Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Un bando internazionale»

Fonte: L'Unione Sarda
2 dicembre 2014

IL FUTURO DI BUONCAMMINO.

La docente universitaria esclude un utilizzo museale

Emanuela Abis: va ripensato come luogo dell'abitare

Per un decennio, quello di Mariano Delogu sindaco, ha gestito la programmazione del territorio in città. Ma per Emanuela Abis l'Urbanistica è soprattutto materia d'insegnamento all'Università, facoltà di Architettura. Le competenze per suggerire che cosa fare per dare nuova vita a Buoncammino di certo non le mancano: «Il carcere è stato un luogo dell'abitare nella costrizione», dice. «Vorrei che mantenesse l'identità dell'abitare nella città».
Tracci la strategia.
«Penso a una fabbrica dell'abitare collettivo che, come ci hanno insegnato i grandi utopisti, può aiutarci a risolvere in modo innovativo i problemi relativi alla residenza nella città contemporanea».
Nella sostanza?
«Il carcere, che sta al centro del grande sistema universitario, potrebbe dare ospitalità a turisti, studenti e docenti, ma anche ad anziani e a giovani coppie che temporaneamente hanno bisogno di un alloggio. Tutto in maniera integrata».
Pensa a un residence?
«Non proprio. Ma a una struttura polivalente e dinamica, con giovani coppie e studenti protagonisti delle attività interne e, quindi, anche della gestione».
Non un museo?
«Non lo vedo lì. Per molti motivi».
Quali?
«I costi e la disposizione delle sale da destinare alle esposizioni, ad esempio. Il nuovo Louvre di Lens è una grande galleria del tempo in cui le opere sono esposte con modalità di comunicazione innovative. Di tradizionale non c'è nulla. Le caratteristiche di Buoncammino non si prestano a un utilizzo simile».
Sarebbero necessarie molte trasformazioni?
«Bisogna farlo vivere a tante fasce sociali, a cominciare da quelle che non hanno possibilità di accedere al mercato abitativo tradizionale. Ma anche a turisti non necessariamente low cost che intendono soggiornare in un edificio storico e particolare».
Il Ppr fissa delle regole che non lasciano molto spazio alla creatività architettonica.
«Credo però che il problema in questo caso non siano i vincoli, ma poter trovare delle funzioni nuove che ben si adattino alla caratteristica architettonica. Modificare gli spazi collettivi in un rapporto con lo spazio aperto è possibile. E questa ricerca va affidata con concorso internazionale di progettazione, indicando con chiarezza i requisiti che la pianificazione deve avere».
La classe dirigente cagliaritana è in grado di fare tutto questo?
«Esiste a monte un problema di riqualificazione e gestione dei beni pubblici nel centro storico. Patrimonio cui si lega un pregiatissimo sistema del verde urbano: si pensi all'orto botanico. C'è una straordinaria opportunità di ripianificare, con un programma almeno decennale, il futuro della città pubblica. Poche realtà hanno un compendio di tale valore, oggi però a rischio di abbandono, di degrado o di utilizzo parziale. Ma un ente, da solo, non può fare miracoli».
C'è chi sostiene che alla fine Buoncammino ospiterà gli uffici dell'amministrazione carceraria.
«Spero di no. Auspico una grande intesa istituzionale di tutti i proprietari degli immobili in dismissione per programmare un piano complessivo da finanziare anche con fondi europei. Il che non significa che tutte queste proprietà debbano restare pubbliche: potranno essere alienate dopo la condivisione di un programma di riutilizzo a lungo termine».
Il suo staff ha curato uno studio sui siti da riqualificare. Uno su cui interverrebbe subito?
«Sono state individuate quattro “fabbriche” urbane, che hanno rappresentato dei luoghi della produzione in senso lato nella città di Cagliari. Sono la semoleria, la manifattura, l'ospedale civile del Cima e il carcere di Buoncammino. La manifattura, con la fabbrica delle arti e della creatività, e la semoleria, con il campus universitario da 500 posti, presto avranno nuova vita. Ora pensiamo alle altre due».
Lorenzo Piras
@lorenzopiras71