Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Noi, cittadini in ostaggio degli ultras

Fonte: La Nuova Sardegna
19 maggio 2008

Cagliari

«Noi, cittadini in ostaggio degli ultras»

Il rione Marina teme la festa in onore del Cagliari domani pomeriggio serrande quasi tutte abbassate



L’esasperazione dei commercianti e degli abitanti del centro storico: «Intervengano le forze dell’ordine»

ANDREA MASSIDDA
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CAGLIARI. La salvezza del Cagliari? Nonostante il conforto della matematica a qualcuno fa ancora tremare le gambe. La classifica, infatti, non c’entra. Ad aver terrore sono i commercianti di piazza Yenne: temono che domani pomeriggio, al termine dell’ultima partita di campionato, i tradizionali festeggiamenti in onore dei rossoblù trasformino la zona davanti alla statua di Carlo Felice in una bolgia infernale. E a dire il vero i precedenti non mancano.
A sentire gli abitanti del centro storico, insomma, quello che sta per arrivare sarà un tranquillo weekend di paura. «Già - spiegano alcuni residenti che pretendono l’anonimato - anche noi siamo appassionati di calcio, ma come al solito ai tifosi gioiosi e pacifici si uniranno gli ultras più violenti ed esaltati. Gli stessi che tutto l’anno occupano la sede degli Sconvolts in via Concezione costingendoci a una convivenza molto difficile, per non dire impossibile».
Esagerazioni? Eccesso di «insicurezza percepita»? Chissà. Sta di fatto che domani pomeriggio i titolari dei bar di piazza Yenne abbasseranno la serranda. «Una scelta che ci causerà perdite d’incasso - spiegano due cortesi ragazze da dietro il bancone del Bar Yenne - ma chi ce lo fa fare ad aprire? I festeggiamenti per i Mondiali del 2006 e per l’ultimo ritorno in Serie A del Cagliari hanno trasformato questa piazza in un inferno, con lanci di bottiglie, ubriachi molesti ovunque, le commesse dei negozi molestate. No, grazie: stavolta ce ne andremo al mare».
Non si tratta di uno sfogo isolato. A lasciar chiusa la propria attività saranno anche i titolari del Bar Centrale, quelli del Cafè Forum, quelli della gelateria L’isola del gelato e quelli della pasticceria Yenne.
«Diciamoci la verità - racconta uno di loro - le scene che si sono viste qui davanti sono vergognose. Vetrine sfondate, sedie lancoate da tutte le parti, decine di scalmanati che salivano sopra i gazebo come fossero scimmie. E noi lì, terrorizzati, ad assistere al disastro senza poter fiatare. Ci chiediamo dove fossero le forze dell’ordine».
Se lo chiede anche Maria Luisa Carta, del negozio di abbigliamento «Carpe Diem», commerciante illuminata che mostra con orgoglio l’elenco delle navi da crociera che approderenno quest’anno in città. «Ho sempre tenuto il negozio aperto facendo orario continuato - spiega - perché sono convinta che i turisti non possano sbarcare e ritrovarsi in una città fantasma. Ma, visto i precedenti, non sono affatto sicura che domenica prossima solleverò la serranda. Dipenderà molto dallo schieramento di polizia e carabinieri».
Chi di sicuro terrà aperto il locale sarà invece Antonello Sardu, del Bar Mariposa, quasi all’angolo tra la via Manno e il Largo Carlo Felice. «Ho la fortuna di essere un po’ distante dall’epicentro della festa - racconta - e di solito non ho mai avuto problemi. Certo, non nego che a volte ai tifosi normali si mescolino vere e proprie bestie che infastidiscono chiunque si trovi a passare da queste parti».
La questione, però, come segnalano parecchi cittadini anche attraverso una lettera giunta al giornale, non riguarda soltanto il prossimo weekend. Ad essere esasperati e impauriti dal fracasso quotidiano sono soprattutto gli abitanti di via Concezione, la strada della Marina dove hanno la sede gli Sconvolts. Il loro appello arriva con un comunicato firmato «Cittadini che reclamano protezione e giustizia» ed è rivolto esplicitamente alle autorità: «Sindaco e prefetto - si legge - che cosa aspettate a intervenire? Volete farlo quando è troppo tardi? Non siete voi che in campagna elettorale vi siete riempiti la bocca con slogan come tolleranza zero e vera giustizia? Siete ancora in tempo a rimediare». A gettare acqua sul fuoco è don Mario Cugusi, parroco della Marina. «Ammetto che alcuni di questi ragazzi a volte fanno cagnara - commenta - ma non oltrepassano mai certi limiti e francamente sentir parlare di emergenza sicurezza mi fa sorridere».