Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Antonio Rezza: «Officiamo in scena un rito sciamanico»

Fonte: L'Unione Sarda
21 maggio 2015


TEATRO. “Fratto_X” lo spettacolo in cartellone domani, alle 21.30, al Massimo di Cagliari

 


D ata unica per “Fratto _X”, spettacolo di Antonio Rezza e Flavia Mastrella in programma al Teatro Massimo di Cagliari domani alle 21,30. Difficile, quanto inutile, raccontare la trama di un lavoro in cui è il corpo a essere protagonista. Sul palco, Antonio Rezza e Ivan Bellavista, assistente alla creazione Massimo Camilli, disegno luci di Mattia Vigo.
A non aver scritto il copione è Antonio Rezza, che così dichiara: «L'arte è per se stessa».
Cioè?
«Noi lavoriamo per noi, non per il pubblico. Lo rispettiamo ma non lo prevediamo. Non siamo impiegati, siamo artisti».
L'uso del tessuto è funzionale al testo?
«Io non recito, emetto suoni. Vado in debito d'ossigeno dopo i primi quaranta minuti. Perdo energia . Rischio e mi affatico».
Come definirebbe, in sintesi, “Fratto_X”?
«Clamoroso, non esiste niente di simile. Officiamo un rito sciamanico, colmiamo bisogni ancestrali. È uno spettacolo che non si può raccontare, eppure è basato su un dispositivo scientifico, è un'equazione matematica».
Flavia Mastrella, inscindibile coautrice, è d'accordo con lui.
«Le nostre performances nascono da due fantasie distinte. Vogliamo stupire e ci stupiamo anche noi. Assieme, diamo un ritmo alle emozioni. Parliamo con più argomenti, mandiamo un messaggio inconscio con le immagini e uno conscio attraverso la parola».
Lei usa il termine Habitat per le scenografie.
«Il tessuto mi permette di creare un luogo che possa accogliere l'essere umano. Va percorso, come una strada. In fondo è anche qualcosa di protettivo: è rifugio, abito, costume. E' un'architettura. A guidarmi, in molti casi, i tagli di Lucio Fontana. Per me sono come una droga, sono stata affascinata dai suoi Concetti Spaziali e dall'importanza che attribuiva al gesto».
Lei è una scultrice. Adopera altri materiali fuori dal teatro?
«Sì, i più vari, purché siano collegati al fare. Cambio di volta in volta. Ho usato giocattoli di recupero, le foto delle luci nell'autostrada, una corda rossa lunga 400 metri snodata in un convento. Questo "filo dell'esistenza" coinvolgeva e provocava le persone. Che la guardavano, la toccavano, le davano calci. A me interessa il condizionamento e mi sono molto divertita a osservare i comportamenti della gente».
Alessandra Menesini