Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Francesco Medda un cagliaritano per “Turandot”

Fonte: L'Unione Sarda
2 luglio 2014


IL PERSONAGGIO. Al Lirico

 



M ercoledì stava preparando “Otello” col pianista, nella sua casa milanese di Corso Sempione, quando un sms, seguito da una telefonata, gli ha posto un enigma peggiore di quelli di Turandot. «Te la senti di andare a Cagliari a sostituire Rudy Park nella seconda anteprima?». Se l'è sentita, e in serata era in città: la sua. È stato così che il tenore cagliaritano Francesco Medda ha messo da parte il Moro di Venezia, col quale debutterà in Bulgaria, e giovedì ha vestito, tra le pietre di Sciola, i panni del principe Calaf, accolto dagli applausi del pubblico e di tutto il palcoscenico. Non aveva ancora smaltito la scarica di adrenalina della generale, quando, l'indomani, è stato messo di nuovo in allarme. Roberto Aronica, protagonista della prima, non stava bene. Occorreva esser pronti. “Nessun dorma”, e Francesco non dormiva. Ha cantato in due recite consecutive - e di quale impegno - e ne è uscito vincitore. «Che emozione quegli applausi, per uno di Monte Urpinu». A sostenerlo, in orchestra, c'era un violinista speciale, suo cugino Antonello Gandolfo. Mancavano i tanti amici cagliaritani, «ma come potevo avvertirli? È stato tutto così improvviso. Ringrazio il teatro che ha avuto fiducia in me».
E il teatro ha ringraziato lui, nell'annunciare l'improvvisa defaillance di Aronica. A Medda (che ha debuttato nel 2008 in “Turandot”, a Fidenza e Carpi) è bastato poco per entrare nella parte. Un costume fatto su misura dalle fate della sartoria (per fortuna Marco Nateri ama le linee essenziali) e una bandana al posto del cappello, che gli creava problemi di acustica. Il direttore Giampaolo Bisanti, racconta, è stato perfetto. «Abbiamo creato subito una grande intesa». È un entusiasta, Medda, che da ragazzo adorava Pippo Di Stefano, e il suo racconto della prova cagliaritana si mescola ai tanti aneddoti di una carriera ricca di riconoscimenti e incontri. Studi al Cherubini di Firenze, diploma all'Accademia Verdi di Parma. Corelli, Bergonzi e Gianni Raimondi per maestri, e una versatilità vocale che lo ha portato a passare da ruoli di basso-baritono fino a quelli tenorili. Il prossimo anno lo aspetta in Belgio, Francia, Spagna, il ruolo di Tristano in un'edizione ridotta dell'opera wagneriana.
Al Lirico ha cantato anni fa, in una serata dedicata a Giusy Devinu. Ma lì l'emozione era tutta del cuore. Qui è stata un'altra cosa. Una prova dura, anche per uno che ha un passato di domatore e addestratore di cavalli, e da ragazzo era talmente tosto come terzino da meritarsi l'appellativo di Moulinex. A sostenerlo, dice, è stato il tai-chi. Un'arte marziale che pratica da anni e che, per un'incredibile coincidenza, ha visto applicata dal maestro Bisanti a coristi e figuranti. Pensi che io, durante le prove, indosso sempre una casacca da tai chi. È il mio portafortuna». E a che altro poteva servirgli se non a farlo esordire nel teatro della sua città in una opera “cinese”?
Maria Paola Masala