Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

agliari alle 21 Turandot opera senza una fine

Fonte: L'Unione Sarda
26 giugno 2014

 

E ra il 25 aprile del 1926. Alla Scala di Milano andava in scena Turandot , opera in 3 atti e 5 quadri di Giacomo Puccini. E Toscanini, chiamato a dirigere la prima, posò la bacchetta interrompendosi proprio là dove Puccini si era fermato prima di morire. L'editore Ricordi aveva incaricato Franco Alfano di completare il finale, ma per la prima scaligera Toscanini decise di attenersi alla partitura del maestro. Così come oggi sceglie di fare anche il Teatro Lirico di Cagliari. Perche Turandot , l'opera senza fine, segna in qualche modo anche la fine del melodramma romantico, con un parallelismo simbolico che torna nel nuovo allestimento in scena a Cagliari, da domani alle 21 e sino a metà agosto, con le scene di Pinuccio Sciola, la regia di Pier Francesco Maestrini e la direzione di Giampaolo Bisanti.
Tratta dall'omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, l'opera è ambientata a Pechino, “al tempo delle favole”. Turandot, figlia dell'Imperatore, promette: sposerà quel pretendente che riuscirà a svelare tre indovinelli. Ma chi non saprà risolverli, verrà decapitato. Solo Calaf risolve uno dopo l'altro gli enigmi e la principessa, disperata e incredula, vorrebbe sfuggire alla promessa. Calaf la scioglie dal giuramento, proponendole a sua volta una sfida: le regalerà la sua vita se la principessa, prima dell'alba, riuscirà a scoprire il suo nome. Turandot farà di tutto per scoprire il segreto e sottrarsi al matrimonio, sino a torturare Liù, schiava fedele, innamorata di Calaf, che preferirà morire piuttosto che svelare il segreto. Qui si fermò Puccini, lasciando sospeso il finale in cui il libretto vuole che Turandot si innamori di Calaf e non si sottragga più al matrimonio.
L'impianto grandioso porta Puccini lontano dalla sua consueta ispirazione, dalla sua inclinazione a ritrarre le piccole cose, i sentimenti di personaggi umili e realistici. Per Turandot Puccini aveva molte ambizioni, puntando a sperimentare quelle innovazioni musicali che non avevano ancora toccato l'opera lirica italiana. In partitura c'è così l'attenzione per le atmosfere esotiche, con motivi tratti da melodie della tradizione cinese, e il colore particolare dato da un'orchestrazione ricca e imponente con piatti, gong, campane, celesta e xilofoni. Nuova è l'importanza data alle scene corali. E soprattutto Puccini si concede dissonanze, bitonalismi, sonorità aspre del tutto inconsuete.
Per la sua Turandot , il Teatro Lirico di Cagliari chiama in scena, sotto la direzione di Giampaolo Bisanti, una compagnia di canto composta da Maria Billeri (Turandot ), Roberto Aronica (Calaf), Maria Katzarava (Liù), Carlo Cigni ( Timur), Gezim Myshketa, Massimiliano Chiarolla, Gregory Bonfatti (Ping, Pong, Pang). A cui si aggiungono naturalmente l'Orchestra e il Coro del Teatro Lirico affiancati dalle voci bianche del Conservatorio.
Greca Piras