Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Lodo Tuvixeddu, pignorati oltre 120 milioni alla Regione

Fonte: L'Unione Sarda
4 giugno 2014


Eseguita la decisione del collegio arbitrale sui danni subiti da Coimpresa

 




La Regione avrebbe dovuto pagare oltre 77,8 milioni di euro alla Nuova iniziative Coimpresa a titolo di risarcimento per la mancata edificazione sui colli di Tuvixeddu e Tuvumannu prevista da un accordo di programma siglato nel 2000. Ma non l'ha fatto. Così la società immobiliare ha richiesto il pignoramento della somma. Nei giorni scorsi l'ufficiale giudiziario ha bloccato circa 125 milioni di euro (la legge solitamente impone di congelare il 150% dell'importo dovuto) a garanzia di capitale, interessi e spese. Così la Regione, che ha una massa manovrabile di poche centinaia di milioni di euro al netto delle spese obbligate, si trova una valanga di soldi bloccati. Un piccolo patto di stabilità.
A rendere noto l'avvenuto sequestro dei soldi è stata ieri l'ex assessore alla Programmazione Alessandra Zedda, oggi consigliere regionale di Forza Italia. Notizia confermata dall'amministratore delegato di Nuova Iniziative Coimpresa, Giuseppe Cualbu, a cui l'ha comunicata uno dei legali della società, Alberto Picciau.
Una grana serissima per la Giunta Pigliaru, che aveva ricorso contro la decisione del collegio arbitrale (composto dal presidente emerito della Corte costituzionale Franco Bilè, dal docente universitario Nicolò Lipari e dal magistrato in pensione Gianni Olla, che diede parere contrario) che si era espresso a favore delle pretese della Nuova iniziative Coimpresa quantificando il danno in 77,8 milioni di euro.
All'inizio del febbraio scorso la Corte d'appello civile di Roma aveva respinto la richiesta di sospensiva dell'efficacia del lodo arbitrale confermandone dunque l'esecutività. Ma la Regione aveva ricorso e non aveva pagato. Così alla fine di marzo i legali dell'impresa avevano notificato alla presidenza della Regione un'istanza di pignoramento che nei giorni scorsi è stata eseguita.
L'ACCORDO DEL 2000 L'accordo di programma per il progetto di riqualificazione urbana e ambientale di circa 48 ettari nei colli di Sant'Avendrace, integrato con il Pia 17 “Sistema dei colli”, venne sottoscritto il 15 settembre 2000 dopo 12 anni di mediazioni, battaglie tra le parti e continue modifiche. A siglarlo furono Comune di Cagliari (sindaco Mariano Delogu), Regione (presidente Mario Floris), Iniziative Coimpresa e alcuni privati (le famiglie Sotgiu e Mulas e la società Edilstrutture) proprietari del 6 per cento delle aree della zona. Il progetto prevedeva un parco archeologico, edifici residenziali, ville e strade.
I VINCOLI DEL 2006 Ma nel 2006 la giunta Soru, partendo dal presupposto che la necropoli dovesse essere tutta tutelata, aveva esteso i vincoli all'area oggetto dell'accordo ed aveva fatto sequestrare i cantieri, quelli edilizi ma anche quelli del primo tratto dell'asse viario Cadello-San Paolo. Poco dopo sulla stessa area erano intervenuti i vincoli del piano paesaggistico regionale. Ne era nato un gigantesco contenzioso che dopo anni aveva sancito la definitiva inedificabilità sul colle.
I GUAI FINANZIARI La società era rimasta col cerino in mano. Il Banco di Sardegna aveva immediatamente ritirato un finanziamento (28 milioni di mutuo edilizio), lo stesso aveva fatto Banca Intesa. I conti erano andati in sofferenza ed era dovuta intervenire la società madre, la Minoter, che per coprire i buchi aveva venduto immobili per 8 milioni e svenduto azioni societarie. Poi era nata la causa arbitrale intentata dai legali Antonello Rossi e Alberto Picciau. Il lodo alla fine aveva valutato in 77,8 milioni i danni da ripagare.
La decisione, dello scorso maggio, è stata notificata a novembre. Da allora erano partiti i 120 giorni trascorsi i quali si poteva agire esecutivamente. Nel frattempo è stata chiesta la sospensiva, che è stata negata: la Corte d'appello di Roma aveva spiegato che «in difetto di conclamata fondatezza del gravame, nella valutazione degli interessi va data priorità» alla società per l'esposizione bancaria e i riflessi «che l'indisponibilità della somma può avere». In sostanza, l'azienda rischia di fallire. Per la Regione invece, secondo i giudici, si tratta di «una percentuale ridotta del proprio bilancio». Insomma, in attesa del giudizio di merito (udienza fissata a fine 2016) la Regione deve pagare. Cualbu sarebbe potuto passare all'incasso dall'8 marzo ma ha sempre atteso che si trovasse una soluzione purché, hanno sempre sostenuto i suoi legali, «Tuvixeddu sia riqualificato secondo progetto».
IL SILENZIO DELLA REGIONE Ma dalla Regione avrebbero opposto solo silenzio. «Non ci danno risposte da anni», conferma Giuseppe Cualbu, riferendosi soprattutto alla vecchia amministrazione ma anche al silenzio dell'esecutivo guidato da Francesco Pigliaru. Così a fine marzo è partita l'istanza di pignoramento e i conti sono stati sequestrati. «
Fabio Manca


Un braccio di ferro lungo trent'anni

 


A Tuvumannu c'erano stati espropri illegittimi da parte del Comune. Che era stato condannato a risarcire i proprietari dei terreni. E a Tuvixeddu c'era un'area da riqualificare dopo anni di attività estrattiva che l'avevano modificata. Fu per questo che nella seconda metà degli anni '80, trent'anni fa, si incominciò a parlare di edificazioni a Tuvixeddu, un colle caratterizzato da una necropoli fenicio-punica di enorme valore già pesantemente massacrato, soprattutto sul versante di Sant'Avendrace, dall'attività edilizia.
Fu in questo contesto che Iniziative Coimpresa, che deteneva il 94% dei terreni, presentò un progetto di riqualificazione urbana e ambientale con un Piano attuativo che interessava un bacino urbanistico di 485.579 metri quadrati. Gualtiero Cualbu, allora amministratore della società, propose di farsi carico di quel contenzioso in cambio della costruzione di palazzi e ville di lusso a ridosso della necropoli. L'accordo si basava sul presupposto che tutti i sepolcri, almeno quelli che erano stati risparmiati dall'edificazione selvaggia, sarebbero stati tutelati. Ne erano convinte anche le associazioni ambientaliste che, dopo una battaglia durata dodici anni e molte concessioni, diedero un sostanziale via libera all'accordo. Ma fu la Giunta regionale guidata da Renato Soru a sostenere che i sepolcri non erano tutelati e a mettere in pratica le azioni di sequestro poi sostanzialmente legittimate da numerose sentenze dei giudici amministrativi che misero la pietra tombale sui mattoni. Ma solo dopo che vennero realizzate due palazzine sul fronte di via Is Maglias.