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Sant'Efisio tra storia e leggenda: il vero mito del martire guerriero Sant'Efisio, tra storia e leg

Fonte: web Castedduonline.it
11 aprile 2016

 

Autore: Sergio Atzeni il 10/04/2016 11:55

 

Il padre è cristiano e la madre pagana, perde in giovane età il genitore e subisce l’influenza della madre Alessandra che lo educa alla idolatria che pare non faccia presa nel giovane

La grande ricorrenza della promessa fatta dalla municipalità cagliaritana al santo, affinché  facesse  cessare  la grave epidemia di  peste, si avvicina anche quest’anno,  è  per questo che riscriviamo  la  storia del Santo, forse il più amato nell’isola,  che si sacrificò per i suoi ideali  di profondo cristiano.

La processione dedicata al santo, alla quale assistono migliaia di persone, si svolge ogni anno il primo maggio per sciogliere il voto fatto al santo  dalla municipalità cagliaritana nel 1657 per far cessare una grave epidemia di peste. Sant’Efisio operò quel miracolo da qui la processione promessa che porta la statua nel luogo del suo martirio a Nora.   

Egli nasce, forse alla metà del III secolo, a Elia Capitolina, nome imposto dall’imperatore Adriano alla città di Gerusalemme.

Il padre è cristiano e la madre pagana, perde in giovane età il genitore e subisce l’influenza della madre Alessandra che lo educa alla idolatria che pare non faccia presa nel giovane, ma la religiosità dei Romani e dei popoli a loro soggetti è superficiale e Alessandra non si preoccupa più di tanto.

Il mondo romano in quel periodo è scosso da diatribe interne e l’imperatore Diocleziano (284-305), di origine illirica, tenta di assestare lo Stato creando la Tetrarchia (nome greco che indica la divisione dell’impero in quattro zone), che prevede un metodo di governo affidato a due Augusti, uno a Occidente, uno a Oriente; alle loro dipendenze, altrettanti Cesari a cui è demandata la conduzione delle province.

Diocleziano governa la parte orientale che comprende la Tracia, l’Egitto e alcune regioni dell’Asia, Galerio è il suo Cesare; l’Occidente con l’Italia e l’Africa, è invece governato dall’altro Augusto, Massimiliano, il suo Cesare è Costanzo Cloro.

Una riforma complessa che in quel III secolo, si dimostra efficace, ma Diocleziano si propone come un monarca assoluto e tenta di imporre il culto della sua persona entrando in rotta di collisione con i cristiani che, è notorio, per il loro monoteismo escludono qualunque atto di sottomissione verso chi detiene un potere terreno. In questa situazione Diocleziano si reca a Antiochia, in quell’occasione conosce il giovane Efisio, che forse, per le pressioni della madre Alessandra, viene arruolato come ufficiale nell’esercito e inviato in Italia a combattere i cristiani.

Durante il viaggio di trasferimento, al novello ufficiale si presenta alta e splendente in cielo una Croce, accompagnata da un gran rumore di tuoni e da luci di fulmini. Efisio cade stordito e in quello stato ode la parola di Gesù Cristo che gli anticipa i suoi supplizi, le sue vittorie e la sua morte da martire, grazie alla fede cristiana che acquisterà.

Quando Efisio si ridesta dal gradevole torpore, trova impresso sul palmo della sua mano il segno della croce, allo stupore segue l’abbraccio del Cristianesimo che segnerà la sua vita.

A Gaeta viene battezzato e ormai immerso nella più profonda religiosità, decide di battersi per divulgare la sua nuova  fede e sconfiggere il paganesimo latino, per caso viene a conoscenza che in Sardegna delle tribù che vivono isolate tra i monti dell’interno, forse gli eredi dei nuragici, adorano ancora feticci e con continue scorrerie razziano e devastano i territori sotto il controllo romano.

Decide di intervenire per difendere i cristiani dell’isola dal pericolo di quelle popolazioni primitive, la sua è una crociata personale, non certo una presa di posizione a favore degli interessi del pagano impero romano, un impegno per cercare di convertire quelle genti che i latini chiamano “barbari” e la zona da loro abitata “Barbaria” da cui l’odierno nome di Barbagia.

Dopo alterne peripezie, Efisio giunge in Sardegna e spinto dalla sua immensa fede, riesce a sconfiggere i barbari delle montagne  che ritiene nemici del Cristianesimo, si stabilisce poi a Caralis e cerca di diffondere la parola di Cristo e convertire sempre più persone.

È talmente convinto del suo credo e del suo operato che non esita a scrivere all’imperatore Diocleziano e alla madre Alessandra, pregandoli di convertirsi alla religione cristiana.

Un gesto azzardato per chi come lui, ufficiale dell’esercito, conosce bene il pensiero dell’imperatore che è tutto teso ad instaurare il culto della propria personalità proponendosi al popolo come un dio da venerare: forse proprio per questo Efisio decide di convincere Diocleziano, perché vuole conquistarlo alla “vera fede”, pur avendo ben presente quali sarebbero state le conseguenze del suo gesto.

