Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Lonquich a Cagliari, l'estro e la fantasia

Fonte: L'Unione Sarda
23 marzo 2009

Musica. Applausi per il pianista e la sua interpretazione di Chopin insieme all'Orchestra del Lirico



Il tocco di Alexander Lonquich non è cambiato negli anni. È rimasto uguale a quando, ormai quasi due decenni fa, con capelli lunghi e aspetto bohèmien, arrivò per la prima volta al teatro Alfieri di Cagliari. A cambiare è evidentemente il tratto di maturità interpretativa che lo porta a scavare nei molteplici aspetti del fraseggio, a diversificarne il respiro. Sgranare i suoni, far volare le mani sulla tastiera, alternare scatti brevi e nervosi a respiri lunghi e profondi: l'idea di virtuosismo secondo Lonquich corre lungo metodi e modi tipici dell'arte romantica.
Né potrebbe essere diversamente per il Concerto n.1 in mi minore per pianoforte e orchestra di Fryderyk Chopin. Eppure nel suo modo di affrontare il concerto di Chopin Lonquich non rinuncia mai all'impronta personale. E venerdì al Lirico, nel concerto con l'Orchestra di Cagliari, mostra tutte le peculiarità che rendono tipico il suo modo di suonare. Perché Alexander Lonquich ha quel piglio sicuro, quella capacità di suono tecnicamente pulito e ineccepibile che si lega alla fantasia, all'estro imponderabile di un fraseggio che sa esprimere sentimenti. Per il resto c'è la sua capacità di padroneggiare la tastiera correndo agile ad esplorare tutti i registri, a cui aggiunge l'uso sapiente del pedale.
Così questa pagina scritta da Chopin nel 1830, ben prima di conoscere il successo nei salotti parigini, diventa un vero e proprio manifesto dell'estetica romantica. Un discorso assecondato dall'orchestra diretta da Juraj Valcuha e dove l'aspetto più intenso è affidato alle note raccolte della romance di cui Lonquich mette in evidenza tutta la forza interiore, affidandola a sonorità trasparenti, dai riverberi perlati. Suoni tenui e carichi di nostalgici sogni con trilli e fioriture che si traducono in un incalzante correre sulla tastiera, forzando il limite del virtuosismo, spingendo il pubblico ad applausi entusiastici, ricambiati nel bis dal Preludio in do diesis minore sempre di Chopin.
Altro capitolo quello dedicato alla sola Orchestra. Iniziato con “Oberon: ouverture” di Carl Maria von Weber e continuato nella seconda parte della serata con la Sinfonia n. 1 in sol minore op. 13 di Pëtr Il'ic Cajkovskij. Portata a movimenti fluidi, la direzione di Juraj Valcuha favorisce un approccio narrativo, evoca visioni, descrive con toni da favola Oberon e il palazzo dove fate ed elfi cullano il sonno del loro re. Una chiave di lettura che in qualche modo torna anche nella Sinfonia di Cajkovskij dove il direttore slovacco calca la mano su languore e tempi distesi. Una cifra forse un po' lenta ma funzionale per questa pagina di musica “a programma” a cui Cajkovskij diede il sottotitolo di “Sogni d'inverno”, proponendo la rappresentazione di scene ben definite di paesaggi invernali appena vivacizzati dal passo di danza dello Scherzo.
Un rallentamento dei tempi che arriva alla fine a un crescendo di tensione, senza deludere le aspettative del pubblico che ha applaudito con calore.
GRECA PIRAS

23/03/2009