Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il ghetto e i dragoni del viceré

Fonte: L'Unione Sarda
17 novembre 2014


LA CITTÀ NASCOSTA.

Sopra il bastione di Santa Croce la sede militare fondata dai Savoia

Nell'ex caserma del Castello un centro per mostre e convegni


Da sede dei dragoni a centro per mostre e convegni. La vecchia caserma San Carlo - sopra il bastione di Santa Croce tra la via omonima e il Cammino Nuovo - è oggi “vittima” di un equivoco: quel che viene chiamato Ghetto degli ebrei non è altro che l'antico luogo del Castello scelto nel 1738 per ospitare le prime tre compagnie di dragoni piemontesi, diventate Corpo dei dragoni leggeri nel 1776. Di questi militari, primi inquilini del finto “ghetto”, i turisti che sciamano per le strade del Castello hanno poche e sfuggenti informazioni. Certo è che i dragoni furono impiegati nel 1793 (con soddisfazione, pare) assieme ai miliziani sardi in occasione del maldestro (e fallito) tentativo francese di invasione della città, tant'è che quindici anni dopo il Corpo fu trasformato in Reggimento cavalleggeri di Sardegna e dal 1819 al 1821 impiegato in compiti repressivi contro il brigantaggio col nome di Cacciatori reali.
RIVAROLO Chi oggi visita il Ghetto degli ebrei nell'edificio a picco sul bastione di Santa Croce non cammina nell'antica giudaria ma su un'ex caserma. A volerla fu il viceré sabaudo Carlo di Rivarolo: la intitolò a san Carlo pensando non a se stesso ma al sovrano Carlo Emanuele III di Savoia. A progettarla pensarono gli ingegneri militari Felice de Vincenti e Augusto della Vallée.
Alla fine dell'Ottocento la caserma (dopo aver ospitato intorno al 1863 più di 300 uomini e 40 cavalli), smessi i panni di luogo militare, fu ceduta a privati e trasformata in abitazioni: un piccolo e vero ghetto per famiglie povere. Dal successivo degrado alle distruzioni inferte dal bombardamento del 1943 il passo è stato breve. Ancora oggi esistono diverse delle antiche case restaurate dopo la guerra. Vi si accede attraverso il portico che mostra l'epigrafe con la data della costruzione. È stata necessaria un lunga opera di restauro perché l'ex caserma San Carlo venisse riaperta. Ma dal Duemila ha anche cambiato nome: da sede dei vecchi dragoni sabaudi a “Ghetto degli ebrei”.
IL DECRETO I giudei e il loro quartiere esistevano un po' più giù, nell'area fra via Santa Croce e via Stretta. Ebrei pisani abitavano in Castello già nel Duecento. Dopo l'arrivo dei catalano-aragonesi (e la cacciata dei pisani) nella giudaria si insediarono gli ebrei iberici. Tuttavia un ghetto vero e proprio sul modello di quello veneziano istituito nel 1516, in Castello non c'è mai stato, per una ragione cronologica: gli ebrei furono cacciati dalla città (come da ogni altro possedimento spagnolo) nel 1492 quando Ferdinando il Cattolico re di Aragona e Isabella di Castiglia emanarono un decreto di espulsione. A Cagliari il decreto - che riguardava gli ebrei e i musulmani - fu pubblicato il 28 settembre 1492. Agli ebrei sardi furono concessi tre mesi di tempo per vendere le proprietà e lasciare la città. Settanta famiglie furono costrette a imbarcarsi verso Napoli, Gaeta, Livorno, Salerno, Reggio. Ma anche Nordafrica, Istanbul. Secondo lo Spano espatriarono dalla Sardegna in cinquemila. Chi restò fu costretto ad abiurare la propria religione o a fingere di farlo. Da quel momento i conversos divennero marrani (gli ebrei) e moriscos ( musulmani). Per gli studiosi, a differenza di quanto avvenne in altre parti d'Europa, in Sardegna, e a Cagliari in particolare, non ci fu mai un atteggiamento persecutorio o di intolleranza nei confronti dei giudei. Questi, “servi della corona” avevano una posizione particolare: non erano bersaglio di soprusi, abitavano in un zona della città a loro riservata e pagavano i tributi dovuti direttamente al re. Il sovrano era quindi il primo a voler mantenere buoni uffici con gli ebrei, ottimi contribuenti del regno. In Spagna come a Cagliari.
Pietro Picciau