Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il santo fermò la peste Si rinnova l’antico voto

Fonte: La Nuova Sardegna
30 aprile 2015


Il contagio si diffuse a Cagliari a partire dal marzo del 1656

 

 


di Mario Girau

CAGLIAR

I Domani Cagliari e tutta la Sardegna rinnovano il rito di ringraziamento nei confronti di Sante’Efisio. Una ricorrenza le cui radici affondano nei secoli. Quando le forze della natura diventano insuperabili, i cristiani ricorrono al soprannaturale. Come hanno fatto nel 1652 i cagliaritani, invocando l'intervento dei santi protettori per fermare la peste, portata ad Alghero da una tartana proveniente da Tarragona, dove si sospettava annidasse un potente focolaio epidemico. La nave non aveva le carte sanitarie in regola, ma con una “bustarella”, messa nelle mani del governatore della città catalana, il patrono comittente del carico riesce a ottenere le necessarie autorizzazioni allo sbarco. La peste comincia a mietere vittime, migliaia, avanzando in tutte le direzioni: lentamente durante l'inverno, travolgente in primavera ed estate. «La peste, durata 5 anni, spopolò Alghero – scrive Francesco Corridore – lasciò in vita a Sassari soli 5057 abitanti e decimò Cagliari nel 1656». Allarmata dalle notizie provenienti dal nord dell'isola, la municipalità cagliaritana, per tenere lontano il contagio, fin dall'11 luglio 1652 cerca di mettersi sotto la speciale protezione di santi “esperti” in epidemie, san Rocco e San Sebastiano, ancora oggi venerati in oltre sessanta comuni dell'isola. Soprattutto di Sant'Efisio, al quale in quell'occasione la città si lega col voto perpetuo d'una festa da celebrarsi ogni anno in suo onore con particolare solennità. Per rendere ancor più evidente la portata di questo impegno, la statua del santo viene trasportata dalla chiesetta di Stampace alla cattedrale dove rimane esposta alla venerazione dei fedeli per ben 4 anni, fino alla cessazione della peste. Lo stesso papa Innocenzo X in un certo senso condivide i timori del popolo e, come risulta da un decreto dell'arcivescovo don Bernardo de La Cabra emanato il 27 aprile 1654, concede «l'indulgenza plenaria e la remissione dei peccati a tutti i fedeli che fossero stati presenti e fossero accorsi nella chiesa rurale intitolata al glorioso sant'Efisio il giorno della sua festa». Nel 1655, come informa un atto notarile del 14 aprile 1657, il simulcro di sant'Efsio è portato in processione a Nora, quasi una prova generale del pellegrinaggio che si ripete da ben 359 anni. Nonostante preghiere, e suppliche, la peste dopo tre anni supera i cordoni sanitari e colpisce al bersaglio grosso la cittadinanza: la prima vittima è proprio l'arcivescovo de La Cabra che imprudentemente si sarebbe fatto portare da Dolianova, già colpita dall'epidemia, una pelliccia di ermellino: è il mese di novembre 1655. Il contagio si diffonde lentamente e a macchia d'olio. Il 6 marzo 1656 la comunicazione ufficiale: la peste è arrivata anche a Cagliari. La municipalità si era organizzata per gestire l'emergenza affidando a una commissione il compito di prendere tutte le iniziative richieste dalla situazione. Tra i primi provvedimenti adottati un nuovo voto, più solenne, a Sant'Efisio, con l'impegno di destinare ogni anno cento scudi, prelevati dal bilancio comunale, alla chiesa del martire. Il miracolo non avviene subito, la pestilenza continua a mietere vittime e in agosto raggiunge l'acme, per poi scemare gradatamente fino a scomparire nel mese di ottobre. La gioia è grande e si manifesta nel “Te Deum” di ringraziamento in cattedrale che precede la grande processione che riporta dopo quattro anni Sant'Efisio, oramai eletto “protettori poderosu”, nella sua chiesetta di Stampace. I cento scudi del voto vengono per la prima volta impiegati nel 1657, il giorno della Santa Croce, il 3 maggio, quando nel corso di una solenne cerimonia nella chiesetta di Nora, nel luogo del suo martirio, “Efis nostru” ritorna al centro della commossa devozione di migliaia di fedeli. Sarà così per sempre.