Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«I costi folli dell'allerta meteo»

Fonte: L'Unione Sarda
26 gennaio 2017

I sindaci fanno i conti in tasca al dispositivo delle emergenze: sono troppi gli allarmi a vuoto

 

Maltempo, opposizione all'attacco: l'assessore Spano si dimetta

Ogni volta si muove un esercito, che va pagato sempre. Anche se dal cielo non scende nemmeno una goccia d'acqua. Per un fine settimana di lavoro un Coc - centro operativo comunale - può costare decine di migliaia di euro. Da moltiplicare per tutti i paesi coinvolti dagli allarmi della Protezione civile. «I costi sono altissimi e molto spesso capita che le previsioni non siano rispettate. Ultimamente la maggior parte dei codici arancioni o rossi erano inesistenti, eppure le persone convocate per l'emergenza devono stare nei centri per intere giornate», racconta Giuseppe Fasolino, sindaco di Golfo Aranci. Queste e altre storture hanno portato l'intera opposizione in Consiglio regionale a chiedere le dimissioni dell'assessore all'Ambiente Donatella Spano. Sull'argomento, nessun commento da parte della diretta interessata, ieri impegnata a Roma, né da parte della maggioranza.
LA COMPOSIZIONE Dei Coc, convocati quando vengono previsti i due gradi più alti di rischio idrogeologico - ma la decisione è lasciata al piano operativo dei singoli comuni - fanno parte almeno dieci persone. A parte il sindaco, che assume le funzioni di presidente, affiancato da un vice in grado di sostituirlo, nella squadra entrano almeno nove figure. Ma possono essere anche di più. Chi si occupa della pianificazione delle azioni, chi del coordinamento degli eventuali soccorsi, chi pensa ai mezzi e ai volontari. Per ognuno di questi compiti c'è un titolare, ma vengono coinvolte anche due o tre persone, per avere un ricambio nel caso l'emergenza si prolunghi.
L'ESERCITO DI VOLONTARI Poi ci sono le associazioni di Protezione civile, che vengono messe in preallarme. Per i comuni di media grandezza possono servire più di cento persone. «Solo per il Comune di Assemini vengono contattate cinque associazioni. Ognuna di queste può contare dai dieci ai trenta uomini», calcola il sindaco Mario Puddu.
In mezzo a questi eserciti però non c'è neanche un meteorologo, perché nei municipi non è prevista nessuna figura del genere. Dunque nessuno è in grado di interpretare i bollettini che arrivano dalla protezione civile, dove ci si imbatte facilmente in espressioni come «minimo barico» o «cumulati molto elevati», spesso incomprensibili al lettore medio.
«SISTEMA DA RIVEDERE» Anche per questi motivi, «il sistema della protezione civile è da rivedere completamente», propone Andrea Soddu, sindaco di Nuoro e presidente del Cal (consiglio delle autonomie locali). Il nodo più grande riguarda i soldi. «L'attuale assetto contiene una contraddizione. Le funzioni sono tutte in mano ai primi cittadini, ma le risorse sono a favore dei centri regionali. In questo modo tutto grava sulle amministrazioni, mentre negli ultimi dieci anni è stato speso un miliardo di euro per le protezioni civili di tutta Italia», spiega Soddu.
Sull'argomento c'è un accordo trasversale, senza distinzioni di partito. Il pensiero comune è: dateci i soldi e pensiamo noi ad organizzare una protezione civile per ogni paese.
I COMUNI BATTONO CASSA «Con più soldi e più uomini a disposizione possiamo farlo, ma in queste condizioni sarebbe impossibile», taglia corto Mario Puddu. Alle poche risorse a disposizione si aggiungono i Patti di stabilità e le regole contabili, che non sempre favoriscono la gestione delle emergenze: «Per il Coc di Golfo Aranci abbiamo dovuto comprare da poco un gruppo elettrogeno da usare nel caso non ci sia corrente elettrica», riferisce il sindaco Fasolino, «e stando alle regole che ingessano i bilanci non avremmo potuto pagarlo. Mi sono dovuto assumere la responsabilità di farlo lo stesso. Avete capito in quali condizioni lavoriamo?».
Michele Ruffi