Rassegna Stampa

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Canile comunale di Cagliari: troppi perché e poche risposte. Ecco cosa non funziona

Fonte: web Vistanet Cagliari
7 aprile 2017


  
 


6 aprile 2017 14:00 Maria Luisa Porcella Ciusa


I cani ospitati al canile comunale di via Po sono circa 180. Possibilità che vengano adottati? Un miracolo.

Perché, per un canile comunale, oltretutto rinnovato negli uffici, sala operatoria e ambulatorio lo scorso anno, l’accesso ai volontari è sempre stato interdetto? Perché, come si fa abitualmente in altre strutture, non si organizzano appositi corsi per formare i volontari che, e qualunque gestore di rifugio privato e non, potrebbe confermarlo, se con le giuste competenze sono indispensabili in affiancamento ai professionisti? Perché il canile comunale di Cagliari non possiede una visibilità online con un sito ufficiale come la maggior parte delle strutture? Perché al suo interno, oltre a un veterinario, non c’è un educatore cinofilo? Perché una volta all’interno, non si possono fare fotografie? Perché non si può accedere a tutte le aree dove sono ospitati i cani?



È stato rinnovato l’anno scorso (leggi) nella struttura e nella dirigenza veterinaria (dal dottor Giuseppe Cosseddu alla dottoressa Giovanna Coppa) ma non sembra godere di buona salute: parliamo del canile comunale di Cagliari, sito in via Po, 57 che, al momento ospita circa 180 cani di età, tipologia, taglie e passati diversi. Vi si accede dopo aver varcato una piccola porticina ubicata in un lungo muraglione: dopo aver percorso un viale, lasciandosi sulla destra gli uffici del canile e i servizi veterinari si entra in quello che, per gli ospiti, dovrebbe essere solo un luogo di passaggio.


Oltre alle adozioni per la vita i cani possono essere affidati anche tramite l’adozione a distanza (versando un contributo mensile ci si può occupare dell’animale prescelto che, però, continuerà a soggiornare nella struttura). Da settembre dello scorso anno però qualcosa è cambiato: un nuovo regolamento prevede, precisamente al punto 5, che “il cane in affido non può sostare nelle aree verdi della struttura e deve essere obbligatoriamente portato fuori dalla struttura e riportato entro gli orari di apertura al pubblico”. Detto in parole povere il cane adottato a distanza deve per forza essere portato fuori dal canile: considerato che la maggior parte dei cani ospiti sono animali con un passato di maltrattamenti e sofferenze, sensibili ai rumori, al traffico e al chiasso e che il canile si trova non di certo in prossimità di aree verdi ma lungo uno stradone iper trafficato, perché vietare l’utilizzo delle zone di sgambamento della struttura? Gli orari di apertura sono dalle 9 alle 11.45 dal martedì al venerdì e dalle 15 alle 17 il martedì e il giovedì: ora che si avvicina la stagione calda, come fare a portare fuori alle 15 del pomeriggio (considerato che la mattina la maggior parte delle persone lavora) un cane? Qualunque proprietario o amante degli animali sa bene che l’asfalto a quell’ora è rovente, che il cane soffre il caldo come e più di noi esseri umani ma soprattutto che per quelle povere creature rinchiuse tutto il giorno quelli sono gli unici momenti per una carezza e una breve passeggiata. Cosa ne è derivato negli anni? Che le persone affidatarie a distanza si contano sulle dita di una mano, essendo molto difficile stare a quelle condizioni, quando oltretutto il sabato la struttura è chiusa.

E i volontari che fanno? Semplice: poco o niente. Il perché è uno solo. Anche loro sono praticamente inesistenti e le possibilità di accedervi ad aiutare, per chiunque, risultano nulle, nonostante le richieste. Al momento, da determinazione del dirigente preposto, l’associazione Happy Bau (dal 1 marzo 2017 al 28 febbraio 2019) è stata autorizzata a svolgere attività gratuita di toelettatura per i cani ospiti e di fornire assistenza al personale. Ma perché fino ad oggi un canile comunale non ha mai fatto entrare chi vuole dare una mano? E questa è solo una delle domande che, come evidenziato, sono davvero tante. Ma la risposte dove sono?