Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Testa tonda, giochiamo a dubitare

Fonte: L'Unione Sarda
5 giugno 2014


Leggendo metropolitano Parla il genetista 

 


C oltiviamo dubbi solo perché il nostro cervello sa giocare , ovvero fare con gratuità cose che gli altri animali non fanno: porci domande, riflettere, creare. Se siamo quello che siamo è perché possiamo giocare, e perché abbiamo una bella testa tonda. Edoardo Boncinelli è un genetista, con un cuore che batte forte per i lirici greci e un grande ottimismo nella vita.
Professore, noi siamo gli animali di una certa dimensione con la testa più tonda. Che cosa significa?
«Apparentemente non molto. In realtà tantissimo perché noi siamo tutto cervello, con una cospicua corteccia, a differenza degli altri animali nei quali il cervello occupa solo una porzione del cranio. Questo significa che la nostra testa si limita quasi esclusivamente a contenere la grossa centrale di controllo delle nostre emozioni. Quando nasciamo è tondeggiante e grande come quella di un cucciolo di scimpanzè. Ma mentre il suo cervello è quasi completamente sviluppato, in noi non è nemmeno un quarto di quello che sarà solo dopo diversi anni di vita».
È un vantaggio?
«All'inizio è uno svantaggio perché non siamo buoni a nulla. Poi diventa un vantaggio perché il nostro cervello cresce e matura a occhi aperti, orecchi aperti, in contatto con il mondo. E quello che impariamo allora resta indelebile. Il cervello degli animali invece conosce solo ciò che gli comunica il suo patrimonio genetico».
Il risultato di questa evoluzione ci dice che noi abbiamo alcune parti della corteccia libere da impegni biologici pressanti. Che cosa facciamo?
«Fino a 60 anni fa si sapeva poco e si parlava di “lobi silenti”. In realtà svolgiamo tante attività: improvvisiamo, inventiamo, creiamo e giochiamo, tutte cose non necessarie ma che fanno la differenza tra noi e gli animali. In senso lato quasi tutto quello che fa il cervello dal punto di vista biologico è un gioco, è gratuito, non ci sono obblighi. Noi siamo quello che siamo perché possiamo giocare».
Se nel nostro cervello c'è scritto tutto, dove nasce il dubbio?
«Non è vero che ci sia scritto tutto e come minimo deve essere interpretato. Il dubbio nasce dal gioco. Gli animali hanno l'istinto che noi governiamo e teniamo sotto controllo. Solo noi possiamo porci domande, quindi coltivare il dubbio».
E la coscienza?
«Prima di tutto non sappiamo se l'abbiamo solo noi. Ma la coscienza è la capacità di riflettere, calcolando, ipotizzando: è l'anticamera della memoria».
L'idea di Dio. Impossibile da dimostrare scientificamente. È un bisogno della nostra fragile libertà?
«Parliamo di Dio perché siamo orfani dell'istinto. Dobbiamo avere un'altra istanza alla quale fare riferimento, una serie di principi che lo sostituiscano».
Esperienza, conoscenza, emotività. Lasciano tracce sui geni?
«Sui geni di sicuro no. Certamente sul nostro cervello. Noi siamo la nostra esperienza, la nostra emotività. Se così non fosse dovremmo dire che chi nasce in una famiglia “sbagliata”, avrà nella sua vita tutto sbagliato. E non è così».
Uomo-donna. Le differenze genetiche sono nel nostro cervello?
«Geneticamente no. Le teorie sulle differenze sono campate in aria. Siamo uguali, ci sono differenze ormonali che acquisiamo quando siamo ancora nella pancia della mamma. Ma nulla di più».
Lei è un appassionato grecista. Ha scritto “I miei lirici greci. 365 giorni di poesie”. Ricorda quella di oggi?
«Assolutamente no, ma è estate e sarà sicuramente un qualcosa che parla d'amore. Saranno versi di Saffo, la mia preferita».
Lei ha scritto “Poema cosmogonico”.
«È un poema lungo, cospicuo, ponderoso, circa 300 pagine. Come tutti i poemi crea un mondo dove si intrecciano filosofia, scienza, sentimenti di tutti i giorni. Ci sono 100 poesie, alcune serie, altre più dolci. Io mi sono divertito molto a scriverlo».
Lei è un uomo di scienza. La formazione classica in che modo l'ha aiutata?
«Certamente sono un uomo di scienza. Ma come posso rispondere? Di certo io sono contento così e non mi cambierei».
Ci sono libri che rilegge?
«Mi è molto faticoso rileggere ma se lo faccio rileggo classici, Manzoni, Dante e Shakespeare. Con il filosofo Giulio Giorello abbiamo scritto un libro dedicato a Shakespeare, per i 450 anni dalla nascita. Io ho parlato di Amleto e lui di Cleopatra».
I versi più amati?
«Impossibile rispondere. Mi piace molto “Essere o non essere”. È un capolavoro che parla di problemi che abbiamo tutti o che abbiamo avuto tutti».
La scienza ci ha aiutato a diventare sempre più vecchi?
«Io ho 73 anni e mi sento giovanissimo. Certo, essere vecchi significa essere esposti a malattie terribili come l'Alzheimer che cancella l'identità di una persona. È un mondo diverso. La mia scelta è stata scrivere e viaggiare. Mi piace questa stagione perché sono libero da impegni ai quali non potevo derogare».
Che cosa le fa paura?
«Non è una mia emozione. Io sono un ottimista e vedo andare sempre tutto per il meglio».
La scienza in Italia. Come sta?
«La fisica bene, grazie al Cern di Ginevra. La biologia un po' meno. Vedo molti giovani andare via e questo va bene, ma non tornare indietro e questo va un po' meno bene».
Ottimista anche su questo?
«Sono ottimista per il mondo, un po' meno per l'Italia».
Caterina Pinna