Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il futuro del Convento

Fonte: L'Unione Sarda
27 agosto 2014


STAMPACE. C'è l'ok di Comune e Soprintendenza ai Beni architettonici

 

San Francesco, edificio tra i più antichi ed estesi


 

Dove una volta c'era la chiesa, oggi si trovano negozi, locali notturni, ristoranti e palazzine. Dove un tempo sorgeva il chiostro, domani si vedranno un museo con una piccola libreria e un bar, una foresteria e un laboratorio artistico. Niente più frati dediti alla preghiera, fatti sloggiare decenni fa, ma professionisti, impiegati, studenti e visitatori.
È il futuro di quel che resta del convento di San Francesco a Stampace, edificio romanico-gotico tra i più importanti, antichi ed estesi della Sardegna. Si ergeva fino al secolo scorso (e in parte esiste ancora) tra il corso Vittorio Emanuele, via Sassari, via Mameli e via Angioy: un quadrilatero di 105 metri per 70 intorno al quale si svolgeva la vita religiosa e culturale del quartiere. Ma sul progetto di recupero, finanziato dalla società Colors dell'imprenditore Carlo Scano, proprietaria dell'immobile, e approvato da Comune e Soprintendenza ai Beni architettonici, già cadono polemiche e critiche. Da una parte c'è la necessità di preservare un bene dall'enorme valore storico; dall'altra l'interesse di un imprenditore che possiede il complesso e ha deciso di sistemarlo pagando di tasca sua; nel mezzo fanno capolino i timori delle associazioni ambientaliste Amici della Terra e Gruppo di intervento giuridico secondo le quali «i particolari sono da approfondire con estrema attenzione».
L'intervento riguarderà ciò che rimane del chiostro, l'area centrale all'aperto circondata da corridoi coperti dai quali si accedeva al convento. Un grande portone chiodato al numero 60 del Corso indica ancora oggi l'ingresso dalla parte nord, dove partiva una scalinata che metteva in collegamento i due lati dell'edificio. Nella parte sud, in via Mameli, sono previsti i lavori. Qui, nascosti da un muro in blocchetti che sarà abbattuto, sono visibili i ruderi dell'edificio, le strutture benedettine e bizantine, quelle romano-imperiali e tardo-medievali e le abitazioni costruite tutt'intorno e nella parte superiore: all'interno di alcuni appartamenti ci sono ancora le arcate gotiche dell'antica chiesa, che cominciava dal civico 54 del Corso ed era più alta degli attuali edifici.
Secondo il programma, al “piano terra” sarà realizzato un museo d'arte con annessi un punto-vendita dei libri sui luoghi e un piccolo punto di ristoro gestiti da una cooperativa; al secondo livello sorgeranno una foresteria e un laboratorio artistico nel quale si restaureranno anche le opere. Questo è uno dei punti più delicati e quindi controllati da chi critica l'intervento, perché quel primo piano in pratica non esiste più: dunque, sarebbe da ricostruire. Come? Con quali materiali? E intonaci e colori? La paura è che si stravolga il complesso religioso.
Al progetto lavora da oltre un anno lo “Studio Professionisti Associati” di Antonello Cabras, Aldo Vanini, Carlo Caredda e Massimo Faiferri, che assicura di aver fatto diverse verifiche per affinare le tecniche di intervento e, comunque, di aver ricevuto direttive precise da Soprintendenza e Comune. Tutto si baserà su documentazione iconografica, foto, disegni d'epoca e tracce ancora presenti. I muri sono stati giudicati «un unicum di eccezionale valore storico e architettonico nel panorama locale» e dunque potranno subire solo interventi rigorosi per materiali e posizione; alcune parti, come l'ala del refettorio e la parte superiore del braccio est, saranno ricostruite seguendo le indicazioni del dipartimento di Ingegneria di Cagliari; gli intonaci dovranno essere conservati e consolidati; potranno essere sostituite le parti irrecuperabili e più recenti; infissi, pavimenti e arredi innovativi rispetto a quelli originari dovranno passare al vaglio della Soprintendenza.
Ma i dubbi sul metodo che sarà utilizzato su un momunemto vincolato restano in piedi. Nulla si sa invece riguardo inizio e durata dei lavori. Si attende la concessione edilizia, però i tempi potrebbero essere lunghi: il progetto deve inserirsi nel Piano particolareggiato del centro storico, la cui approvazione pare lontana.
Andrea Manunza