Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

“Monsieur, Monsieur” Il cabaret danzato

Fonte: L'Unione Sarda
10 marzo 2009

In scena domenica scorsa a Cagliari

L'Auditorium del Conservatorio applaude l'Ensemble di van Hoecke

Rivedere oggi, a distanza di ventisette anni dalla sua creazione, “Monsieur, Monsieur”, storica coreografia di Micha van Hoeche approdata domenica a Cagliari nell'Auditorium del Conservatorio, per l'ultimo appuntamento del Circuito Danza Sardegna curato dall'Associazione enti locali per lo spettacolo, è, nonostante l'età della pièce, una lezione per tutti coloro che amano infrangere i confini tra danza e teatro.
Lo spettacolo, vero e proprio capitolo cult nel repertorio del coreografo belga e nella danza contemporanea degli ultimi trent'anni, riaffiora di tanto in tanto nei cartelloni di tutto il mondo mostrando ancora una volta quella miscela di movimento, parola, musica, pantomima, poesia, riferimenti pittorici che ne fa una delle opere più spiazzanti di quegli anni. Un surreale cabaret danzato e recitato, abitato ancora oggi da una potente motivazione al gesto e alla parola, non inquinata da sbavature estetizzanti, che van Hoecke porta in scena di persona con la complicità di sette straordinari danzatori-attori, Marzia Falcon, Yoko Wakabayashi, Miki Matsuse, Catherine Pantigny, Viola Cecchini, Antonio Aquila Carralero, Raffaele Sicignano, che fanno parte della compagnia Ensemble creata nel 1981. E quando il pubblico entra nella sala, van Hoecke e i suoi sono già lì, pronti ad accogliere gli spettatori, mescolandosi tra loro e sorprendendoli con fulminei e silenziosi blitz.
In elegante frac e armato di microfono, Micha gioca con le parole, rivolge domande senza senso, invita a liberare la fantasia, “ascoltando” e “scoprendo” quello che non c'è. Si abbandona ai versi Jean Tardieu: “Signore, scusatemi/ se vi importuno/che bizzarro cappello/avete in testa! Signore, voi vi ingannate/perché io non ho più una testa/come potete dunque sostenere/che io porti un cappello!”, recita “Monsieur, Monsieur” scritta nel '48. “Come un ricordo/io t'ho incontrata/ persona persa/ Come follia/ancora ignota. Fedele fedele/ muta incorporea/ tu sei sempre là. Al fondo del delirio/che da te discende/ io parlo io ascolto/e non capisco” declama “Regina Terrae” dedicata ad Albert Camus. “Vedo un uomo arrivare/il cappello sulla testa/Chi è quest'individuo?/Chi potrebbe mai essere?/In fede mia son io può essere?/ Sì son io lo credo bene/avanzo anche nell'oggi/ma l'altro sulla via/viene verso di me come un riflesso/dell'indomani e dell'indomani ancora”, avanzano le parole di Rencontre. La rotta di questo viaggio paradossale e metafisico immaginato da van Hoecke, viene tracciata da due uomini dalle movenze clownesche in bombetta e ombrello, oggetti-simbolo che il coreografo ha rispolverato qualche anno fa in una delle ultime creazioni intitolata “Au Café”.
Un viaggio in compagnia di strani personaggi che stringono in oggetti di vario tipo (una macchina fotografica, un aeroplanino, una conchiglia), che danno vita a movimenti ora veloci e taglienti, ora lenti, capaci di riflettere un'emotività interiore, ripetizioni dinamiche, assoli e momenti d'insieme, danze eseguite intorno a un cappello o su una sedia, corpi che spingono in là le proprie posture.
Un cammino con rimandi a Magritte e Man Ray, e musiche in bilico tra elettronica, techno, swing e minimalismo, che spaziano da Sakamoto, “Silo”, a Meredith Monk, “Insect” e “Voice”, da Steve Reich, “Violon” e “Repel”, al jazz manouche di Django Reinhardt, “Nuages”, “Tears”. Con Micha van Hoecke che al termine scende dal palco e balla con gli spettatori tra gli applausi.
CARLO ARGIOLAS

10/03/2009