L'imperatore infatti reagisce in modo deciso impartendo precisi ordini a Iulio, delegato al governo dell’isola, di costringere l’ufficiale cristiano e tutti quelli a lui vicini già convertiti di rinnegare la loro fede e compiere sacrifici agli dei per espiare le loro colpe; ordina anche di intraprendere nell’isola una severa azione di persecuzione contro tutti coloro che professano la nuova fede.

Efisio non accetta di abiurare né di onorare gli dei romani, affrontando così terribili torture che martoriano il suo corpo.

Constatato che a nulla valgono le pene corporali, Efisio viene portato alla presenza di Iulio, il quale nota che le ferite inflitte con i supplizi, sono scomparse dal corpo del prigioniero ad opera di alcuni angeli che sono scesi dal cielo e lo hanno completamente guarito.

La notizia di questo miracolo gira per la città e molti altri si convertono al Cristianesimo, il sacrificio dell’ex ufficiale sta compiendo il miracolo di diffondere nell’isola la fede di Cristo, Iulio, cosciente della popolarità di Efisio e del cristianesimo, invita il futuro martire nel tempio pagano, forse per metterlo ancora alla prova e cercare di convincerlo a rinnegare la sua Fede: Efisio si limita a pregare e gli idoli pagani cadono a terra rompendosi in mille pezzi, così come il tempio che si riduce a un cumulo di macerie.

Iulio, a questo punto cade in preda al terrore, in quanto comprende che ciò che è avvenuto può essere opera solo di un intervento divino, e abbandona Caralis in preda alla disperazione.

Diocleziano, informato dell’accaduto invia nell’isola un nuovo governatore, Flaviano, con precise disposizioni di chiudere i conti con Efisio, che costituisce un serio pericolo per l’impero, perché il suo comportamento sta rafforzando notevolmente il Cristianesimo.

Flaviano tenta di convincere ancora una volta Efisio, senza riuscirci, nonostante nuove e più pesanti torture, e dispone per la sua condanna a morte. Mentre Efisio subisce le sue pene nella città di Cagliari, viene deciso che la sua esecuzione avvenga a Nora, questo fatto ci fa capire come il futuro martire sia ritenuto pericoloso in quanto capace di far scoppiare insurrezioni nella sua città d’adozione, dove i cristiani sono ormai numerosi e mai avrebbero sopportato passivamente il suo estremo sacrificio. Immaginiamo il trasferimento del prigioniero, di notte, lontano da occhi indiscreti e l’arrivo a Nora in gran segreto dove tutto è già pronto per l’esecuzione.

È il 15 gennaio del 303 (forse 305). Il Codice Vaticano latino dell’XI secolo, contiene la narrazione del presbitero Marco che avrebbe assistito personalmente all'esecuzione del Santo che, prima di essere decapitato, si sarebbe rivolto al Signore con una toccante preghiera.

Efisio supplica Dio di proteggere Caralis dagli attacchi di popoli nemici, chiedendogli di guarire i cittadini ammalati che si recheranno in pellegrinaggio nel luogo dove saranno sepolte le sue spoglie, di concedere quanto richiesto a tutti coloro che gli si rivolgeranno perché in difficoltà in special modo ai naviganti, agli oppressi, agli affranti e a coloro che sono colpiti dalla peste. Secondo questa testimonianza, in punto di morte Efisio dimostra il suo attaccamento alla città di Cagliari e alla sua popolazione e a tutti coloro che soffrono evidenziando le caratteristiche morali di un vero cristiano che sa di passare a una vita ultraterrena che trascorrerà nell’oasi di pace che è il Paradiso.

È difficile credere che la testimonianza di Marco sia attendibile, ma è facile ipotizzare che la leggenda di Efisio nasconda una verità storica non appurabile ma probabilmente reale.

L'apparizione poi della croce è un tema ricorrente nella nomenclatura cristiana, così come l’apparizione degli angeli o le comunicazioni di Dio alle persone prescelte e investite dalla responsabilità di propagandare il Cristianesimo e immolarsi in suo nome.

La leggenda di Efisio, serba pertanto una base di verità incontestabile, perché dopo il suo sacrificio, il popolo lo amerà sempre di più e lo invocherà in ogni situazione di necessità: se una prerogativa dei santi è essere popolari tra la gente, Efisio è uno di questi.

Dopo dieci anni dalla sua morte per decapitazione, nel 313, Costantino anch’egli folgorato dall’apparizione della croce, con il famoso editto di Milano, dispone che la religione cristiana sia tollerata in tutto l’impero e la Chiesa di Gesù Cristo, fino allora clandestina, emerge di colpo, mostrando un'organizzazione mirabile che per primo atto onorerà pubblicamente i martiri erigendo chiese sul luogo del loro sacrificio o dove riposano i resti terreni.

Non sappiamo quando fu costruita, sul luogo del martirio di Efisio, l’antica chiesetta di Nora, ma è certo che fu voluta dalla fede popolare che tramanda le gesta del Santo il cui ricordo pare accrescersi sempre di più nel tempo.