Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cumuli di rifiuti dietro il “Civile” Parte dell'area è recintata, il resto è nascosto ma accessibil

Fonte: L'Unione Sarda
11 aprile 2017

Vicino alle camere mortuarie spazzatura e ingombranti aspettano di essere ritirati

Cumuli di rifiuti dietro il “Civile” Parte dell'area è recintata, il resto è nascosto ma accessibile 


Il riordino della Sanità non sembra contemplare gli spazi esterni. O perlomeno, non all'Ospedale Civile. Basta passeggiare una mattina nel cortile per accorgersene: la scelta è ampia. Si va dal bidet in ceramica bianca - con inserti d'acciaio coperti dal calcare - a una decina d'infissi accatastati gli uni sugli altri. C'è anche lo spazio dei cartelli: si può scegliere tra gli inflazionati passi carrabili e lavori in corso , al più raro zona militare limite invalicabile . Perché lì, dove le ambulanze non osano ma cittadini e utenti arrivano, ci sono due non troppo piccoli depositi a vista. Uno è delimitato da una recinzione metallica - che comunque non nasconde lo scempio -, l'altro a portata di tutti. E a distanza ravvicinata dalle camere mortuarie.
MATTINA DI PROTESTE «È vergognoso che un ospedale sia tenuto così, non basta certo avere tutto pulito nelle corsie, anche l'esterno dovrebbe essere decoroso», commenta Anna Pili con gli occhi fissi sul deposito rifiuti lato Orto Botanico. «Certo non è un belvedere», interviene Antonio Loddo. «Di sicuro uno non si aspetterebbe mai di trovare un bidet in mezzo al cortile», osserva. «In ogni caso basterebbe poco per sbarazzare tutto, credo sia doveroso, soprattutto nei confronti degli utenti e degli stessi medici e infermieri che lavorano qui». Pochi metri più avanti, costeggiando le camere mortuarie, ecco l'angolo delle sedie: ce ne sono una ventina, in condizioni precarie, messe una sopra l'altra. Mimetizzate - con scarso successo - tra vecchie apparecchiature elettriche e una collezione d'inserti in legno o plastica. La supervisione spetta alla colonia felina domiciliata lì e ben integrata col contesto. Solo l'arrivo di un furgoncino della nettezza urbana riesce a distogliere la loro attenzione ma non a far sparire la discarica. Resta lì, intatta. E visibile a chiunque, dal momento che si trova accanto a uno dei due passaggi - obbligati - per chi va via dall'obitorio. «Personalmente ritengo sia un brutto spettacolo per tutti, oltretutto mi sembra un'evidente mancanza di rispetto nei confronti di chi viene a piangere i suoi morti», polemizza Francesca Cardia.
IL DECLINO C'è l'immagine di Sant'Efisio nella facciata dell'edificio. Sistemata tra le bandiere istituzionali e la scritta maestosa “Ospedale Civile” che ricorda i quasi due secoli di gloria, quando il San Giovanni era considerato l'ospedale dei cagliaritani e un simbolo della città. Certo, la grazia di liberare il cortile dal cumulo di rifiuti non è compito del martire guerriero, semmai della direzione sanitaria, che non rilascia dichiarazioni. Ma di partite aperte ce ne sono altre, come stabilire che fine farà la struttura realizzata nel 1844 su progetto dell'architetto Gaetano Cima. Mentre le istituzioni riflettono, il vecchio Civile ha già cambiato diverse destinazioni d'uso. A parole è diventato un grande poliambulatorio, con centro geriatrico e Casa della salute, poi un campus universitario (con biblioteca al servizio di tutte le facoltà). Nella lista delle ipotesi c'è stata anche l'idea di realizzare un albergo, un museo e un centro di aggregazione sociale. Di certo dal primo reparto trasferito al Policlinico universitario di Monserrato sono passati più di tre anni. Era il 2 dicembre 2013 quando iniziarono le operazioni di trasloco imposte dal decreto Milleproroghe. Via i reparti di Ostetricia, Ginecologia e Pediatria, seguiti il 23 luglio 2014 dalla Neurologia. Entro l'estate sarà la volta di Pronto soccorso, Cardiologia, Rianimazione ed Emodinamica. Chiuderanno Oculistica e Dermatologia, gli ultimi due reparti a lasciare l'edificio che ha scritto una storia lunga quasi duecento anni. Il resto è da stabilire ma la sorte del vecchio Marino di non fa intuire niente di buono.
Sara Marci