Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Perché noi continuiamo a volare

Fonte: L'Unione Sarda
9 marzo 2015


Teatro Uno strepitoso Beppe Fiorello a Cagliari

 

 



“ N el blu dipinto di blu” vendette ottocentomila copie in Italia e ventidue milioni nel mondo, trasformando per sempre Domenico Modugno in Mister Volare. Al musicista pugliese, e a quell'Italia che riempiva il palco di Sanremo con i fiori della Riviera, è dedicato “Penso che un sogno così…”, intreccio tra note e parole portato in scena da Beppe Fiorello e Vittorio Moroni.
Al Teatro Massimo di Cagliari - fino a domani per il cartellone della CeDac, venerdì sera cinque minuti di applausi ininterrotti, bis e tutti in piedi - tra i fondali color terra ideati da Patrizia Bocconi, l'evocazione di un'infanzia felice e meridionale, di una famiglia che si riuniva in interminabili tavolate, dei primi stabilimenti petrolchimici a scempiare le coste, il ricordo affettuoso di un padre che le canzoni di Modugno le sapeva a memoria. Anche il pubblico intona a mezza voce i versi di “La lontananza”, “Resta cu mme”, “Io mammeta e tu”, “Vecchio frack” e di altri intramontabili motivi.
Repertorio che, per merito delle chitarre gioiose di Daniele Bonaviri e Fabrizio Palma, delle luci di Alberto Negri e dei video di Cristina Redini, si trasforma in un racconto che parla delle vacanze a casa della nonna, della festa di San Giuseppe, di un bastone di torrone, dei dischi a 45 giri, di una Opel a tre marce. Piccole storie siciliane, cui Beppe Fiorello, diretto da Giampiero Solari, dà anima e corpo (nelle foto di Daniela Zedda )
Leggiamo nelle note: “Questo spettacolo è un volo in deltaplano”. Come le è venuta in mente la metafora?
«Non si tratta di una metafora, è solo una visione delle cose, un modo per immaginare delicatamente un passato lontano a me molto caro, ripercorrendo fatti, cose e personaggi della mia vita attraverso le canzoni di Modugno. Un grande artista che ha saputo fare della sua arte un significativo strumento per narrare storie straordinarie e indimenticabili».
Dietro la figura di Mimmo, c'è suo padre?
«Questo spettacolo è un gioco di specchi, sovrappongo la figura di Modugno a mio padre che in tutta la sua esistenza lo ha in qualche misura incarnato. Spesso ci cantava le sue canzoni, tra i due c'era anche una notevole somiglianza. Insomma, ho messo in ordine molte di queste coincidenze e qualche dose massiccia d'ironia per raccontare una vicenda universale e non solo personale».
Qual era l'Italia di Modugno?
«L'Italia di Modugno sperava, la mia è disperata».
L'argomento vero, è una dichiarazione d'amore alla cultura del Sud ?
«Non solo, è una dichiarazione d'amore per l'Italia tutta, un paese unico al mondo in mano a gente senza più un briciolo di morale e senza scrupoli. Pronta a violentarne le bellezze».
Tra tanti titoli possibili, perché ha scelto “Penso che un sogno cosi ….”?
«Ero attratto dalla sospensione, dal non sapere come riempire lo spazio e il seguito di questa frase. Mi intriga molto lasciare il sogno sospeso, senza dare un obiettivo certo e chiaro, semplicemente.
Alessandra Menesini