Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Andrea Ibba Monni «Vi racconto tutta la verità»

Fonte: L'Unione Sarda
5 gennaio 2017

 

 

« S ono venuto per presentare Ibba Monni, invece è venuto fuori Andrea».
Andrea Ibba Monni è un artista cagliaritano di trentatré anni, ma in realtà sono due. Anzi, sono tanti: come Fernando Pessoa, alias Alvaro de Campos, o Ricardo Reis, l'uomo inquieto racchiude una molteplicità senza fine.
È un drammaturgo, un regista, uno sceneggiatore e un attore. È il personaggio che “deve morire”, come recita la maglietta che spesso indossa.
«Deve morire», dice di sé in terza persona, «per affrontare questo brutto mondo che gli ha riservato un abbandono: quello dei genitori. Io vivo il presente tramite un personaggio, e questo personaggio un po' lo odio. Per questo deve morire: solo morendo può rinascere».
Poi c'è Andrea, il fanciullo pascoliano che scalpita. «Il ragazzo timido e chiuso, quello che viene fuori da “Cuore di tenebra”, quello che fa commuovere e che fa piangere. Le tenebre sono le ferite, buie come tutto ciò che non è illuminato. Tenebre sono la distanza e la morte, come quella della mia amata nonna, avvenuta quando avevo tredici anni».
Ma chi è davvero Andrea Ibba Monni? Un provocatore, un regista, un produttore, un geniale autore teatrale? «Tecnicamente sono un teatrante», dice, «e rivendico con orgoglio questo ruolo, seppure per troppo tempo in Italia teatro abbia voluto dire lavoro sporco, mestiere per puttane e scapestrati».
Superiori all'Istituto Nautico, il sogno di diventare giornalista. Un'adolescenza ciancicata a «ingozzarmi a pane e tv spazzatura, nel solco del medioevo del berlusconismo». Il primo testo vivo, la prima vampa, è un tema che è al contempo un'iperbole e un chiasmo: “Lettera a un bambino mai nato”. Poi l'illuminazione: il primo libro sul comò, “Il deserto dei Tartari”, Dino Buzzati. Tutto è una conseguenza: il tentativo di bussare alla porta delle cose, aspettando che le cose rispondano, la politica, l'iscrizione a Scienze Politiche, l'amore per l'Oriana superstar. La tesi di laurea è una sineddoche: “Troia brucia? I musulmani di Oriana Fallaci”. «La Fallaci usa la spada dell'Islam per mettere sotto accusa noi occidentali: ci accusa di essere diventati terribilmente ignoranti, di scambiare la libertà con la licenza».
Subito dopo, arriva il teatro. Una passione sbocciata presto, come fuoco sotto la cenere. «C'era allora il Teatro Studio, molti spettacoli in giro per la Sardegna ma soprattutto a Cagliari. Io ero piccolo piccolo e seguivo le prove. Per un colpo di fortuna Enzo Parodo - a cui devo moltissimo - mi gettò nella mischia. “Sei sempre in mezzo, prova a fare l'assistente alla regia”. «Ero in ballo, ma volevo recitare. Quattro anni dopo un altro colpo di fortuna, un attore si sentì male, mi fece esordire con il “Pinocchio di Collodi”».
Nascono i primi spettacoli. L'incontro della vita, «ancora fortuito e fondamentale», è con Ga', l'omologo dall'«energia particolare e potente». Dieci anni a luglio di una lunga collaborazione. Il sogno di rimettere in piedi il Baratto teatrale dell'Odin.
Fondano il teatro Ferai, e questa è già storia. «Ferai non è un teatro, non è un luogo fisico, il teatro è il luogo in cui noi stiamo in scena». Tecnicamente si chiama teatro-off, un'idea ripresa dai fantastici anni Sessanta. Il palcoscenico diventa «un atto politico». Come la Fallaci, Ibba Monni vuole scuotere le coscienze. Ferai per primo in Sardegna mette in scena “I monologhi della vagina”. Ferai presenta “Snuff, pornografia allo stato impuro”, delirio sulla post verità che si domanda cosa saremmo disposti a fare, per diventare famosi.
Poi arriva il 2016, che si fa tragico, come per tutti gli artisti. La compagnia mette in scena “Voci in una luce accecante”: un atto d'accusa feroce al mondo del teatro cagliaritano. Arrivano tre denunce, gli agenti della Municipale, la Asl, perfino i Vigili del fuoco: il teatro di via Eroi d'Italia a Pirri si ferma. Tanto spavento e un nulla di fatto, «solo un gesto nato dalle invidie dell'ambiente, a conti fatti». Il gruppo riparte, questa volta da un posto «ancora più bello: in via Dolcetta a Cagliari».
Così domenica 15 gennaio, al Piccolo Auditorim, Ferai apre la nuova stagione con due spettacoli (biglietto singolo 10 euro, costo per i due blocchi 15 euro). Il primo, “Cuore di tenebra” (ore 19) racconta «l'esigenza di trasformare la bruttezza della vita in qualcosa di bello». Lo spettacolo, «vietato ai minori di 18 anni perché recitiamo anche nudi ma soprattutto per la cruda rappresentazione della realtà delle cose: parole e concetti senza patine». Alle ore 21 un nuovo lavoro, “Carne”.
«Non ho nulla da perdere perché non ho più una famiglia: il mio teatro è proprio questo, ed è tutto. Qualcosa che dice la verità». E la verità, «è il coraggio di vivere: perché per stare al mondo ce ne vuole tanto».
Guido Garau