Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La storia inghiottita nel suk

Fonte: L'Unione Sarda
14 dicembre 2016

Alla Marina prevalgono gli orientali, in via Manno e via Garibaldi trionfa il franchising

 

Un percorso tra i negozi che resistono all'invasione straniera

 

 

Nel dedalo della Marina, tra Kebab-Pizza, Suq, Bazar, Lounge Bar e Coffée Shop, Al Anni e Madina, giusto per citare i nomi di qualche attività, trovare un negozio normale, cioè non contaminato dall'invasione straniera o da banali anglicismi, è davvero un'impresa. Ci si perde tra i vari buchi dove vendono oggettistica africana e cingalese o capi d'abbigliamento orientale da due soldi, tra bar dall'aspetto ambulatoriale e ristoranti e trattorie che compaiono all'improvviso, quasi non ce ne fossero a sufficienza.
IL GRAN BAZAR Così, in questo guazzabuglio, l'Armeria Grassi di via Baylle, che nella sua insegna riporta l'anno di nascita (il 1923), sembra quasi un ologramma. E rincuora scoprire che il ristorante e l'hotel Italia sono sempre lì, in via Sardegna, dal lontano 1921. Che nella stessa strada la trattoria Lillicu ha 78 anni di vita e non sembra essere in disarmo. Ma ormai, inevitabilmente, la trasformazione è avvenuta e con essa, piano piano, la disgregazione di quella piccola borghesia commerciale che un tempo era il tessuto connettivo della città.
SUPERSTITI Sono rimasti in pochi a resistere anche nella parte alta del quartiere, nella via Manno - divisa tra appartenenza a Castello o a Marina - e nella via Garibaldi. La gran parte delle vetrine sono punti vendita in franchising, qualche brand di rilievo, senza neanche esagerare. Eppure, una passeggiata è sufficiente per notare Castangia 1850, il bar Tramer dal 1857, la tabaccheria Serra dal 1922, e poi le gioiellerie, Cillocco e Carta, rispettivamente dal 1927 e dal 1920 che, prima delle sedi attuali erano attive a pochi metri più di distanza.
LONGEVITÀ Non sono molti gli esercizi commerciali longevi: decessi, mancanza di eredi che proseguissero la strada intrapresa dai capostipiti e, non ultima, la grande crisi economica, li hanno ridotti a qualche decina. Una rarità, insomma, che il marchio “Negozio storico” (conferito dalla Regione e dalla Confcommercio) impreziosisce donando alle botteghe un'aura di quasi immortalità. Nell'Isola dei centenari, insomma, di duraturo c'è anche altro.
Vito Fiori