È una mattina afosa di luglio e per rinfrescarsi si affida ai rapporti di buon vicinato costruiti negli anni. «Al bar qui davanti sono gentilissimi, io in bagno vado lì e per il resto mi tengo sempre le bottiglie d'acqua piene». Il berretto militare calcato sul viso scuro e il sorriso ingenuo che si apre sulla barba grigia.
UNA VITA FA «Quando ero ragazzino giocavo a calcio con Zola a Nuoro, poi lui l'ha preso la Torres e io sono andato all'Isilese. Ma erano sempre otto-novecento mila lire. Ora sono qui». Per nulla paziente, ha preferito lasciare lo sterrato dei campi di periferia e trasferirsi a Cagliari per lavorare con il fratello in un bar. «Ci sono rimasto per undici anni, e poi». E poi è venuta la droga, un matrimonio finito troppo in fretta, un figlio che non vede da tre anni, la denuncia per stalking e il carcere. «Dopo i domiciliari a casa di mio babbo e mia mamma mi hanno mandato in comunità. Era come una famiglia»: gli occhi di un colore indefinito si illuminano di nostalgia. «Accompagnavo i miei compagni a prendere il metadone al Serd. Praticamente facevo il tassista».
I PROGETTI Ed è da qui che Marco vorrebbe ripartire. «Io ho due macchine e vorrei fare l'autista personale come facevo prima quando lavoravo tra l'Ogliastra e Nuoro. Mi invitavano anche a pranzo. Voglio riprendere da lì». Per ora, però, tra i cartoni di via Diaz bisogna guardarsi le spalle. «Lo vedi quello lì? Quello lì è uno cattivo. È uno violento. Ma qui non ci viene, qui non si avvicina. Non può», il braccio si allunga a indicare un ragazzo oltre la scalinata che conduce agli uffici del Banco e mostra una cicatrice profonda.
COSA SERVE «Mi sono bruciato da solo ma ora sto bene. Quello che servirebbe per stare meglio è qualche vestito, ma ci aiutano in tanti, ogni sera vengono a portarci la cena e controllare come stiamo. E non sono solo, c'è Amhid che è come un fratello, un fratello di strada». In via Diaz si va avanti così, in attesa che un'altra vita abbia inizio. ( m. c. )