Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'intervista Anna Maria Montaldo vola a Milano «Sarà una sfida avvincente e impegnativa»

Fonte: L'Unione Sarda
15 febbraio 2017

L'intervista Anna Maria Montaldo vola a Milano

«Sarà una sfida avvincente impegnativa» 

U no dei musei dei quali si occuperà prestissimo, il Mudec, il Museo delle Culture a Milano, ha appena due anni di vita ed è nato tra gli scheletri dell'ex acciaieria Ansaldo. Diventando un luogo di incontro, di idee, uno spazio di nuovo vivo in un paesaggio postindustriale. «Sono convinta che un museo oggi svolga un ruolo sociale molto importante. Deve essere un punto di riferimento scientifico e divulgativo, ma anche molto altro, come saper connettere il centro con la periferia». È questa una delle bussole che Anna Maria Montaldo, appena nominata direttrice del Polo d'Arte moderna e contemporanea di Milano metterà in valigia, lasciando Cagliari, la città dove è nata 62 anni fa e dove ha diretto la rete dei musei civici. È la seconda cagliaritana, con lei Cristiana Collu, direttrice prima del Mart di Rovereto e ora della Gnam di Roma, a lasciare l'Isola per affascinanti avventure culturali dall'altra parte del mare.
Come è maturata questa decisione di guardare oltre Cagliari?
«Ho partecipato al concorso del Comune di Milano per curiosità, ovviamente per interesse, ma senza patemi d'animo. I competitor erano tanti e di livello. È stata una bella sorpresa ricevere la comunicazione della mia vittoria, ma so bene di aver presentato un profilo competitivo e coerente con ciò che si chiedeva».
E ora che si spalanca una nuova stagione quali sono i suoi sentimenti?
«Molto gratificata e molto onorata. Ma sarei un'incosciente se non dicessi anche che sarà una sfida avvincente, difficile, oltre che un impegno logistico non indifferente. Mi occuperò di tre musei civici, il Museo del Novecento, la Gam-Galleria d'arte Moderna e il Mudec, Museo delle Culture, l'ultimo nato a Milano. Sarà un lavoro complesso, un nuovo orizzonte da scoprire».
Restiamo a Cagliari. Qual è stato il progetto che più l'ha appassionata in questi anni di lavoro?
«Dal punto di vista museale la creazione del sistema dei musei civici - Galleria Comunale, Palazzo di Città, Search, Cardu - e la recente apertura del Cartec, la cava d'arte contemporanea, uno spazio straordinario felicemente recuperato, l'impegno nell'arte pubblica. L'acquisizione della collezione Ingrao. Sono tutte state sfide professionali importanti. Ma è il lavoro nel suo complesso ad avere un gran valore».
Collezione Ingrao e Galleria comunale. Una critica che a questo proposito le muovono è che la collezione abbia nei fatti “occupato” la Galleria, facendo da barriera alla contemporaneità. Un varco è stato riaperto la scorsa estate con “Percorsinterrotti”, la bella mostra di Rosanna Rossi.
«Strada facendo alcune cose sono cambiate, abbiamo cercato di esplorare altri modi di proporre arte. È stata aperta una nuova ala del museo, il Cartec, e artisti sardi sono stati valorizzati. È vero, la collezione Ingrao ha occupato tante sale, ma è una collezione importantissima. Diciamo che, un po' costretti dalla logistica abbiamo fatto sperimentazioni interessanti, innovative, scoprendo e apprezzando l'inaspettato dialogo tra le mostre temporanee e la collezione permanente. Le cose vanno osservate da tanti punti di vista. La riapertura di Palazzo di Città ci ha consentito di ospitare diverse esposizioni. Sicuramente sono stati fatti anche errori, ma abbiamo sempre lavorato e lavorato sodo, e ciò che mi rende più felice è che alla fine il lavoro paga».
Ha diretto una rete di spazi per l'arte. Qual è la sua idea di museo?
«Sono convinta che il museo abbia un ruolo sociale importante nel territorio. È necessario aprirsi. Lo abbiamo fatto con il progetto Sant'Elia dell'artista Marinella Senatore, con le foto di Vanessa Winship e George Georgiou in This Is Mirrionis, per fare degli esempi. Lo facciamo ora con un progetto su Gramsci. Un artista come Cristian Chironi ha costruito un lavoro imprescindibile come la ricostruzione della memoria di Cagliari. Ecco, io credo che un museo debba essere un punto di riferimento scientifico e divulgativo, ma anche molto altro, connettere il centro con la periferia. Questo fa un museo contemporaneo, oggi».
Guardando indietro all'esperienza di Cagliari Capitale della Cultura rifarebbe ciò che ha fatto, farebbe cose diverse?
«Giudico l'esperienza di Cagliari Capitale estremamente positiva per la città e per il suo tessuto culturale. Non ero sola e condivido questi meriti con altre persone».
Eppure una critica che viene fatta è quella di aver avuto più occhi per gli esterni e minore attenzione per gli artisti di casa…
«Indubbiamente un limite di quella esperienza ultra positiva è il mancato coinvolgimento di tanti artisti indipendenti. Siamo riusciti a farlo con danza e teatro - perché ci sono associazioni che li rappresentano - meno le arti visive».
Il progetto Gramsci copre quel vuoto?
«È una chiamata alle armi. Un modo per far uscire allo scoperto artisti e curatori indipendenti che hanno più difficoltà a partecipare a un bando. La figura dell'artista solitario è meravigliosa, ma oggi è una parte complicata da sostenere. Il progetto Gramsci (finanziato dal Comune con 20 mila euro) è un bellissimo tentativo, una bellissima vettura sulla quale salire. Purtroppo non sarò più io a seguirlo, ma come museo abbiamo fatto una scelta di campo importante. È davvero un'azione energica, una mano tesa».
Caterina Pinna